economia, lavoro

«Ocse, in Italia un milione di senza lavoro in più», di Laura Matteucci

Una situazione occupazionale così grave non si vedeva dal dopoguerra in tutta l’area Ocse. E per l’Italia «il peggio deve ancora venire». L’Organizzazione economica, nel suo rapporto 2009, registra difficoltà pesanti soprattutto per Italia, Francia e Germania. Se in alcuni Paesi come Irlanda, Giappone, Spagna e Stati Uniti, già nel2009 si è registrato un forte aumento di disoccupati a causa della crisi economica, in altri, tra cui l’Italia, «la gran parte della crescita della disoccupazione deve ancora arrivare». Finora è stata la Spagna, con un tasso di disoccupazione al 18,1% a giugno, lo stato che ha pagato il tributo più grande alla crisi, in termini di lavoro. In Francia il tasso è al 9,4% a metà di quest’anno, in Germania è al 7,7%. Da noi, nel primo trimestre, è stato del 7,4%.
UN ESERCITO DI DISOCCUPATI
Dal 2007 ad oggi i disoccupati dell’area Ocse sono aumentati di 15milioni, ed entro la fine del 2010 questo esercito di «nuovi» senza lavoro raggiungerà quota 25 milioni (+1,1 in Italia), per portare il totale a 57 milioni. In tre anni si perderanno dunque tanti posti di lavoro quanti ne sono stati persi in un intero decennio fino ai primi anni ‘80, a seguito delle crisi petrolifere. «La disoccupazione continuerà a crescere», dice l’Ocse, e il tasso di disoccupazione arriverà al 10% nell’area alla fine del 2010, il massimo dal dopoguerra. «Il rischio più forte – si legge nel rapporto – è che una gran parte di questi disoccupati diventino strutturali». Non solo: le perdite più pesanti di posti di lavoro si registrano «all’interno dei gruppi già svantaggiati: giovani, basse professionalità, immigrati, minorità etniche, e tra questi soggetti con contratti temporanei o atipici». Tanto che la Cisl lancia l’allarme per il Mezzogiorno, e chiede «un rafforzamento del nostro sistema di ammortizzatori sociali, oltre al rilancio delle opere pubbliche e degli investimenti, in funzione anticiclica». Il rapporto dice anche che «crescono i segnali che il peggio sia ormai passato », ma è proprio per l’occupazione che le previsioni restano nere. Cesare Damiano, responsabile Lavoro del Pd, sottolinea che «l’ottimismo a tutti i costi del governo è segno di irresponsabilità e di non volontà di affrontare la situazione reale del Paese». Gli fa eco, per la Cgil, il segretario confederale Fulvio Fammoni, che parla di «quadro grave ma realistico» e ricorda: «tuttimenoche il governo concordano nel dire che, a prescindere se sia stato toccato o no il fondo della crisi, gli effetti sull’occupazione continuerannoa manifestarsi ancora a lungo ». Imperturbabile il ministro Sacconi (Lavoro), per il quale quella dell’Ocse è solo «l’ipotesi peggiore».
L’Unità, 17 Settembre 2009

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«Ocse, in Italia è allarme occupazione», di Alberto Giovannini
Forse la crisi economica ha superato il punto più basso, come dimostra il superindice dell’Ocse; ma a sentire proprio l’Ocse, l’organizzazione dei paesi industrializzati con sede a Parigi, sul versante dell’occupazione per l’Italia il peggio deve ancora arrivare. Nel Rapporto 2009 sul lavoro, in pratica, si dice chiaro e tondo quanto molti economisti paventano: nel nostro paese «la maggior parte dell’aumento della disoccupazione» causato dalla megarecessione «deve ancora venire». Con un milione di disoccupati in più a fine 2010.
