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Giustizia: ecco la proposta del partito democratico

Interventi sui tempi dei processi e garanzie. L’indipendenza della magistratura garantita da norme costituzionali ma basata anche su prestigio e autonomia. Il programma fondamentale del Partito Democratico per la Giustizia si chiama Costituzione repubblicana.
La nostra idea di riforme ha come obbiettivo la piena attuazione del modello di giurisdizione e del sistema di garanzie contenuti nella nostra Carta fondamentale. Le nostre proposte riformatrici mirano a realizzare pienamente l’ uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Per questo non possono restare mere disposizioni non solo l’art. 3, ma anche l’insieme delle norme costituzionali che regolano il funzionamento della giustizia: la presunzione di non colpevolezza sino a condanna definitiva, il diritto alla ragionevole durata del processo, il diritto alla difesa garantito anche ai non abbienti, la finalità riabilitativa della pena.

Attuare la Costituzione significa prima di tutto rimuovere le vere emergenze che caratterizzano il servizio giustizia e che impediscono l’esercizio di diritti fondamentali, significa garantire un giusto processo che per tempi e modalità riduca il rischio di discriminazioni originate da differenze sociali, di razza o di sesso, sia per chi è imputato, sia per chi fa valere un suo diritto o è parte offesa o vittima di un reato. Per questo, infine è necessario adeguare l’ordinamento in modo funzionale al pieno perseguimento di questi obbiettivi,anche valorizzando e qualificando l’attività e la professionalità di tutti gli operatori del servizio giustizia.

1. LE EMERGENZE A) La giustizia civile Va affrontata quella vera e propria ipoteca sulla competitività rappresentata dal cattivo funzionamento della giustizia civile, che è causa dell’inadeguata tutela del credito, della difficoltà ad investire nel nostro paese, dell’incertezza dei rapporti tra privati, del protrarsi di conflitti familiari, talvolta drammatici.

Le cause civili attualmente pendenti sono più di 5 milioni (con una crescita media annua del 7,5 per cento).

Per avere giustizia oggi un cittadino attende anche fino a sette anni e mezzo e, una volta giunta la sentenza, questa risulta spesso priva di qualsiasi effetto positivo per chi intendeva far valere un proprio diritto.

B) L’organizzazione L’efficienza del sistema giudiziario presuppone necessariamente un’efficace distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari e l’adeguatezza della loro struttura dimensionale. Per questo la revisione della geografia giudiziaria da un lato e delle dimensioni degli uffici giudiziari dall’altro, rappresenta una priorità da perseguire. Allo stesso tempo si dovrà procedere verso l’incremento delle risorse strumentali e umane, attualmente del tutto insufficienti e sproporzionate rispetto ai carichi di lavoro degli uffici, e verso la completa ed effettiva informatizzazione (e telematizzazione) del procedimento. E’ necessario incentivare la gestione manageriale degli Uffici giudiziari, anche affiancando al magistrato dirigente giudiziario la figura del manager dell’Ufficio Giudiziario, con autonome e precise responsabilità.

C) Il carcere La situazione nelle carceri italiane è drammatica per il sovraffollamento, per la carenza di personale di sorveglianza e per l’insufficienza di personale. Questa situazione porta al numero incredibile di suicidi e vanifica completamente la previsione costituzionale della finalità rieducativa della pena. E’ necessario ampliare la tipologia delle misure alternative alla pena detentiva in favore di quelle volti al reinserimento sociale. Per fare ciò non si può prescindere dall’adeguare le piante organiche riferite al personale di Polizia penitenziaria e alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi. Crediamo debbano essere riviste anche le norme sulla custodia precautelare e sulla custodia cautelare in carcere limitandola a criteri più stringenti per il suo utilizzo, anche al fine di eliminare quei meccanismi che concorrono al sovraffollamento con detenzioni in attesa di giudizio. Per garantire il rispetto della dignità dei detenuti proponiamo l’istituzione a livello nazionale del Garante dei diritti dei detenuti. Infine, chiediamo l’introduzione del reato di tortura nel codice penale.

