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Gheddafi show: il biglietto costa 5 miliardi

Dopo le 500 hostess e la tenda sulla Cassia, il colonnello pretende 5 miliardi di euro per impedire il passaggio dalle coste libiche a quelle italiane altrimenti “farà nera l’Europa”. Il governo si prostra, il PD attacca: “Diritti umani calpestati per curare gli affari di famiglia del premier”. 5 miliardi di euro per non “fare nera l’Europa”. Non è una metafora, è un ricatto. Quello di Muammar Gheddafi, che da circa tre giorni, grazie al polso tremante del governo, ha fatto di Roma lo scenario delle nuove follie dell’imperatore. Prima l’incontro per convertire le 500 ragazze pagate per per pendere dalle sue labbra, poi le richieste assurde, avallate da un Presidente del Consiglio, il nostro, che non fa altro che prostrarsi ai piedi del dittatore libico, arrivando addirittura a baciargli la mano ad occhi chiusi, in segno di adorazione mistica. Questa volta Gheddafi non vuole una tenda in Via Cassia (quella l’ha già avuta), pretende 5 miliardi per bloccare gli sbarchi sulle coste italiane. In caso contrario la Libia lascerà correre, riversando frotte di disperati sul suolo italiano.

Proprio così: non sono esseri umani, non rischiano la vita scappando da regimi violenti e sanguinari come quello del colonnello, non affidano al mare tutte le proprie speranze in cambio dei giorni di stenti. Sono solo merce di scambio, da offrire senza pudore a quel governo italiano che fino ad oggi ha concesso a Gheddafi di fare il bello e il cattivo tempo, non pensando neanche per un secondo ai diritti umani che le parole e le azioni del dittatore libico negano ogni giorno.

Lo sconcerto per lo spettacolo a cui stiamo assistendo è diffuso e trova numerose vie di espressione, ad esempio un editoriale come quello del quotidiano della Cei, “Avvenire”, che condanna il “deliberato spettacolo di proselitismo (anche grazie a un Tg pubblico incredibilmente servizievole…). Non sapremmo dire in quanti altri paesi tutto questo avrebbe avuto luogo o, in ogni caso,avrebbe avuto spropositata (e stolida) eco”.

Dura la denuncia del Partito Democratico e del segretario Pier Luigi Bersani che ieri, durante un’intervista a Repubblica tv per bocca ha valutato gli show’ del leader libico Muhammar Gheddafi ‘figli’ della politica estera dell’attuale governo. ”Più che teatrino libico è il teatro della politica estera berlusconiana. E’ una impostazione fatta delle cosiddette relazioni speciali, ‘io sono amico di Gheddafi, io sono amico di Putin’, che ci ha portato a star fuori da tutte le cose rilevanti: non siamo nel gruppo che si occupa della crisi iraniana e c’eravamo, abbiamo risolto noi la crisi del Libano e siamo fuori da ogni discussione sul Medio Oriente. Questa politica, dicono, ci porta affari. Ma non è vero. Quando ci si viene a raccontare che gli affari con la Russia li facciamo perché c’è l’amico Putin, è falso, molte cose sono state impostate quando c’era il governo Prodi. E su questi affari con la Libia, certo qualche via libera in più ci sarà stato, ma vedremo con quali intrecci”.

Bersani ha rivendicato al centrosinistra il merito di aver lavorato “per rapporti equilibrati con la Libia come con la Russia, ma non fino al punto di assistere a episodi come quelli di queste ore, che francamente lasciano perplessi. Nel rapporto con la Libia – ha concluso – sono interessato al profilo di dignità del mio Paese”.

Livia Turco, capogruppo PD nella commissione Affari Sociali alla Camera e responsabile del Forum Immigrazione attacca: “L’incontro tra Gheddafi e il presidente del Consiglio – afferma – presenta aspetti offensivi per il nostro paese in parte resi possibili dall’atteggiamento di colpevole accondiscendenza del nostro governo. Ciò che a prima vista sembra essere una carnevalata serve soprattutto a distrarre l’attenzione dalle questioni salienti. Meglio, infatti, parlare di cavalli e hostess che dei diritti calpestati dei migranti e soprattutto di quali accordi economici sta sottoscrivendo il nostro paese e l’imprenditore Silvio Berlusconi, che non si fa scrupolo di usare la carica istituzionale per curare gli affari di famiglia”.

