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La Walkiria scuote Milano «No ai tagli, salviamo la cultura», di Rinaldo Gianola

La cultura non si mangia e con la Divina Commedia non ci si riempie la pancia, ci ammonisce severamente il ministro Giulio Tremonti. Però, come diceva il vecchio Lawrence Ferlinghetti, l’arte ha un «potere eversivo » che a volte scuote persino animi e platee assopite, più abituate all’happy hour e al circolo del bridge che non a pronunciamenti giacobini.

Fuoco, fiamme, lapilli e lava, la Walkiria di Richard Wagner ha scaldato i cuori della Scala, nella tradizionale «prima» di sant’Ambrogio, ma molto di più ha fatto il maestro Daniel Barenboim quando alle ore 17 in punto, vestito tutto di nero, in un look assai esistenzialista, è apparso solo sul palco, in un cono di luce. Poche parole, un appello per salvare la cultura, per evitare i tagli imposti dal governo. Un intervento breve chiuso ricordando l’articolo 9 della Costituzione che impegna la Repubblica a promuovere la cultura, la ricerca scientifica, a tutelare il patrimonio artistico.

Un forte applauso e poi è partito l’Inno nazionale Fratelli d’Italia con il presidente Giorgio Napolitano,il più acclamato della serata dentro e fuori il teatro, in piedi sul palco reale accanto al sindaco Letizia Moratti che si è portata il marito petroliere Gian Marco, generoso finanziatore della sua prossima campagna elettorale.

UN MESSAGGIO FORTE
Come spesso è accaduto nella storia della Scala anche questa «prima» è stata l’occasione per comunicare all’opinione pubblica, ai cittadini, alle istituzioniun messaggio che travalica il grande appuntamento musicale. La Walkiria ha veicolato la protesta e la preoccupazione di attori, cantanti, musicisti, teatri e collettivi artistici, degli studenti di Brera che si sono ritrovati in piazza della Scala assieme agli immigrati della ciminiera di via Imbonati, ai lavoratori precari, a rappresentare un bel pezzo d’Italia per nulla garantita ma poco disposta ad abbassare la testa.

Il messaggio di Barenboim è arrivato subito a segno, ha colpito in platea e fuori, nei palazzi del potere. Tutto il mondo berlusconiano, nei saloni del Piermarini, si è premurato di esprimere una critica elegante ma esplicita alla riduzione delle risorse per la cultura. Il sindaco Moratti chiede un ripensamento, Bruno Ermolli, consulente della Fininvest e selezionatore di uomini per conto di Berlusconi, invita Bondi a non tagliare i fondi alla Scala. Già, e il ministro dov’è finito?

BONDI, DOV’È BONDI?
Bondi, attaccato da tutte le parti, è comprensibilmente a disagio, non si fa vedere a Milano, forse teme contestazioni. Il ministro, però, fa sapere di esser rimasto a Roma per votare la finanziaria come deve comportarsi un vero fedelissimo della maggioranza. Ma, allora, cosa ci fanno a teatro il ministro Paolo Romani e la sua collega di governo Michela Brambilla che arriva in colpevole ritardo insieme alla esuberante soubrette Valeria Marini («La Walkiria in tedesco? – sospira – Sì me l’hanno detto, mi sono fatta spiegare la storia, però »)?

Il sovrintendente Stephane Lissner commenta amaro: «Bondi? Avrà altro da fare». Poi precisa di non voler far polemiche,ma intanto si sono già mossi i vari Quagliarello, Gasparri e il leggendario Capezzone a difesa del maltrattato ministro. Le cinque ore della Walchiria scorrono via con qualche sofferenza per i neofiti, e l’amminstratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, il main sponsor del teatro, si è arrabbiato per la lunghezza e il testo in tedesco, poco adatto ad ospitare principi, emiri e odalische del petrolio. Ma, per l’anno prossimo, per le celebrazioni dell’unità d’Italia un bel Verdi o un Rossini non ce li toglie nessuno.

La serata si chiude con Napolitano che incontra una delegazione di lavoratori del teatro e poi, dopo applausi e fiori, tutti a mangiare il risottino. A pensarci bene, quest’anno il Sant’Ambrogio non è andato male. Il comune ha assegnato l’Ambrogino, tra gli altri, a chi si impegna nella solidarietà con i rom e a Maria Sciancati, leader della Fiom di Milano, che ha dedicato il riconoscimento «alle lavoratrici e ai lavoratori metalmeccanici». Poi Albertini ha detto che si ricandida, creando il panico nel centrodestra. E, infine, i proletari del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo guardano la città dall’alto del nuovo museo del Novecento. Chissà se Milano sta cambiando stagione?

L’Unità 08.12.10