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Bersani: “Dialogherò sulle riforme solo se cade il processo breve”, di Goffredo De Marchis

“Il processo breve è un’aberrazione agli occhi dei cittadini. Non accelera i procedimenti giudiziari, li abolisce. Perciò si parte da qui. Berlusconi ritiri la norma, poi si può avviare un confronto sulle riforme”. A pochi giorni dal No-B day il neosegretario del Pd Pierluigi Bersani conferma la sua linea: le riforme ci vogliono ma senza leggi ad personam. E sulla piazza anti-Cavaliere dice: “Le parole d’ordine e i promotori sembrano mutati. Se sarà così e nessuno ci metterà il cappello andranno i nostri militanti e i nostri dirigenti”.

Giorgio Napolitano chiede di fermare lo scontro tra le istituzioni e “più autocontrollo nelle dichiarazioni”. Ce l’ha con i magistrati o con Berlusconi?
“L’iniziativa del presidente della Repubblica ha un rilievo particolare e inusuale. Io la interpreto così: in piena crisi sociale si rischia un avvitamento della politica che coinvolge e contrappone pilastri costituzionali. Questa è la sua preoccupazione. E ognuno dà la sua riposta. La nostra è: il governo ritiri il provvedimento che cancella i processi. Subito dopo si apra un confronto nelle commissioni parlamentari, a partire dalla bozza Violante, su una riforma che superi il bicameralismo perfetto, riduca il numero dei parlamentari e riveda i poteri reciproci di governo e parlamento. In quel contesto si possono affrontare anche le questioni del rapporto sistemico tra esecutivo, Parlamento e magistratura”.

C’è anche il problema della magistratura?
“Il problema c’è e non ha trovato un punto di equilibrio in tutti questi anni. Ma non va risolto con leggi occasionali, con meccanismi ad personam che fanno deviare totalmente dall’obiettivo. Del resto, se ho ben interpretato, questo è anche l’invito del capo dello Stato. Non procedere mettendo “pezze a colori”, ma inquadrando le riforme in un discorso di sistema. Aggiungo un mio personale suggerimento: accompagnerei il confronto parlamentare con risposte sui temi economici e sociali. In modo che chi è su quella trincea non si senta bypassato, isolato o peggio abbandonato”.

Andando al sodo, se arrivasse un avviso di garanzia per mafia Berlusconi dovrebbe dimettersi?
“Non faccio scenari del genere, c’è già abbastanza frastuono. Mi limito a dire che quando il presidente del Consiglio fa battute su Cosa nostra abbatte valori e principi radicati profondamente nella coscienza del Paese. Il premier non può ridere della mafia”.

Al di là delle leggi ad personam, ci si può mettere al tavolo con Berlusconi?
“Un partito riformista vuole le riforme. Naturalmente partendo dalle sue proposte. Il Pd ha intenzione di rafforzare il sistema parlamentare contro le derive plebiscitarie e populiste. Pone al centro la riforma elettorale contro una legge che consente di nominare i parlamentari. La risposta alla domanda comunque è: sì, noi le riforme le vogliamo. Ma la destra usa questa parola come un mantra per coprire soluzioni improvvisate e strumentali”.

Se il processo breve andasse in porto, Napolitano dovrebbe rinviare la legge alle Camere?
“Per il lavoro del presidente della Repubblica c’è bisogno di silenzio e rispetto. Ognuno fa il suo mestiere e Napolitano fa bene il suo”.

L’ex capo dello Stato Ciampi però si è sbilanciato: la firma va negata.
“Se fosse stato ancora al Quirinale sono convinto che anche lui avrebbe gradito il silenzio del segretario del maggiore partito di opposizione”.

Circolano le prime indiscrezioni sulla manovra economica. Si vede qualcosa di buono?
“Manca l’essenziale. Nessuna manovra che non affronti tre punti, detrazioni fiscali per i redditi medio bassi, interventi veri sulle liquidità alle imprese, investimenti per gli enti locali che non possono spendere un euro e sono invece gli unici organismi in grado di far ripartire l’economia, coglie davvero nel segno. Tremonti venga in Parlamento ammettendo che il problema delle risorse esiste e con qualche idea. Se ce l’ha, siccome governare è una rosa con le spine di qualche spina possiamo farci carico anche noi”.

Come fa un segretario eletto da tre milioni di persone a snobbare una manifestazione, il No-B day, cui hanno aderito centinaia di migliaia di cittadini e che nasce dalle associazioni, dalla società civile, non dai partiti?
“Una premessa: se si dice Berlusconi sì o no, dico no. Ma questo è il terreno che preferisce lui. Il terreno più favorevole a noli invece è: siamo sempre sui problemi mai sui problemi nostri. Su questa base faremo a dicembre la nostra campagna. Detto questo, non ho mai guardato al 5 dicembre con ostilità o sufficienza. Osservo anche mutazioni evidenti in quel corteo, sia dal punto di vista dei promotori che delle parole d’ordine. Sembrava essere nata più per strattonare il Pd che Berlusconi. Ora forse appare un’altra cosa. Un’iniziativa dei movimenti e non dei partiti. Se nessuno ci mette il cappello, se nessuno punta a creare una frattura delle opposizioni facendo un regalo al premier, saranno presenti militanti e dirigenti democratici”.

Una delegazione ufficiale del Pd?
“Questi formalismi sono vecchi. Non esiste più la delegazione”.

E il segretario parteciperà?
“Non sono l’unico dirigente del Pd e non voglio mettere il cappello sul corteo”.

Potrebbe essere un modo per svicolare. Ma è vero che molti considerano la sua segreteria lontano dal leaderismo. Un bene o un male?
“L’ho detto subito: farò il leader a modo mio. E lavorare in collettivo è il mio modo. Ho spiegato che c’è bisogno di tutti e tutti devono far crescere una nuova generazione. Sono segretario da sole tre settimane e abbiamo messo 25 quarantenni in altrettanti ruoli chiave del partito. Non era mai successo prima. Il resto sono chiacchiere. Abbiamo già fatto due direzioni con 50 interventi. La famosa unità del partito si realizza nella discussione e nella trasparenza. Per un partito senza padroni non c’è altro modo di farlo lavorare utilmente per il Paese”.

In nome dell’accordo con l’Udc è giusto sacrificare, candidandoli alle regionali, due amministratori appena eletti: Emiliano in Puglia e Zingaretti nel Lazio?
“Stiamo cercando alleanze larghe e di progresso per essere alternativi alla destra. Il Pdl fa i suoi conti trionfalistici sulla base dell’ultime europee. Ma noi siamo ben più forti di quei dati e combatteremo ovunque. Senza sacrificare nessuno, cerchiamo solo schieramenti più larghi. Nel Lazio credo che questo obiettivo si possa raggiungere a prescindere dalla figura di Zingaretti. In Puglia dobbiamo costruire un tavolo più grande di forze che ci consenta di far emergere una candidatura vincente”.

I vostri ritardi però hanno fatto parlare Casini di inutilità del Pd. Anzi, della sua inutilità.
“Il punto non essere utile o inutile. Noi abbiamo una proposta generale, l’Udc segue la via delle geometrie variabili. Intendiamoci, la cosa non è impensabile. Se ragioniamo in chiave federalista, è giusto che scelgano i territori. Ma il dove, il come e la misura non può deciderla uno solo, cioè Casini. Diciamo che l’eccesso di pregiudiziali non aiuta. Comunque la discussione va avanti. E avremo dei risultati positivi”.
La Repubblica 29.11.09