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I numeri della crisi

È stato battezzato l’annus horribilis dell’economia italiana e a confermarlo è l’Istat che attesta un -5% del Pil nel 2009 – il peggior dato dal 1971 – l’aumento della pressione fiscale del 43% e un alto tasso di disoccupazione ora pari al 8,6%. E il governo cosa ne pensa? Sarà colpa dei governi del centrosinistra o della panacea dell’ottimismo? Senza pessimissimo, l’Italia è in grave difficoltà e l’inefficienza del governo, abile a blindare il premier dai processi ma fallimentare nella politica economica e sociale, non sono buoni segnali.

Nel crollo del Prodotto interno lordo, a farla da padrone è la netta flessione delle esportazioni (-19%) e degli investimenti (-12,1%); reggono i consumi privati calati “solo” dell’1,8%. I conti pubblici ha visto la più grande recessione dal dopo guerra a oggi e poco importa se il silenzioso Tremonti ora correrà a dirci che tutto va bene e che l’Italia si presenta in condizioni migliori rispetto ai vicini di casa europei. Il rapporto deficit-pil si è attestato al 5,3% contro il 2,7% del 2008.

Il rapporto debito pubblico- Pil si è attestato al 115,8% contro il 106,1% dello scorso anno, dato corretto rispetto alla precedente stima del 105,8%. E non basta quindi l’ottimismo a far quadrare i conti ma una svolta drastica che porti alla crescita economica che trascini con sé anche i conti pubblici. Politiche economiche che per l’esperto dell’Irs, Fedele De Novellis, aiutino “la crescita italiana verso il 2 per cento potenziale”.

Così in un periodo dove il governo preferisce insultare i giudici piuttosto che trovare rimedi alla crisi economica e occupazionale, l’Istat ci riporta alla cruda realtà. Meno 260mila occupati tra gli uomini e – 47mila tra le donne. L’unico saldo in positivo è relativo alle persone in cerca di lavoro: + 334 mila.

Durissima è stata la critica del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani alla staticità del governo Berlusconi. “La caduta del 5% del Pil nel 2009 certifica la più grave recessione dal 1945. Sommando il dato del 2008, noi arretriamo in misura doppia rispetto all’area OCSE e quasi doppia rispetto all’area euro. Anche nelle previsioni del 2010 andiamo peggio degli altri, mentre la crescita della disoccupazione è ancora parzialmente occultata da effetti statistici”.

“Con tutto questo – ha continuato il leader democratico – abbiamo un governo che, come un disco rotto, ripete che stiamo meglio di altri! In realtà è ormai evidente il rischio che abbiamo sempre denunciato, e cioè di un avvitamento tra aumento della disoccupazione, stagnazione economica, crescita della pressione fiscale per chi paga le tasse e crisi della finanza pubblica. Chi dovrebbe guidare la reazione del paese parla di altro e sta con le mani in mano. Davanti a un passaggio così difficile per il presente e per il futuro degli italiani, il governo Berlusconi con la sua ignavia propagandistica si sta assumendo una responsabilità storica di cui dovrà rispondere al Paese”.

“Come dimostrano gli odierni dati dell’Istat il governo delle destre sta provocando una catastrofe”. Così Filippo Penati, capo della Segretria di Bersani e candidato alla Regione Lombardia. “C’è un grande malessere, la crisi continua a tagliare posti di lavoro e aggredisce categorie che fino ad oggi erano al riparo: professionisti, mondo delle piccole e piccolissime imprese. In Lombardia, come in tante altre regioni, assistiamo sempre più spesso ad aziende a dimensione familiare, il cuore produttivo del paese, che cercano di andare avanti nonostante il disinteresse del governo. I loro proprietari, troppe volte, hanno dovuto utilizzare per sopravvivere tutte le risorse disponibili e, come premio per le loro fatiche, hanno visto il governo aiutare solo gli evasori”.

