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«Attenti agli strappi del premier, la nostra sarà la piazza della democrazia», intervista a Pier Luigi Bersani di Giovanni M. Bellu

Segretario Bersani, manca una settimana alla manifestazione del Pd e dieci giorni al voto di fiducia. E uno dei coordinatori del Pdl ha appena offeso il Quirinale. Si respira un’aria brutta. Ci dica: secondo lei ci sono pericoli per la tenuta democratica?
“Siamo sicuramente a un passaggio crucialissimo. Man mano che si avvicinano momenti critici per lui Berlusconi è sempre più pericoloso. Fasi come questa, quando c’è il tramonto ma ancora non si vede l’alba, sono fasi nelle quali la nostra democrazia può subire degli strappi. Si, l’uscita di Verdini è stata vergognosa, ma fa parte di un già sentito. È l’idea che la Costituzione sia un orpello e che chiunque non faccia quel che Berlusconi vuole sia un traditore, un eversore. È un’idea pericolosa che Berlusconi cerca di far entrare nel senso comune. Come l’idea del tradimento e del ribaltone. Aveva una maggioranza mai vista, aveva tutto, e alla fine si è ribaltato da solo”.

Ieri ha ripetuto che la caduta del suo governo sarebbe un colpo mortale alla stabilità economica.
“Ma se sono cinque mesi che la maggioranza di governo è in crisi! Cosa è questo se non instabilità? Simili argomenti appartengono a un meccanismo sottilmente anticostituzionale e violentemente vittimistico che va contrastato con tutta la forza che abbiamo. Ed è una forza che non va assolutamente sottovalutata”.

La manifestazione dell’11dunque non è solo “di protesta e di proposta” ma, come accadeva qualche anno fa, è un modo per dire: attenti, ci siamo, siamo tanti. Insomma, rientra nall antica categoria della “vigilanza democratica”?
“Sicuramente c’è questo elemento. E ce ne sono altri. C’è un partito saldamente democratico che va in piazza per dire che noi abbiamo la Costituzione più bella del mondo e che va rispettata. E che dice con forza: liberiamoci, facciamo un passo avanti in una direzione nuova, presentiamo il nostro progetto, diciamo le nostre idee per il paese. Con in più un messaggio che deve arrivare ai nostri: due anni fa il centro-destra aveva tutto in mano e l’opposizione era in una condizione difficilissima, inedita: perdita di voce, rischio di diventare il luogo rabbioso di tutte le frustrazioni… Bene, noi in questi due anni difficili abbiamo visto la crisi per primi e abbiamo lavorato perché si comprendesse la distanza tra politiche del governo e situazione economica e sociale. Ci siamo inseriti intelligentemente dentro le contraddizioni che si aprivano nel centrodestra. E, infine, abbiamo condotto le cose in modo da realizzare al momento giusto un’operazione di chiarezza politica: la mozione di sfiducia. Ripeto: nel giorno giusto, e non tutti i giorni come voleva qualcuno. Questo l’abbiamo fatto noi e – tengo a dirlo – se non ci viene riconosciuto è perché, purtroppo, a volte non ce lo riconosciamo tra di noi”.

Cosa accadrà il 14 dicembre?
“Qualunque cosa accada, dopo quel giorno combatteremo da una posizione più avanzata. È un punto molto importante da tener presente. Se pensassimo che basta un giorno, il voto di un giorno, per chiudere con Berlusconi e col berlusconismo, non avremmo capito nulla degli ultimi quindici anni. Abbiamo davanti un cammino e, dopo il 14, saremo comunque più avanti nella strada verso l’alternativa”.

Ieri Clcchitto ha aperto alla possibilità di una riforma del Porcellum. Queste aperture improvvise rafforzano il dubbio che si stia lavorando all’ipotesi di un nuovo governo di centrodestra magari allargato….
“Si sentono voci di questo genere. Il punto di fondo è che questa crisi riguarda il rapporto del governo con la società, lo scollamento del governo dai problemi reali. Proprio per questo credo, e non temo di sbagliarmi, che la risposta a un problema così di fondo non possa venire dal perimetro del centrodestra, anche correggendone un po’ i confini. Se poi ci fossero operazioni delimitate o caratterizzate nell’ambito del centrodestra sapremmo fare l’opposizione in un quadro mutato, tenendo conto del fatto che in questo momento l’opzione numero uno è che Berlusconi se ne vada. Siccome non lo vedo molto propenso a questo passaggio, mi pare che tutte queste soluzioni che si ipotizzano nell’ambito del centrodestra siano tutte piuttosto complicate”.

