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"La giustizia come piace a lui: punire i pubblici ministeri", di Clauda Fusani

Oggi il Consiglio dei Ministri approva 16 articoli che fanno piazza pulita dell’equilibrio fra i tre poteri dello Stato. Una riforma «epocale», come dice il Cavaliere. Con i pm che rischiano di tasca propria. Sedici articoli che rivoluzionano l’assetto dello Stato. Che buttano all’aria quel perfetto bilanciamento tra i tre poteri studiato parola dopo parola nei 137 articoli della Costituzione. «Sarà una riforma epocale»: per una volta ha ragione il presidente del Consiglio. Quella che viene approvata stamani dal Consiglio dei ministri è qualcosa di «epocale» sul fronte della giustizia ma che, ancora una volta, nulla fa per risolvere il vero problema: la lentezza della giustizia. Il succo dei sedici articoli che intervengono sul titolo IV della Carta e, dal 101 al 113 è che i pubblici ministeri, quella parte della magistratura che fa le indagini ed è la pubblica accusa nei processi, viene declassata a «ufficio» con scarsi poteri di indagine e se sbaglia, deve anche pagare di tasca propria. E’ la «punizione» invocata dal premier all’indomani del rinvio a giudizio per il caso Ruby. La bozza finale del ddl di riforma costituzionale è stata vista ieri intorno all’ora di pranzo dal premier Berlusconi, nel pomeriggio è stata illustrata al Presidente della Repubblica e in serata allo stato maggiore del pdl a palazzo Grazioli. Nonostante questo il Guardasigilli ieri sera ha voluto ancora ripetere: «Il testo? lo scriviamo domani».
I CSM DIVENTANO DUE
Uno per i giudici e uno per i pm ed entrambi saranno presieduti dal Capo dello Stato. Cade quindi l’ipotesi che a capo del Csm dei pm vada il Procuratore generale della Cassazione eletto dal Parlamento in seduta comune su indicazione del Csm.
E CAMBIA LA COMPOSIZIONE
Nel Csm dei giudici ci sarà di diritto il primo presidente della Corte di Cassazione. Gli altri componenti saranno per il 50% scelti dai giudici tramite sorteggio degli eleggibili (un modo per ridurre il potere delle correnti della magistratura); per l’altra metà dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università di materie giuridiche ed avvocati dopo 15 anni di esercizio. Il vicepresidente del Csm dei giudici sarà scelto tra i componenti laici. Durano in carica 4 anni e non sono rieleggibili. Nel Csm dei pm avrà posto di diritto il procuratore generale della Cassazione. Ancora in forse la composizione: metà esatta tra laici e togati o 1/3 laici e 2/3 togati. I Csm poi (art.105) «non possono adottare atti di indirizzo politico». E’ il bavagli o ai pareri.
L’ALTA CORTE DI GIUSTIZIA
La sezione disciplinare, che dovrà giudicare le toghe, non sarà più una sezione del Csm. Ma un organo a parte. E diviso in due, uno per i giudici e uno per i pm. I componenti di ciascuna sezione saranno al 50%laici e 50% togati. Presidente e vicepresidente saranno eletti dai laici. E’ assicurata «l’autonomia e l’indipendenza della Corte di disciplina» (art.105 bis). Ma il potere sarà in mano alla parte politica delle Corti.
AZIONE PENALE OBBLIGATORIA MA…
Oggi l’articolo 112 della Carta dice: «Il pm ha l’obbligo di esercitare l’azione penale». Quello nuovo invece aggiunge: «… secondo i criteri stabiliti dalla legge». Un legge ordinaria che detterà le priorità. E’ un grosso limite.
IL PM PAGA
«I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti, al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato». L’articolo 113 bis introduce un vecchio cavallo di battaglia di Berlusconi: la responsabilità civile dei magistrati. «Nei casi di ingiusta detenzione la legge regola la responsabilità civile dei magistrati» la quale «si estende allo Stato». Risultato: se il pm sbaglia qualcosa nel suo lavoro, dovrà pagare di tasca sua.
…E NON HA PIÙ LA POLIZIA
Se finora il pm dispone direttamente della pg (art.109), d’ora in poi sarà una legge ordinaria a stabilirne «le forma di utilizzo».

L’Unità 10.03.11

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Frattini, Bonaiuti e Galan: «Le Ruby diventano due», di C.Fu.

Con la riforma l’inchiesta di Milano non sarebbe mai partita. La polizia giudiziaria, infatti, non sarà più a disposizione dei pm. Una cosa è certa: se la riforma fosse già in vigore, l’inchiesta su Ruby e sul presunto giro di prostituzione in quel di
Arcore non sarebbe stata mai fatta. Per un motivo soprattutto: la polizia giudiziaria dipenderà dal politico e non dal pm. Intanto dalle nuove carte depositate nella Giunta per le autorizzazioni della Camera, emergono altre deliziose novità. Una su tutte: le Ruby sono due e una, nota cantante egiziana, è in qualche modo riconducibile «all’entourage dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak». Gli onorevoli avvocati Longo e Ghedini il 3 febbraio hanno interrogato, nel ruolo di testi a difesa del premier imputato, i ministri Frattini, Bonaiuti e Galan. E i loro racconti sembrano un buon alibi per la bugia delle bugie: Berlusconi era veramente convinto che Ruby fosse parente del presidente egiziano. Tanto che gliene ha persino parlato in una cena ufficiale a villa Madama il 19 maggio 2010. Prima, quindi, delle nota serata del 27 maggio quando Ruby minorenne fu portata in questura senza documenti, denunciata per furto e poi liberata, contro la legge, affidandola al consigliere regionale Nicole Minetti. Frattini, quella sera del 19 maggio, sedeva racconta «alla destra del Presidente del Consiglio». Allo stesso tavolo «Galan, il consigliere ministro Archi, Valentini, Bonaiuti e la delegazione egiziana, al centro Mubarak e accanto gli interpreti». Continua Frattini: «Berlusconi sicuramente parlò di Ruby a Mubarak che, dall’espressione, non mi parve avesse realizzato a chi si riferisse il premier. Da altri interventi da parte egiziana emerse che una certa Ruby fosse una cantante egiziana. La conversazione fu un po’ confusa. Berlusconi disse che questa ragazza sarebbe appartenuta ad una cerchia familiare riferibile al presidente Mubarak il quale non comprese troppo bene.
Allora Berlusconi disse: “Ci informeremo meglio”». Più “utile” alla difesa il ministro Galan. «Verso la fine del pranzo Berlusconi parlò a Mubarak di una giovane bella egiziana di nome Ruby che aveva avuto modo di conoscere. Mubarak non focalizzò subito, lui si riferiva ad una nota cantante di nome Ruby. Berlusconi accennò che doveva trattarsi di una parente o comunque di una persona della cerchia presidenziale». Se Bonaiuti resta generico («si parlò di una cantante egiziana e io mi sono ricordato della famosisisma Um Kalsoum»), più preciso è il fedele Valentino Valentini: «A fine cena Berlusconi disse di aver conosciuto una giovane ragazza egiziana di nome Ruby proveniente da una nota famiglia egiziana. Più interlocutori egiziani sono a quel punto intervenuti per dire che Ruby è una famosa cantante egiziana. Ed emerse una familiarità tra questa Ruby e l’entourage di Mubarak». E insomma, in un modo o nell’altro, le Ruby diventano due. Miracoli egiziani. E il Marocco? Pazienza.

L’Unità 10.03.11