2. I TEMPI DEL PROCESSO PENALE E LE GARANZIE Garantire una giustizia efficiente ed equa al servizio dei cittadini significa intervenire sui tempi della giustizia.

Per questo proponiamo di modificare alcuni aspetti del processo penale che si presentano come non funzionali e farraginosi.

A)Semplificazione del regime delle notifiche tenendo conto della recente introduzione delle modalità di notifica tramite posta elettronica certificata. ampliare l’utilizzo della polizia giudiziaria territorialmente competente in sostituzione degli ufficiali giudiziari, nei casi di assoluta urgenza e nei casi di notifica di atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire. L’utilizzo della posta certificata in via ordinaria, consente un evidente risparmio di tempo e di risorse e al tempo stesso evita di dover inutilmente comprimere le garanzie legate all’effettivo esercizio del diritto di difesa.

B)Semplificazione del sistema delle nullità processuali. Prevedere uno sbarramento generalizzato per la loro proposizione.

C) Modificazione del regime della contumacia I processi conclusi a carico di imputati di fatto irreperibili, dichiarati contumaci, rischiano di essere processi che rimangono sulla carta, mentre qualora l’imputato venga successivamente reperito il processo deve essere quasi sempre celebrato di nuovo. Sospendere il processo (e il corso della prescrizione) una volta accertata l’irreperibilità di fatto è una misura utile per razionalizzare e ridurre il carico dei procedimenti.

D) Riordino della disciplina dell’udienza preliminare Riformare la disciplina dell’udienza preliminare in modo da sfruttare appieno la sua potenzialità quale momento di preparazione del futuro giudizio.

E) Rivisitazione del sistema delle impugnazioni. Riduzione dei casi di ammissibilità e proponibilità del ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. Alcune attribuzioni della Corte di Cassazione, quale giudice dell’impugnazione su provvedimenti in cui l’esame di legittimità non può essere prevalente, devono essere trasferite alle corti di appello.

F) Riduzione del carico di lavoro che grava sugli uffici inquirenti mediante la diminuzione del cosiddetto “Flusso in entrata”. Per mantenere fermo il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, garanzia di eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, a fronte di un carico di procedimenti penali che non ha pari con gli altri paesi europei con i quali normalmente ci paragoniamo, occorre confrontarsi con soluzioni che mirano a darle la necessaria effettività, introducendo moduli di flessibilità del suo concreto operare. In questo senso vanno quelle proposte che prospettano la richiesta di archiviazione per “Irrilevanza penale del fatto” o “particolare tenuità dell’offesa” allorquando, pur sussistendo astrattamente la fattispecie di reato, il fatto non rivesta in concreto ad una prima delibazione la necessaria offensività per giustificare l’impiego della costosa risorsa del processo.

G) L’obbligatorietà dell’azione penale L’obbligatorietà dell’azione penale va rafforzata, resa effettiva e trasparente per garantire l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Oggi l’elevatissimo numero di procedimenti non consente alle procure di perseguire con la stessa tempistica tutti i fatti penalmente rilevanti. Per questo devono essere individuate delle priorità che non siano rimesse al singolo magistrato ma bensì siano ricondotte al potere generale di programmazione dell’attività dell’ufficio. Per questo sosteniamo i contenuti di una nostra proposta di legge che mira a procedimentalizzare l’esercizio di questo potere, all’individuazione delle scelte di priorità nell’esercizio dell’azione penale secondo un modello partecipato, che tenendo conto delle risorse disponibili preveda il coinvolgimento di una serie di soggetti qualificati sul territorio.

3. L’INDIPENDENZA ED ORGANIZZAZIONE DELL’ORDINE GIUDIZIARIO L’indipendenza e l’autonomia della magistratura, valori qualificanti in quanto garanzia per i cittadini di eguaglianza, non si poggiano soltanto sulla norma costituzionale che le prevede, si fondano anche sul prestigio di cui l’ordine giudiziario gode. Per questo vanno individuate le procedure per l’esercizio dell’autogoverno più idonee a realizzare l’impiego dei magistrati secondo criteri ispirati al merito e alla trasparenza. Negli ultimi decenni il Consiglio Superiore della Magistratura, organo di autogoverno della magistratura ordinaria e garante dell’autonoma e dell’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, è stato più volte oggetto di interventi legislativi l’ultimo dei quali, la legge n. 44 del 2002, è stato certamente quello che ha prodotto gli effetti più negativi. La riduzione del numero dei membri elettivi e la riforma del sistema elettorale della componente togata hanno avuto una non indifferente influenza sull’attività del Consiglio, specie per quella disciplinare. La deleteria logica correntizia nelle decisioni assunte non è stata affatto attenuata né il minor numero dei componenti ha reso più efficace il compito degli eletti.

