attualità, politica italiana

"Come misurare la corruzione", di Nicola Persico

Ha fatto scalpore la denuncia della Corte dei conti su un vertiginoso aumento dei casi di concussione e corruzione in Italia. Una loro misurazione precisa è però estremamente difficile con gli strumenti finora a disposizione. Tuttavia, la percezione dei cittadini è che il fenomeno sia grave, in peggioramento e si irradi dalla politica alla pubblica amministrazione. Prendere provvedimenti è dunque indispensabile. Magari a partire da dati affidabili. E proprio la Corte dei conti potrebbe costruire di una misura accurata di corruzione.

Ha fatto notizia la recente rivelazione della Corte dei conti che le denunce per fatti di corruzione e concussione sono più che raddoppiate nel 2009. Nel periodo gennaio-novembre 2009, la Corte riporta 221 denunce per corruzione (+229 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008) e 219 per concussione (+153 per cento). Questi dati, al momento in cui scrivo, non si riconciliano con quelli del Servizio anti-corruzione e trasparenza (presidenza del Consiglio dei ministri), secondo cui il dato 2009, non ufficiale e riferito all’intero anno, è 104 denunce per corruzione e 121 per concussione, dunque circa la metà di quanto indicato dalla Corte dei conti. Invero, sulla dinamica del fenomeno è in corso una discussione tra Corte dei conti e Servizio anticorruzione. Ma la fonte è la stessa – le comunicazioni delle tre forze di polizia – e non dovrebbe essere difficile riconciliare i numeri. Prima di ogni analisi interpretativa.

L’INTERPRETAZIONE DEI DATI

Anche se i dati rivelassero un incremento delle denunce per corruzione e concussione nel 2009, l’interpretazione resterebbe molto problematica. Perché si tratta appunto denunce, dunque generate attraverso un processo che riflette anche la scelta di denunciare. Se secondo l’interpretazione sposata quasi uniformemente dai mass media, il dato della Corte dei conti rivela uno straordinario peggioramento del fenomeno, è tuttavia legittima anche l’interpretazione esattamente opposta: il forte incremento rilevato potrebbe riflettere una maggiore propensione a denunciare i comportamenti illegali. Se così fosse, i dati presentati dalla Corte dei conti dovrebbero essere motivo di conforto, giacché indicherebbero un affermarsi della cultura della legalità.
Purtroppo, sulla base dei soli dati sulle denunce non è possibile distinguere fra le due interpretazioni. E, invero, il problema di selezione creato dalle denunce affligge la maggior parte dei dataset concernenti la criminalità. Ciò perché cittadini che vivono in condizioni diverse hanno diverse propensioni a denunciare un crimine alla polizia. Fanno eccezione i cosiddetti “victimization studies” che sono basati su interviste a un campione casuale di cittadini, ai quali vengono chieste informazioni sui crimini che hanno subito. La procedura non si basa sulle denunce alla polizia ed evita così le annesse distorsioni.

UN QUADRO OMOGENEO

La fonte di dati sulla corruzione più simile a un “victimization study” è il Global Corruption Barometer, pubblicato da Transparency International. Nel 2008, 73mila persone in tutto il mondo sono state intervistate su argomenti attinenti alla corruzione. Riportiamo la percentuale di intervistati che, in ogni paese, rispondono “sì” alla domanda “Il governo è molto o alquanto efficace nel contrastare la corruzione?”. In Italia solo il 15 per cento degli intervistati sottoscrive questa affermazione, contro un 50 per cento degli olandesi e un sorprendente 60 per cento dei macedoni. Con tutti i caveat del caso, questa comparazione fra paesi è coerente con l’idea che in Italia, più che in molti altri paesi, vi sia pessimismo sull’argomento corruzione.
Se nel 2008 la situazione è negativa, cosa possiamo dire del trend? Negli anni precedenti, la percentuale di italiani che ha risposto che il governo “è efficace nel contrastare la corruzione” è stata la seguente:

2006 27%
2007 21%
2008 15%

Il trend, si vede, è fortemente negativo. Inoltre, nel 2007 il 61 per cento degli intervistati italiani aveva dichiarato di ritenere che la corruzione sarebbe aumentata nei tre anni seguenti. Quindi, la percezione è di un netto peggioramento.
L’indagine Global Corruption Barometer permette di evidenziare anche quali organizzazioni siano maggiormente soggette alla corruzione. Per l’Italia, i risultati sono riportati nella figura 3. Come si vede, i partiti politici sono i più frequentemente citati, seguiti dalla pubblica amministrazione. La mia interpretazione della figura 3 è che la politica sia vista come la fonte della corruzione, che si estende poi agli organi più direttamente sottoposti alla politica, cioè la pubblica amministrazione.

Partiti politici 44%
Parlamento e legislatura 9%
Settore privato 7%
Media 4%
Pubblici ufficiali e impiegati statali 27%
Magistratura 8%
Risposte in percentuale degli intervistati alla domanda “Quale di queste organizzazioni ritiene più soggetta alla corruzione?” Dati dalla survey “Global Corruption Barometer 2008”, amministrata da Transparency International.

Naturalmente, la percezione popolare del fenomeno è cosa diversa dalla corruzione vera e propria. Le variazioni nel tempo potrebbero riflettere in parte una presunta crescente attenzione accordata dai mass media a fenomeni di corruzione. Quindi, anche i dati del Global Barometer sono imperfetti, seppure, a mio personale giudizio, probabilmente più affidabili di quelli basati su denunce. In ogni caso, tutte le fonti di dati sono utili perché contribuiscono a creare un quadro d’insieme. E in questo caso concordano almeno nel non segnalare un netto miglioramento del fenomeno corruzione. Sottolineo che non è mia intenzione imputare la responsabilità di tale trend a questo o quel personaggio politico o governo. Piuttosto, la questione è: come migliorare le cose?
Prima di tutto, sarebbe importante avere dati affidabili sul fenomeno corruzione. La fonte ideale sarebbe una indagine in cui, per esempio, un campione di contratti pubblici estratto a caso sia selezionato per essere esaminato a fondo dalla Corte dei conti. I risultati di una indagine a campione fornirebbero un’ottima misura dello stato della corruzione in Italia. Se pensate che sia un’idea “da marziani,” ricredetevi: in Brasile dal 2003 il governo federale ispeziona un campione casuale di 60 governi municipali al mese, controllando le irregolarità nell’uso di fondi federali. I risultati delle ispezioni sono pubblici e diffusi anche attraverso i mass media. (1) Se è politicamente possibile farlo in Brasile, non vedo perché non possa esserlo in Italia.
In conclusione, misurare la corruzione è estremamente difficile. La percezione dei cittadini è che: (a) il fenomeno è grave; (b) sta peggiorando; (c) si irradia dalla politica alla pubblica amministrazione. Per la Corte dei conti sarebbe relativamente facile creare misure accurate di corruzione.

(1) Sull’argomento si veda “Exposing Corrupt Politicians: The Effect of Brazil’s Publicly Released Audits on Electoral Outcomes”, Claudio Ferraz e Frederico Finan, Quarterly Journal of Economics 2008, 123(2), pp. 703-746.
lavoceinfo