Ovviamente l’allarme per il rischio disoccupazione non riguarda certo soltanto il nostro paese. Anzi: alla vigilia del G20 di Pittsburgh l’Employment Outlook 2009 Ocse sostiene che proprio ora, una volta superato l’allarme per il sistema finanziario, bisogna fare il massimo per sostenere in qualche modo il mercato del lavoro. Perché nei paesi industrializzati, a fine 2010, si conteranno ben 57 milioni di disoccupati in più nelle economie avanzate per la fine del 2010, livelli «prossimi ai massimi dal dopoguerra». Disoccupati che con apposite politiche economiche potrebbero essere relativamente presto riassorbiti. Ma che potrebbero anche restare tali per anni e anni. Le nazioni dove questo pericolo è già evidente sono Stati Uniti, Irlanda, Spagna e il Giappone, ma per paesi come Francia, Germania e Italia il momento peggiore non è ancora arrivato.
Per l’Italia, sul fronte del lavoro, si annuncia un 2009-2010 davvero difficile. Il tasso di disoccupazione passerà dal 6,1% del 2007 al 10,5% del 2010, con un aumento dei senza lavoro in termini quantitativi di un milione e centomila persone in più rispetto al 2007 (850.000 in più rispetto all’inizio del 2009). «L’impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano è stato fino a oggi moderato rispetto a molti altri paesi», ma secondo l’Ocse questo è anche legato al fatto che «un gran numero» di persone ha rinunciato a cercare lavoro, in particolare al Sud, e questi non vengono più calcolati come disoccupati ma come «non attivi».
Come spiega Stefano Scarpetta, capo della divisione politiche dell’impiego Ocse, il pericolo maggiore riguarda i giovani, che dovranno fare i conti con un tasso di disoccupazione alto, lunghe transizioni scuola-lavoro, condizioni persistenti di non occupazione, contratti precari a ripetizione. In più, non solo i salari italiani sono cresciuti tra il 2006 e il 2007 dello 0,1%, meno rispetto allo 0,9% della media Ocse. Ma le retibuzioni del Belpaese sono inferiori del 18% rispetto alla media Ocse, un divario che diventa del 26,5% se calcolati sulla base del potere di acquisto.
Non sembra dare molto peso alle analisi Ocse il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. «Le previsioni Ocse sulla disoccupazione – dice – disegnano l’ipotesi peggiore tra quelle possibili ma non la più probabile, e si basano su dati di giugno, che successivamente la stessa Ocse ha corretto in meglio a settembre».
«L’Ocse – dice Sacconi – riconosce all’Italia di aver saputo contenere più di altri paesi l’impatto della crisi sull’occupazione. Mi auguro che potremo continuare lungo questo percorso, integrando l’uso degli ammortizzatori sociali con una spesa più efficace da parte delle Regioni per la formazione dei lavoratori a lungo costretti all’inattività».
Versione decisamente opposta da parte del suo predecessore, il democratico Cesare Damiano: «I dati dell’Ocse smentiscono le vuote rassicurazioni del governo».
La Stampa, 17 Settembre 2009

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«I salari italiani più bassi del 26,5%»
I salari italiani sono inferiori del 18% rispetto alla media Ocse e se calcolati sulla base del potere di acquisto il divario si amplia al 26,5%. è quanto emerge dal rapporto Ocse sull’occupazione.
La media italiana dei salari risulta di 36.021 dollari l’anno (dati 2007) contro i 43.970 della media Ocse. Se calcolati sulla base del potere d’acquisto la media italiana scende a 29.198 dollari contro i 39701 Ocse, il che pone la penisola al 18esimo posto sui 26 paesi considerati.
Rispetto al 2006, il rapporto calcola tuttavia un aumento reale dei salari dello 0,1%, decisamente meno rispetto allo 0,9% della
media Ocse, dello 0,8 della Ue a 15 e dello 0,9% della Ue a 19.
Al top della classifica Ocse ci sono lussemburgo e Norvegia con oltre 66mila dollari l’anno. Sulla base del potere d’acquisto la palma va però agli Stati Uniti (49.486 dollari).