E’ quindi necessario, dopo l’imminente rinnovo, da realizzarsi, visti i tempi stretti, con la legislazione vigente, un nuovo intervento del Parlamento affinché il CSM possa esprimere con pienezza di poteri il suo ruolo di organo di rilievo costituzionale. Un nuovo sistema elettorale deve avere come obiettivo l’attenuazione dell’influenza delle correnti nelle designazioni dei posti messi a concorso. Egualmente importante è ampliare il numero degli eletti non solo perché i magistrati, togati e non, sono ormai giunti a quasi ventimila, ma soprattutto per rendere più efficace ed utile il lavoro delle commissioni.

In particolare deve essere rafforzata la Sezione disciplinare che ha cognizione dei procedimenti a carico dei magistrati ordinari.

Dopo la riforma dell’ordinamento giudiziario che ha tipizzato le diverse fattispecie di illeciti di natura deontologica e ha riformato le regole del procedimento è assolutamente indispensabile che l’organo con funzioni decisorie abbia una maggiore ampiezza per far fronte a tutti gli esposti che ad esso sono presentati.

L’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati – nel quadro dell’attuale assetto costituzionale e salvo una valutazione più complessiva per la quale si rinvia al lavoro del Forum sulle riforme – deve essere regolato attraverso procedure che garantiscano una più netta separazione, pur sempre in seno al Csm, delle funzioni amministrative da quelle giudicanti. In tal senso è ipotizzabile una sezione separata del Consiglio Superiore per l’esercizio dell’azione disciplinare. La legge 44/2002 ha ridotto il numero dei membri effettivi della sezione disciplinare da 9 a 6 e si è così inevitabilmente attenuata la capacità di controllo del Consiglio sulle condotte deontologicamente scorrette dei magistrati. L’esigenza di rafforzare la sezione disciplinare non risponde solo all’esigenza di rendere più rigoroso e penetrante il controllo sulla professionalità dei magistrati ma è anche lo strumento perché i cittadini tornino ad esprimere il loro apprezzamento per l’affidabilità dell’ordine giudiziario. E’ necessario definire una normativa che affronti il tema dell’incandidabilità dei magistrati nelle istituzioni elettive secondo le recenti indicazioni del Csm in proposito, estendendo alle elezioni regionali ed europee quanto già previsto per le elezioni politiche.

E’ necessario favorire la specializzazione dei magistrati, in particolare nel settore dei diritti fondamentali (famiglie e minori, diritti della persona, libertà personale, espulsioni). Ed in particolare la specializzazione delle sezioni per le tematiche economiche. Occorre avviare una riflessione sulle giurisdizioni contabile e amministrativa, per assicurare maggiore trasparenza nell’operato della Pubblica Amministrazione e maggiori garanzie di tutela dei diritti soggettivi del cittadino e quelli della collettività, nel quadro di un sempre più forte indirizzo all’unitarietà della giurisdizione ed alla valorizzazione delle attività specializzate.

Infine si dovrà porre rimedio alle riforme deleterie del governo in materia di depotenziamento degli strumenti di indagine (intercettazioni), che impediscono un serio contrasto alla lotta alla corruzione e al crimine organizzato, senza tutelare la riservatezza e senza garantire ai cittadini il diritto all’informazione.

Su questi punti intendiamo promuovere il più ampio confronto con tutti gli operatori del diritto, a partire dalla rappresentanza della magistratura, che consenta un adeguato monitoraggio sull’efficacia delle modifiche introdotte recentemente nell’ordinamento.

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