Mentre la pressione fiscale aumenta e i conti vanno a rotoli, la distruzione dell’avanzo primario deve far suonare l’allarme rosso, il governo beneficia quelli che violano le regole. Sono state abbassate le tasse agli evasori e lasciati con un palmo di naso gli onesti. 15mila euro è all’incirca quanto paga di tasse ogni anno un cittadino con reddito lordo di 50mila euro pari più o meno a 2500 euro netti per 14 mensilità. Grazie a questo Governo paga altrettanto, questa volta però per 375mila euro, chi ha riportato in Italia capitali detenuti all’estero beneficiando dello scudo di Tremonti e del relativo sconto fiscale al 4%. E sempre le stesse tasse paga, questa volta per 250mila euro, chi ha scelto di rimpatriarli dolo la prima proroga, questa con aliquota al 6%. E quanti si fossero poi decisi in extremis il governo, con lungimiranza, ha prorogato scudo e sconto fiscale, con aliquota al 7%, fino ad aprile, solo che questa volta con i soliti 15mila euro si potranno riportare solo 214mila
euro. La riduzione delle tasse è stata fatta agli evasori e gli onesti non possono fare altro che attendere un altro governo”.

Per Marina Sereni, vicepresidente dell’Assemblea nazionale del Pd,“dopo un fine settimana passato ad ascoltare le invettive del presidente del Consiglio contro i magistrati, oggi i dati dell’Istat sulla disoccupazione ci riportano alla cruda realtà. Ormai è chiaro, costringere l’informazione a concentrarsi su questioni che interessano poco il Paese e molto una sola persona è funzionale a nient’altro che a nascondere la vera emergenza, fatta di imprese in crisi e di migliaia di famiglie lasciate sole ad affrontare il dramma della perdita del lavoro”.

“Continuare a nascondere la testa sotto la sabbia, come sta facendo il governo, non aiuta ad affrontare la crisi. Gli ultimi dati Istat sulla disoccupazione sono drammatici perché indicano un trend negativo che non accenna ad attenuarsi, ma è in costante peggioramento”. Lo ha dichiarato Cesare Damiano, capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera, commentando i dati Istat sulla disoccupazione.

“Occorre intervenire subito in questa emergenza e per questo è fondamentale definire una proposta sul tema degli ammortizzatori sociali, come sta facendo il Pd, che abbia al suo centro tre obiettivi. Il primo è la costituzione presso l’Inps di un fondo per pagare i lavoratori che, pur continuando a produrre, non ricevono una regolare retribuzione. Il secondo è l’adozione di una tutela universale di disoccupazione, pari al 60% dell’ultima retribuzione, per coloro che non dispongono di ammortizzatori. E terzo obiettivo è il raddoppio della durata della cassa integrazione ordinaria, perché ormai molte situazioni hanno esaurito i periodi di cassa integrazione a disposizione e si corre il rischio di passare alla mobilità e ai licenziamenti. Per questo il Pd porterà queste proposte di emergenza al dibattito del Parlamento, al fine di mettere al centro dell’attenzione politica i temi sociali e della crisi. Queste proposte richiedono, al tempo stesso, di essere collegate ad una iniziativa forte sul temo dello sviluppo e della politica industriale che sappia indicare le strade per una uscita dall’attuale e grave crisi dell’economia”.

Per Paola DeMicheli, responsabile Pmi del Pd, “i dati dell’Istat sono preoccupanti, non solo per il passato, ma soprattutto per il futuro del paese. Il dato che in proposito dovrebbe far suonare l’allarme rosso è la distruzione dell’avanzo primario che passa dal 2,5% del 2008, all’attuale -0,6% attuale, indice di un paese sempre meno in salute. Il governo preferisce ignorare tutto ciò facendo finta di non vedere effetti concreti, la moria di posti di lavoro, 2,3milioni di persone in cerca di occupazione, e le decine e decine di migliaia di medie, piccole e piccolissime aziende che chiudono senza che altre abbiano la forza di prenderne il posto. Stiamo perdendo il cuore produttivo del paese senza che accada nulla, senza che una misura concreta venga presa da un governo sempre più inconcludente”.

“I dati comunicati oggi dall’Istat non giungono purtroppo inattesi e delineano un quadro complessivo molto preoccupante per il nostro Paese” così Matteo Colaninno, responsabile Sviluppo industriale e Finanza d’impresa Pd. “Nei mesi scorsi il governo ha sempre sostenuto che saremmo usciti dalla crisi meglio degli altri, optando così per un approccio eccessivamente passivo e rinviando deliberatamente le necessarie e drastiche scelte importanti. Il risultato è che oggi dobbiamo tutti fare i conti con dinamiche produttive, occupazionali, finanziarie e di conti pubblici che paiono avvitarsi drammaticamente su sé stesse”.

A.Dra
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