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“Pier Luigi rivoluzione dolce”, di Fabio Martini

La storia di Pier Luigi Bersani è iniziata con un odore, l’odore insistente dei macchinari tessili, dell’olio di lavorazione e del cotone grezzo.

Sono le 15,28 quando il nuovo segretario del Pd entra dentro il capannone della Fornitura tessile Villanti alle porte di Prato. Faticosamente Bersani si fa strada tra operai, artigiani, ingegneri, cassintegrati che vorrebbero stringergli la mano. Ha voluto iniziare da qui, da Prato, uno degli epicentri della crisi italiana, piuttosto che da qualche cimitero, dove far simbolico omaggio a qualche padre spirituale del centrosinistra. E dalle prime mosse si è capito che la musica è cambiata. I cameraman e i giornalisti spingono, chiedono, pressano, lui è disponibile con tutti, poi ad un certo punto tra sé e sé mormora: «Dio bono, ma mi lasciano parlare con la gente?». Altri dieci minuti di spintoni e sudore fra telai e orditoi e finalmente spunta un microfono. Bersani inizia, molti non lo vedono e allora lui afferra una sedia, ci sale sopra e – come Lenin alle acciaierie – fa da lì il suo saluto: «Ho pensato: dove li porto in giro questi 3 milioni di cittadini delle Primarie? Li ho portati qui, dagli artigiani, perché vorrei provare a buttar giù un muro, quello che impedisce di sapere che ci sono milioni di persone, lavoratori, piccoli imprenditori e famiglie che in queste settimane hanno paura!». E gli artigiani applaudono, sembrano apprezzare quell’uomo in piedi sulla sedia, nel suo gessato grigio ferro e con quelle scarpe nere con la punta stretta.

Applaudono i passaggi nei quali Bersani parla un linguaggio diretto. Lavoratori e artigiani non lo sanno ma in quella immagine c’è una certa differenza rispetto ai «set» preparati a tavolino dai comunicatori dei segretari precedenti. E c’è anche un’idea di partito, diversa dal «partito mediatico» di Veltroni, un partito che si rivolgeva al ceto medio benestante ed informato, ai lettori dei quotidiani amici. Bersani va alla caccia di un «target» interclassista. In due giorni Pier Luigi il piacentino lo ha ripetuto già tre volte, vuole dire che l’idea è questa: «Voglio un partito popolare, delle piccole imprese, dei lavoratori, delle famiglie». Dunque, anche i piccoli imprenditori, per i quali invoca «soldi da far affluire direttamente e non attraverso la mediazione delle banche». Con proposte a pie’ di lista, ma chiare per chi è in crisi: credito agevolato, detassazioni.

Dunque, le prime ore da segretario cominciano a raccontare che partito sarà quello di Bersani. Una rivoluzione dolce, ma una rivoluzione. La prima novità è il messaggio: si parla di vita, di diritti elementari e non di diritti civili. Gli chiedono delle «prodezze» di Marrazzo e di Berlusconi e lui taglia corto: «Non parlo di vite private». Con un piglio più deciso, un po’ meno emiliano e «alla Ferrini» di quello sfoggiato in campagna elettorale: «Nascondere la crisi è una vergogna, una vergogna!», ripete tante volte. E la plancia di comando del partito? Dice un’amica del neosegretario: «Non si creda che Bersani abbia già deciso tutto, magari assieme a D’Alema. Pier Luigi è un solitario». E in queste ore D’Alema ripete: «Del partito si occupa Bersani». Un solitario che prepara le prime mosse: nelle prossime settimane il Pd potrebbe farsi promotore di una proposta elettorale nettamente diversa da quelle finora presentate: un’ipotesi «alla tedesca», capace di coinvolgere l’Udc ma anche soggetti (Sinistra e libertà, Verdi, socialisti) che un domani potrebbero entrare nel Pd. Per quanto riguarda gli «affari interni» c’è il problema dei capigruppo parlamentari. Il presidente dei deputati, Antonello Soro, vicino a Franceschini, con uno stile d’altri tempi, ha già fatto sapere che rimetterà il suo mandato al nuovo segretario. Il gesto di Soro prelude, magari non a breve, ad un cambio ai vertici dei gruppi. Alla guida di quello di Montecitorio andrà salvo sorprese Enrico Letta (ma corre anche come vicesegretario), mentre al Senato non è ancora chiaro se Anna Finocchiaro riuscirà a superare le diffidenze dei dalemiani che non hanno dimenticato l’appoggio che la presidentessa chiese a Walter Veltroni ad inizio legislatura. Corrono per la possibile successione in tre: Luigi Zanda, Vannino Chiti e Marco Follini. Ancora tutta da costruire la segreteria e il «governo» del partito, con gli incarichi-chiave: Organizzazione, Comunicazione (favorito il dalemiano Gianni Cuperlo). E poi c’è il problema delle strutture parallele a suo tempo messe su da Massimo D’Alema allo scopo di contrastare la segreteria Veltroni: l’Associazione e la televisione Red. Negli ultimi mesi l’Associazione ha quasi cessato le attività, Bersani sarebbe interessato ad una ripresa sul versante politico-culturale, mentre sulla possibile fusione – o sulle sinergie – delle due Tv di area Pd (YouDem e Red), il nuovo segretario non ha ancora preso una decisione.

www.partitodemocratico.it, 27 ottobre 2009