Lei da tempo ha parlato, nei caso in cui il governo tecnico si rivelasse non praticabile, di una ipotesi b: un’alleanza tra forze che “in un contesto normale” non potrebbero stare assieme. Ma questa alleanza la vede come un patto di legislatura o come qualcosa di più limitato nel tempo?
“Mi rifiuto di considerare ipotesi b. Andare a votare sarebbe un disastro. Ma, se parliamo di politica, dico che ho in testa una fase che ci metta in condizioni di preparare l’alternativa. Noi abbiamo da rafforzare e ristrutturare il campo del centrosinistra, dargli unità, perché ora appare francamente dissociato, dargli un profilo di governo. Ed è questo il ruolo del Pd. Perché vorrei che fosse chiaro un punto: senza il Pd non si manda a casa Berlusconi, né si può fare un governo di transizione che sia un passo verso una strada nuova. Senza il Pd non si può fare l’alternativa. Cominciamo a convincercene noi e se ne convincano anche gli amici o i pseudoamici: il Pd è il perno di questa responsabilità. Ancora abbiamo cose da aggiustare, le aggiusteremo. Ma bisogna che sentiamo questa responsabilità … ”

A proposito di cose da aggiustare, come è possibile che alle primarie in una città, pario di Torino, ma prima c’era stata Milano, si candidino più candidati del Pd col risultato di far vincere un candidato esterno o comunque di mettere in altre mani la scelta del candidato espresso dal partito?
“Ogni giorno ha la sua pena e quindi preferisco non aprire ora una discussione sul tema. Mi rifaccio a ciò che dissi: questo delle primarie è un meccanismo che se non gli diamo una manutenzione rischia di essere delegittimato e di creare delle disfunzionalità enormi. Quella che ha citato è una, ma ce ne sono anche altre. Dobbiamo chiarire se le primarie siano, come dire, un “diritto esigibile” dentro e fuori il partito o se siano un meccanismo di partecipazione, uno strumento possibile a seguito di decisioni politiche e di regole che garantiscano la soggettività del partito. Questo è il nodo e nei tempi e nei modi giusti dovremo scioglierlo”.

Su l’Unità da tempo abbiamo lanciato un appello per le primarie nelle circoscrizioni, per scegliere i candidati del Pd in presenza del Porcellum.
“Ribadisco che non esistono piani b, che non si può parlare di elezioni con questo modello elettorale. Ma raccolgo il vostro appello. Se vogliamo ragionare in astratto, nell’ ipotesi che si arrivi a votare con un meccanismo assurdo dovremmo trovare al nostro interno dei meccanismi di partecipazione che consentano di esprimere candidature che abbiano intanto il consenso nel partito e non siamo a comando mio o di chiunque altro. Ma non dimentichiamo la questione principale, che è l’eliminazione del Porcellum. Detto questo certamente non faremo le candidature nelle segrete stanze”.

Il rapporto del Censis descrive un paese depresso, scoraggiato. Può un governo di transizione affrontare questa complessità?
“La deve affrontare. Sono reduce da Varsavia dove si è svolto l’incontro tra i partiti progressisti europei. Tutta l’Europa non parla d’altro che delle turbolenze, per usare un eufemismo, di tipo finanziario e soprattutto di come fare a rientrare dal debito senza massacrare le prospettive dell’occupazione. E l’Italia è dal punto di vista dell’economia reale in guai più seri di altri. Siamo al 118 nel rapporto debito/Pil e viaggiamo verso il 120. Oltre alla legge elettorale, dobbiamo mettere mano ad alcune questioni. Come l’emergenza relativa alla finanza pubblica, al lavoro per i giovani e almeno a uno stralcio di riforma fiscale. Che è un’altra emergenza”.

Quanto tempo occorre?
“Tempi, modi e forme li discuteremo ascoltando la voce del Quirinale, verso il quale è il momento di avere un rispetto ancora più assoluto. Dal punto di vista nostro posso dire solo che il governo deve avere il tempo di fare queste tre o quattro cose e mettere gli schieramenti nelle condizioni di presentare delle alternative nuove… Guardi che se ci ritrovassimo ancora una volta a votare su Berlusconi si o Berlusconi no resteremmo fermi ai quindici anni che abbiamo alle spalle. Perderemmo un altro giro, sarebbe un disastro… Non è più solo in gioco il berlusconismo ma un meccanismo che Berlusconi ha introdotto e interpretato di personalizzazione della politica e di questa nostra democrazia che, come il Censis dice, è al tramonto nella coscienza della gente…”

C’è da immaginare che questi aspetti del rapporto Censis le abbiano fatto particolarmente piacere. Penso alla sua decisione di non comparire col suo nome nel simbolo…
“E lo confermo assolutamente. Capitasse a ime, piuttosto sto a casa ma il nome nel simbolo no. Non vorrei che, mentre il centrodestra si convince via via che il meccanismo del ghe pensi mi non funziona, prendessimo quella malattia e provassimo noi a giocare quella carta. Una carta che non c’è più. Dobbiamo ricominciare dalle riforme, anche quelle difficili, e da una politica sobria, onesta, perfino “modesta” che incroci un’esigenza di pulizia e di semplicità. È questo che il Paese vuole e, se non ce ne accorgiamo per tempo, rischiamo anche noi”

L’Unità 05.12.10