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"Meno regole e Stato. L’assalto di Tremonti", di Bianca Di Giovanni

Giulio Tremonti predica la sua deregulation anche davanti alla platea sindacale della Cisl, che a quanto pare si mostra più calorosa nei suoi confronti che non quella confindustriale di Santa Margherita Ligure. Almeno a giudicare dagli applausi. Il leader Raffaele Bonanni gli regala anche una maglietta: così il grande abbraccio è sancito. Alla festa dei cislini a Levico Terme il ministro rilancia il suo ultimo totem: modificare la Costituzione per sancire i principi della libertà d’impresa. Poi, infila l’elmetto e si mette in trincea sulla manovra e sul caso Pomigliano. Il combinato disposto è stringente: niente regole, meno Stato, meno contratti. «Sono onorato di parlare davanti a una platea di uomini liberi e forti – esordisce il tributarista di Sondrio – Purtroppo ci sono casi di uomini che sono forti ma non sono liberi, non sono liberi da pregiudizi, da ideologie, da limiti che credo debbano essere superati». Gli risponderà in giornata Guglielmo Epifani, con un terzo aggettivo: «uomini liberi, forti e giusti».
MEDIO EVO In Italia esiste un«delirio di legislazione labirintica che ci ha ridotto ad essere un paese in cui magari apri una pizzeria in un giorno ma la chiudi nei sessanta successivi», spiega il ministro. Le «troppe regole sono un limite: siamo tornati al Medio Evo, a un mondo segmentato e bloccato da dazi e gilde». Il titolare del Tesoro non rinuncia alle sue ormai tradizionali allusioni colte. Cita il filosofo Thomas Hobbes parlando di «ossessione legislativa» e Sant’ Agostino spiegando che proprio dal vescovo di Ippona arriva, concettualmente, l’inserimento del principio della responsabilità della persona nell’articolo 41 della Costituzione. Parole, parole. Nel frattempo il centrodestra reintroduce vincoli di legge per le libere professioni (vedi le tariffe minime per gli avvocati) , non liberalizza i taxi, blocca le liberalizzazioni dei servizi.
MANOVRA Sulla manovra Tremonti si esercita su nuove cifre, che a suo dire finora gli erano oscure. Quelle dei trasferimenti ai Comuni. «Abbiamo 8.000 Comuni e il ministero dà a 4.600 Comuni quasi 16 miliardi di euro, in base a criteri stratificati, amministrati da tre funzionari – rivela – Vi sembra civile Paese che dà un punto di Pil a metà dei Comuni in base acriteri che nessuno conosce?». Di lì a qualche minuto ci pensa Sergio Chiamparino a chiarire le idee al ministro. «Forse non è stato sufficientemente informato oppure ha voluto semplicemente accattivarsi l’auditorio – spiega il presidente Anci – I 16 miliardi di trasferimenti ai quali fa riferimento vengono erogati a tutti gli oltre 6.700 Comuni delle 15 Regioni a Statuto ordinario e comprendono i rimborsi dell’Ici per la prima casa (tre miliardi di euro), trasferimenti di natura correnti comprendenti tributi ordinari e fondi perequativi (11,5 miliardi) e trasferimenti per il finanziamento di progetti in conto capitale (circa 1,4 miliardi) ». Insomma, si tratta dell’applicazione di leggi dello Stato predisposte dallo stesso ministero dell’Economia. Sì, accade in tutti i Paesi civili: e nessuno si meraviglia. Dopo i Comuni arriva il turno delle Regioni. «A loro fino ad ora si è dato – dichiara Tremonti – Se si fermano per un giro non è che…». Come dire: bloccare per un paio d’anni la sanità. Che importa? «Abbiamo cercato di disegnare la manovra nel modo socialmente meno incisivo possibile – continua impunemente il ministro – mai un governo ha fatto un decreto come questo, altri erano pappa e ciccia con la Svizzera o San Marino, altri invece facevano le grida e non i fatti. Noi abbiamo fatto un decreto di grande impegno e coraggio, ispirato in questa logica al discorso che abbiamo fatto con il sindacato ». Gli fa da spalla Bonanni, che aggiunge: «La manovra non tocca la spesa sociale». Falso. Che spesa è quella che riconosce una pensione di invalidità alle persone Down? Loro vengono escluse dal sussidio, nel silenzio più totale de lmondo politico. E anche le risorse che si chiedono alle Regioni andranno a intaccare proprio i fondi per il sociale. I governatori lo sanno bene, tant’è che mentre il ministro intona il peana della manovra, le Regioni annunciano venti di guerra. «Spiegheremo, dati alla mano, ai cittadini, alle organizzazioni sindacali, alle associazioni rappresentative del mondo produttivo, alle forze politiche e ai mezzi di informazione quali saranno le conseguenze della manovra recentemente varata dal governo», spiega Vasco Errani, che ha convocato una seduta straordinaria della Conferenza delle Regioni per domani mattina.