Dura anche la reazione di Gianni Pittella, vicepresidente del Parlamento europeo: “La sceneggiata di Gheddafi non ha avuto la giusta e adeguata reazione dal governo italiano che invece di rispondere fermamente agli insulti e all’ignoranza ostentata sulla realta’ europea, fondata sulla tolleranza e sul rispetto del pluralismo culturale e religioso, ha riservato un’accoglienza trionfale a un dittatore showman. In nome degli affari il governo preferisce chiudere gli occhi senza curarsi del pugno di ferro con cui Gheddafi stringe il suo paese, delle torture , del trattamento inumano riservato alle donne, agli oppositori, ai migranti’’.
Così anche la deputata del Pd Ileana Argentin commenta la visita del leader libico Muammar Gheddafi a Roma: “Non potrebbe accadere di peggio alla dignità delle donne e alla moralità di un Paese di quello che il leader libico sta facendo nelle ultime 24 ore a Roma sotto la supervisione del Presidente Berlusconi. E’ ormai evidente come, oltre ad interessi privati, tra il premier italiano e Gheddafi sia di comune denominatore anche la visione e il disprezzo della dignità della donna. Chiediamo alle poche rappresentanti femminili del Governo Berlusconi se non sentano l’esigenza di dissociarsi dallo spettacolo tristemente organizzato in onore del leader libico con centinaia di hostess radunate in gran segreto, e se non ritengono opportuno evitare a questo punto la cena ufficiale organizzata questa sera dal premier”.

“Allo spettacolo estivo di un governo debole, preda delle lacerazioni di una maggioranza che non c’è più e immobile di fronte ai problemi del Paese, si aggiunge oggi quello da circo offerto dal leader libico Gheddafi, andato in scena sul suolo italiano e con il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri a fare da comprimari. Uno show discutibile nella forma e inaccettabile nella sostanza, che trasmette un’immagine del nostro Paese di profonda debolezza, oltre che di scarsa autorevolezza, di cui il governo italiano porta per intero la responsabilità”.
Lo afferma, a nome della delegazione Pd al Parlamento europeo, il capogruppo David Sassoli.
“Una cosa è mantenere rapporti diplomatici con uno Stato importante per gli equilibri euro mediterranei come la Libia – continua la nota -, altro è trasformare questi rapporti nel circo a cui abbiamo assistito in questi giorni. L’Europa non può venire umiliata né posta sotto ricatto con l’acquiescenza di chi è alla guida di un Paese che è tra i suoi primi fondatori e che dovrebbe esserne una delle colonne portanti. Sarebbe auspicabile che, oggi, il governo smentisse quanto affermato ieri dal leader libico, e cioè di essere sostenitore dell’intimidazione lanciata all’Europa su una questione dirimente come quella dell’immigrazione e dei diritti umani. Sarebbe un atto dovuto alla nostra storia e al ruolo che intendiamo giocare nel futuro dell’Europa”.

Ivana Giannone

www.partitodemocratico.it

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Gheddafi, le critiche dei cattolici: “Una messa in scena incresciosa”
L’Avvenire: show è boomerang. L’Unione europea: no comment
La visita del leader libico Gheddafi a Roma, con i suoi show e le sue “provocazioni” su un futuro musulmano per l’Europa, lascia l’amaro in bocca al mondo cattolico. Un’ «incresciosa messa in scena», o «forse solo un boomerang», la definisce Avvenire, quotidiano dei vescovi.

«Certamente è stata una lezione, magari pure per i suonatori professionisti di allarmi sulla laicità insidiata», scrive oggi il direttore Marco Tarquinio in un editoriale. Il giornale della Cei mette l’accento sui «momenti incresciosi e urtanti» quali l’incontro per «una sessione di propaganda islamica (a sfondo addirittura europeo) tra il leader libico e hostess appositamente reclutate». Tarquinio si chiede come Gheddafi – nella «tollerante e pluralista Italia» dalle «profonde e vive radici cristiane» e al tempo stesso capace di «una positiva laicità» – abbia potuto «fare deliberato spettacolo di proselitismo». «Non sapremmo dire – aggiunge – in quanti altri paesi tutto questo avrebbe avuto luogo o, in ogni caso, avrebbe avuto spropositata (e stolida) eco». «Probabilmente è stato un boomerang, una dimostrazione di quanto possano confondersi persino in certo islam giudicato non (più) estremista piano politico e piano religioso», conclude.

