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«Riforma Gelmini? Ddl senza democrazia», di Roberto Ciccarelli

I rettori di Sassari e Pisa raccontano le divisioni nella Crui. Dopo essere stata costretta a legare il destino della riforma Gelmini a quello del governo, la maggioranza non perde giorno per ricattare l’università. Se per il ministro dell’istruzione la rottamazione della riforma equivale al blocco dei concorsi (per evitare il quale basterebbe prorogare l’apposito regolamento nel Milleproroghe), per Gaetano Quagliarello (Pdl) la non scontata fiducia al governo permetterà l’approvazione del Disegno di legge già nella serata di martedì 14, «per non cedere alle proteste». «Non capisco se quella del senatore Quagliarello – afferma Attilio Mastino, rettore dell’università di Sassari – è una minaccia oppure un auspicio. Mi ricorda l’atteggiamento di chi toglie il pallone ai bambini perché sta perdendo la partita. Davanti a simili dichiarazioni, vorrei capire se il ministro Gelmini sta lavorando a favore o contro l’università».
Ad una settimana dal dies irae, gli atenei continuano a subire un altro ricatto, quello del ministro dell’Economia Tremonti: se la riforma non passa, il fondo ordinario di finanziamento (Ffo) non verrà erogato. «Quando il Disegno di legge Gelmini è stato approvato in prima lettura al Senato ci era stato chiesto di ingoiarlo per ottenere le risorse – conferma il rettore di Sassari – Alla fine le risorse sono arrivate solo in parte nella legge di stabilità.Gli 800 milioni dell’Ffo sono stati ripristinati, ma resta il taglio di 1,3 miliardi, senza contare che l’università italiana è sottofinanziata rispetto a quelle europee. Il malcontento che sta esplodendo è dovuto al rischio che l’anno prossimo quasi tutti gli atenei supereranno il rapporto del 90 per cento tra assegni fissi e Ffo. Questa situazione blocca il turn over. Superato questo tetto non avremo la possibilità di assumere nessuno per un anno».
A complicare una situazione emergenziale è la mancanza di prospettive sul finanziamento. «A 20 giorni dalla chiusura del nostro anno finanziario – afferma Massimo Augello, rettore dell’università di Pisa – non solo non conosciamo l’ammontare del fondo per il 2011, ma ignoriamo anche quello del 2010. E’ un fatto unico al mondo. Quale azienda potrebbe lavorare senza conoscere le risorse a disposizione? C’è una contraddizione di fondo tra la richiesta di governare l’università come azienda, e il negarci la possibilità di farlo». Questo cortocircuito rischia di danneggiare atenei virtuosi come quello di Sassari e di Pisa (che chiuderà in avanzo il proprio bilancio), negando ogni possibilità di programmazione a breve e medio termine.
Quello che la riforma Gelmini sta preparando «è uno scenario in cui il precariato viene esteso all’infinito» ribadisce il rettore di Sassari. Per i precari la riforma prevede un’abilitazione nazionale, un concorso locale, per un’attesa di almeno 8 anni. A questo si aggiunge l’obbligo che vale per il 2010, e forse anche per il 2011, di assumere il 60 per cento dei punti organico, cioè l’80-90 per cento dei posti per i ricercatori, lasciando solo il 10 per gli ordinari e il resto per gli associati e il personale tecnico-amministrativo. Dato che un punto organico corrisponde ad un posto da professore ordinario e un posto da ricercatore vale 0,50, gli atenei virtuosi che non superano il tetto del 90 per cento delle spese dovranno assumere 12 ricercatori contro un solo ordinario. Una proporzione che non potrà essere mantenuta perché il Ddl impedisce di assumere ricercatori a tempo indeterminato, ma solo quelli a contratto. Le uniche risorse previste (ma non ancora certe) sono quelle per i famigerati 1500 posti da professori associati da bandire in tre anni e riservati agli attuali ricercatori. Il risultato prevedibile sarà quello di un caos amministrativo che bloccherà la selezione dei nuovi docenti nei prossimi anni.
Ma non basta ancora. C’è la fuga dei docenti provocata dai tagli sulla buonauscita voluti da Tremonti. Solo a Sassari, il 10 per cento del personale ha chiesto il pensionamento anticipato. I docenti non potranno essere sostituiti perché – precisa il rettore Attilio Mastino – «i punti organico vengono riassegnati con un ritardo di 2 anni, noi possiamo coprire solo la metà dei posti scoperti, mentre le norme per gli eventuali concorsi solo Dio le conosce».
In questo marasma, l’atteggiamento del governo ha prodotto un’inedita frizione all’interno della Conferenza dei rettori. È ormai noto che, nella seduta del 25 novembre, l’associazione dei rettori si è spaccata sulla linea del presidente Enrico Decleva. I rettori di Pisa e Sassari, di Cagliari, Udine. Trieste e Foggia, insieme ad altri 15, gli hanno chiesto di non esprimere un appoggio incondizionato al Ddl per conto della Crui.
I rettori si trovano così tra due fuochi. «Da un lato – spiega Attilio Mastino – c’è il ministro Tremonti che accusa Decleva di rappresentare una nomenklatura sovietica, dall’altro lato c’è lo scontento dei ricercatori che si oppongono al modo in cui si è mossa la Crui rispetto al Ddl». «La cosa inaccettabile è lo spirito centralistico e verticista del provvedimento – continua ancora Mastino – Ai rettori di prima nomina viene riservata la possibilità di prolungare il loro mandato di due anni, mentre vengono eliminate le facoltà che sono la camera di compensazione dove i presidi possono essere condizionati. Nella riforma non c’è più questo elemento di democrazia».
«Lo scarso interesse della politica per l’università non è una novità – conclude il rettore Augello – ma oggi è diverso. Il nostro è un paese troppo ripiegato sul quotidiano per potere guardare al futuro».

Il Manifesto 07.12.10