L’Unità 14.06.10

“Tremonti: addio conflitti sul lavoro Pomigliano sarà un modello per tutti”, di Adriano Bonafede
Via all´economia sociale di mercato” Oggi si pronuncia la Fiom. Cambia lo Statuto dei lavoratori. Tremonti benedice l´accordo tra Fiat e sindacati sullo stabilimento di Pomigliano già firmato da Cisl e Uil. «Con la globalizzazione – ha detto ieri il ministro dell´Economia alla festa della Cisl – è finito il conflitto tra capitale e lavoro. Io, tra la dialettica continua di questo conflitto e l´economia sociale di mercato, non ho dubbi: la via giusta è quella dell´economia sociale di mercato, quella di Pomigliano». Questa intesa è stata dunque additata come esempio di quelle che dovrebbero essere in futuro le relazioni tra le imprese e i lavoratori: pochi regole comuni nei contratti nazionali e tutto il resto demandato a contratti locali, settoriali e aziendali, come dirà lo Statuto dei lavori che sostituirà lo Statuto dei lavoratori.
Sulla vicenda di Pomigliano è poi intervenuto Guglielmo Epifani, anche lui invitato alla festa della Cisl. In attesa che oggi si pronunci il Comitato centrale della Fiom – che venerdì sera non ha firmato il documento proposto dal Lingotto respingendolo come un “diktat” – il segretario generale della Cgil non si è sottratto al confronto. E ha riconosciuto che «Pomigliano non ha alternative. Napoli non ha alternative sul suo territorio. Servono occupazione, sviluppo e investimenti». Perché, ha spiegato, «se non dicessimo questo saremmo in contrasto con tutto ciò che abbiamo fatto in passato, con gli scioperi, le mobilitazioni con i giovani, con la Chiesa. Già altre volte la Fiat aveva ipotizzato la chiusura, ma siamo sempre riusciti a far restare la produzione». Epifani ha anche chiesto di «non dimenticare neppure Termini Imerese. Nemmeno qui c´è altro».
L´intervento di Epifani sembra aprire la strada a un atteggiamento possibilista da parte della Cgil verso un accordo che per molti versi rappresenta una svolta nella storia delle relazioni industriali. Vediamolo da vicino. Secondo il piano della Fiat tutti dovranno lavorare a rotazione su tre turni giornalieri di otto ore, e solo l´ultima mezz´ora sarà dedicata alla refezione. Inoltre, la settimana lavorativa sarà alternativamente di sei e di quattro giorni, mentre l´azienda potrà richiedere 80 ore di straordinario annuale a persona senza bisogno di preventivo accordo sindacale e con un minimo preavviso. Capisaldi di questa intesa sono anche la contrazione della pausa da 40 a 30 minuti e il possibile recupero di perdite di produzione dovute a qualsiasi motivo anche nella mezz´ora di fine turno o nei giorni di riposo. L´altro elemento qualificante dell´accordo è un minuzioso controllo tramite computer per calcolare e verificare i movimenti che un operaio deve compiere.
Se Pomigliano viene salutato da Tremonti come un nuovo e positivo modello di relazioni industriali, dal Pd segnali di preoccupazione. «La discussione in cui è impegnata una parte del sindacato – ha detto Stefano Fassina, responsabile economico del Pd – è una discussione seria, perché la soluzione Fiat a Pomigliano mette in primo piano un´acuta contraddizione tra occupazione e diritti dei lavoratori. La competitività delle imprese è importante, ma i diritti e la dignità del lavoro non possono essere la variabile compensativa delle rendite e degli interessi corporativi difesi dalla destra di Sacconi, Tremonti e Berlusconi». Fassina auspica comunque «che il senso di responsabilità prevalga e l´investimento Fiat vada avanti come previsto. Tuttavia il governo rischia di dare una pericolosa dimensione politica alla richiesta di deroghe sul diritto di sciopero incluse nel documento conclusivo della casa automobilistica».

La Repubblica 14.06.10