Le voci del malessere della Chiesa di fronte alle sortite di Gheddafi, comunque, sono diverse. Se il segretario di Propaganda Fide, Robert Sarah, parla in un’intervista a Repubblica di «una provocazione poco seria, irrispettosa verso il Papa e l’Italia», don Andrea Pacini, consultore della Commissione per i Rapporti con i musulmani presso il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, dice alla Radio Vaticana che quella del leader libico Muammar Gheddafi sul futuro musulmano dell’Europa è una «boutade» che «vuol essere un modo per confermarsi o cercare di vedere confermato un proprio ruolo di leadership anche all’interno del mondo musulmano, che è molto variegato». Per il padre gesuita Samir Khalil Samir, di origini egiziane, islamologo di fama internazionale, però, quello che ha detto Gheddafi «va preso terribilmente sul serio». Quella sull’islamizzazione dell’Europa è «una previsione non certo campata in aria. Ed io starei attento a liquidarla come una boutade di poco conto», dice all’Avvenire, invitando a «guardare ai fatti» e cioè al tasso di natalità degli europei che è «la metà di quello degli immigrati di provenienza extracomunitaria, in gran parte musulmani».

Nessun commento su questi aspetti viene invece stasera dall’Osservatore Romano, che si limita a una sobria cronaca della celebrazione italo-libica «tra immigrazione e finanza». E proprio sul tema dell’immigrazione, in rapporto alla difesa dei diritti umani, si sofferma il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, che era invitato al ricevimento di ieri sera ma poi non è riuscito ad aver un colloquio con Gheddafi. «Speravo di potere aprire qualche piccola finestra almeno sul fronte umanitario. Ma non sono riuscito ad avvicinare il colonnello», dice in un’intervista a Famiglia Cristiana. «Volevo chiedere che fine hanno fatto molte persone respinte, anche se non si deve dimenticare che la politica dei respingimenti è una decisione italiana». Mogavero, molto critico sull’accordo Italia-Libia, spiega che «sull’immigrazione serve una strategia comune dell’Unione Europea che per ora non c’è. E non si può affidare il presidio dell’intero fronte africano ad un solo Paese e sulla base di accordi bilaterali che prevedono, in cambio, contratti di carattere economico a vantaggio della Libia e dei nostri imprenditori». Per il vescovo, «è un errore affrontare in questo modo il problema dell’immigrazione. Non verrà mai fermata finchè esistono situazioni di conflitto e di povertà. Dunque va governata – conclude – e non lo si fa con i respingimenti».

Le “minacce” di Gheddafi su un’Europa «nera» invasa dagli immigrati incassano solamente un “no comment” da parte di Bruxelles. Ma al di là dell’esosissima richiesta del colonnello di 5 miliardi all’anno per contrastare l’avanzata di milioni di disperati, l’appello per un maggior coinvolgimento dell’Ue raccoglie il sostanziale appoggio del ministro degli Esteri Franco Frattini e un’apertura tutt’altro che scontata anche da Parigi. La convinzione che l’Europa debba finalmente dotarsi di una «politica migratoria comune», aiutando i Paesi di transito «a far fronte a un peso enorme», traspare anche dalle parole di oggi del titolare della Farnesina, secondo cui «Gheddafi ha fatto un ragionamento che hanno fatto tutti gli altri leader nordafricani: noi non vogliamo e non possiamo essere i guardiani d’Europa». Soprattutto senza contropartite. Tanto è vero che neanche da Parigi arrivano chiusure e condanne, bensì la sollecitazione del Quai d’Orsay a chiudere «rapidamente» l’accordo tra Europa e Libia: novembre, quando Ue e Unione Africana si riuniranno guarda caso ancora a Sirte (città natale del colonnello) potrebbe essere il momento buono.

La Stampa 01.09.10