L’unità.it, 16 settembre 2009

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«Il peggio in arrivo», di Francesco Scommi
Fosche previsioni dell’Ocse sugli effetti che la crisi economica globale avrà sull’occupazione. Nell’area dei paesi più industrializzati si prevede, per la fine dell’anno prossimo, un tasso di disoccupazione attorno al dieci per cento, con 57 milioni di senza lavoro. L’Italia è tra i paesi che dovrebbero soffrire più i prossimi mesi, toccherà il 10, 5 per cento. Il governo ostenta sicurezza, ma il Pd rileva: “E’ la smentita delle vuote rassicurazioni, serve un tavolo con le parti sociali”. La Fiat, con Marchionne, chiede la proroga degli incentivi. Scajola replica: “Decideremo con i partner dell’Ue”

“Crescono segnali che il peggio sia ormai alle spalle e che la ripresa possa essere vicina, ma per l’occupazione nel breve termine le prospettive sono ancora fosche”. Questa la previsione dell’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nell’ “Employment Outlook 2009” diffuso oggi. È stato previsto che nella seconda metà del 2010 il tasso di disoccupazione nella cosiddetta area Ocse (che comprende i principali paesi industrializzati) si avvicinerà a un nuovo massimo dal dopoguerra: il 10%, con 57 milioni di disoccupati. Verrà superato così l’8,3% del giugno scorso, che rappresentava già il più alto tasso dal dopoguerra.
In alcuni Paesi come Irlanda, Giappone, Spagna e Stati Uniti, la disoccupazione è aumentata già nel 2009, ma “in altri Paesi inclusi Francia, Germania e Italia la gran parte della crescita della disoccupazione – secondo l’Ocse – deve ancora arrivare”. La Spagna è finora il Paese che più pagato in termini di lavoro, raggiungendo un tasso di disoccupazione al 18,1%. In Francia il tasso è al 9,4% a metà di quest’anno, mentre in Germania è al 7,7%.
Nella tabella Ocse i dati italiani sono invece disponibili fino al primo trimestre 2009 quando la disoccupazione era al 7,4%, leggermente inferiore rispetto al 7,5% registrato nell’area sempre nei primi tre mesi di quest’anno. L’Organizzazione di Parigi osserva che, nell’ambito delle risorse pubbliche stanziate per i pacchetti di stimolo anti-crisi, gli investimenti nelle politiche attive del lavoro “in molti Paesi sono abbastanza modesti. Questa sembra un’occasione persa”.
“Le misure adottate per ridurre i costi sociali della crisi economica debbono essere definite – sottolinea l’Ocse – in modo tale da non compromettere l’efficienza del mercato del lavoro nel lungo periodo”. Il riferimento all’Italia diventa diretto quando nel rapporto si afferma che nel nostro Paese la spesa pubblica a sostegno delle politiche occupazionali “è aumentata poco rispetto agli altri paesi”. E nonostante “alcune azioni siano state intraprese per estendere la copertura e la durata dell’indennità di disoccupazione”, “rilevanti segmenti di popolazione restano sprovvisti di una protezione adeguata per aiutarli a superare la crisi”. Anche l’accesso alla Cig da parte dei lavoratori “resta limitata”.
Tornando al quadro complessivo, dal 2007 a oggi i disoccupati dell’area Ocse sono aumentati di 15 milioni. Da qui alla fine dell’anno prossimo il conto complessivo dovrebbe segnare, è la previsione, la scomparsa di 25 milioni di posti di lavoro: n tre anni si produrranno dunque tanti disoccupati quanti ne sono stati prodotti in un intero decennio fino ai primi anni 80, a seguito delle crisi petrolifere. Nel Paesi del G7 a giugno il tasso di disoccupazione è stato pari all’8,2% mentre nell’Unione europea all’8,9% e nell’area Euro al 9,4%. Le perdite più pesanti di posti di lavoro – aggiunge l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – si registrano “all’interno dei gruppi già svantaggiati nel mercato del lavoro: giovani, basse professionalità, immigrati, minorità etniche, e tra questi soggetti con contratti temporanei o atipici”.
