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"Nella scuola pubblica si impara di più L'Italia in basso per colpa delle private", di Salvo Intravaia

La lettura approfondita dei dati resi noti qualche giorno fa dimostra che senza le paritarie il nostro Paese scalerebbe le tre classifiche (Lettura, Matematica e Scienze) anche di dieci posizioni. La scuola pubblica italiana sta meglio di quello che sembra, basta leggere correttamente i dati. Sono le private la vera zavorra del sistema. Almeno stando agli ultimi dati dell’indagine Ocse-Pisa 1 sulle competenze in Lettura, Matematica e Scienze dei quindicenni di mezzo mondo. Insomma: a fare precipitare gli studenti italiani in fondo alle classifiche internazionali sono proprio gli istituti non statali. Senza il loro “contributo”, la scuola italiana scalerebbe le tre classifiche Ocse anche di dieci posizioni. La notizia arriva nel bel mezzo del dibattito sui tagli all’istruzione pubblica e sui finanziamenti alle paritarie, mantenuti anche dall’ultima legge di stabilità, che hanno fatto esplodere la protesta studentesca.

“Nonostante i 44 miliardi spesi ogni anno per la scuola statale i risultati sono scadenti. Meglio quindi tagliare ed eliminare gli sprechi”, è stato il leitmotiv del governo sull’istruzione negli ultimi due anni. E giù con 133 mila posti e otto miliardi di tagli in tre anni. Mentre alle paritarie i finanziamenti statali sono rimasti intonsi. Ed è proprio questo il punto: le scuole private italiane che ricevono copiosi finanziamenti da parte dello Stato fanno registrare performance addirittura da terzo mondo. I dati Ocse non lasciano spazio a dubbi. Numeri che calano come una mazzata sulle richieste avanzate negli ultimi mesi dalle associazioni di scuole non statali e da una certa parte politica. Questi ultimi rivendicano
la possibilità di una scelta realmente paritaria tra pubblico e privato nel Belpaese. In altri termini: più soldi alle paritarie.

Un mese fa, nel corso della presentazione del XII rapporto sulla scuola cattolica, la Conferenza episcopale italiana ha detto a chiare lettere che in Italia manca una “cultura della parità intesa come possibilità di offrire alla famiglia un’effettiva scelta tra scuole di diversa impostazione ideale”. Il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, ha anche sottolineato come, da un punto di vista economico, “la presenza delle scuole paritarie faccia risparmiare allo Stato italiano ogni anno cinque miliardi e mezzo di euro, a fronte di un contributo dell’amministrazione pubblica di poco più di 500 milioni di euro” e ricorda che “in Europa la libertà effettiva di educazione costituisce sostanzialmente la regola”. Sì, ma con quali risultati?

Il quadro delineato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico attraverso l’indagine Pisa (Programme for International Student Assessment) è impietoso. Il punteggio medio conseguito dai quindicenni italiani delle scuole pubbliche in Lettura e comprensione dei testi scritti è pari alla media Ocse: 489 punti, che piazzano la scuola pubblica italiana al 23° posto. Con le scuole private scivoliamo al 30° posto. Discorso analogo per Matematica e Scienze, dove il gap con la media dei paesi Ocse è di appena 5 punti: 492 per le statali italiane, che ci farebbero risalire fino al 25° posto, e 497 per i paesi Ocse. Mescolando i dati con quelli degli studenti che siedono tra i banchi delle private siamo costretti ad accontentarci in Scienze di un assai meno lusinghiero 35° posto.

Ma c’è di più: la scuola pubblica italiana, rispetto al ranking 2006, recupera 20 punti in Lettura, 16 in Scienze e addirittura 24 in Matematica. Le private, nonostante i finanziamenti, invece crollano. L’Ocse, tra gli istituti privati, distingue quelli che “ricevono meno del 50 per cento del loro finanziamento di base (quelli che supportano i servizi d’istruzione di base dell’istituto) dalle agenzie governative” e quelli che ricevono più del 50 per cento. E sono proprio i quindicenni di questi ultimi istituti che fanno registrare performance imbarazzanti: 403 punti in Lettura, contro una media Ocse di 493 punti, che li colloca tra i coetanei montenegrini e quelli tunisini.

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