“Il maggior rischio – sottolinea l’Ocse – è che una gran parte di questa disoccupazione divenga strutturale e che molti dei disoccupati entrino in una condizione di mancanza di lavoro per un lungo periodo o che addirittura escano dalla forza lavoro”. Questo è dovuto al fatto che i disoccupati di lungo periodo sono più difficili da assumere sia perché si verifica una diminuzione del capitale umano sia perché essi stessi ad un certo punto smettono di cercare lavoro.
“L’alta e persistente disoccupazione – fa sapere l’Ocse – porta con sé i costi economici e sociali maggiori: da una minore salute all’abbassarsi degli standard di vita, dall’aumento della criminalità al calo del potenziale di crescita per la società”.
Per quanto riguarda la situazione italiana, alla fine del 2010 ci saranno nel Paese 1,1 milioni di disoccupati in più rispetto alla fine del 2007. Per l’Italia l’organizzazione di Parigi prevede un tasso di disoccupazione nell’ultimo trimestre del prossimo anno al 10,5%, ben superiore al 9,9% della media Ocse. Infine, per quanto riguarda la situazione dei salari, l’Ocse sostiene che quelli italiani sono cresciuti tra il 2006 e il 2007 dello 0,1%, meno rispetto allo 0,9% della media Ocse, dello 0,8 della Ue-15 e dello 0,9% della Ue-19.
L’aumento della disoccupazione si abbatte sul nostro Paese che già sconta, problema annoso, l’handicap delle buste paga “magre”. I salari italiani, dice l’Ocse, sono inferiori del 18% rispetto alla media Ocse e se calcolati sulla base del potere di acquisto il divario si amplia al 26,5%. La media italiana dei salari risulta di 36.021 dollari l’anno (dati 2007) contro i 43.970 della media Ocse. Se calcolati sulla base del potere d’acquisto la media italiana scende a 29.198 dollari contro i 39701 Ocse, il che pone la Penisola al 18esimo posto sui 26 Paesi considerati. Rispetto al 2006, il rapporto calcola tuttavia un aumento reale dei salari dello 0,1%. Al top della classifica Ocse ci sono Lussemburgo e Norvegia con oltre 66mila dollari l’anno. Sulla base del potere d’acquisto la palma va però agli Stati Uniti (49.486 dollari).
Nonostante la fosca previsione che prevede per l’Italia l’aumento del tasso di disoccupazione fino al 10,5 per cento in poco più di un anno, il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha ostentato tranquillità: “Le previsioni Ocse sulla disoccupazione disegnano l’ipotesi peggiore e si basano su dati di giugno, che successivamente la stessa Ocse ha corretto in meglio a settembre”. Non la pensa così il responsabile lavoro del Pd, Cesare Damiano: “I dati dell’Ocse smentiscono le vuote rassicurazioni del governo”. Damiano ha aggiunto rivolgendosi al governo: “Va convocato con urgenza un tavolo tra governo e parti sociali per affrontare i temi dell’incentivo allo sviluppo, della protezione sociale e del sostegno al reddito delle famiglie”.
Gianni Pagliarini, responsabile lavoro del Pdci, ha ironizzato: “Oraa il premier se la prenderà anche con l’Ocse o capirà una volta per tutte che la crisi c’è e che è ben lungi dall’essere superata?”. Pagliarini ha attaccato: “Altro che crisi alle spalle, il peggio dovrà ancora avvenire. I dati dell’Ocse sono impietosi e rappresentano una sonora bocciatura per il governo”.
L’allarme dall’Ocse ha fatto il paio con l’uscita dell’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che ha chiesto il rinnovo degli incentivi per il settore auto nel 2010, altrimenti “avremo un impatto disastroso”. Gli ha risposto il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola: “Lo strumento ha funzionato e a fine novembre con i dati finali valuteremo di concerto con gli altri paesi Ue”.
da www.aprileonline.info