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"Vuole vincere facile, Silvio", di Jolanda Bufalini

La presa di posizione della Agcom risponde a due esposti presentati da tutte le opposizioni nelle scorse settimane, sulla base dei monitoraggi nelle prime tre settimane di campagna elettorale. Vi è un’obiettiva sovraesposizione del presidente del Consiglio, il quale, oltre tutto, è direttamente parte nelle elezioni amministrative in quanto capolista a Milano». L’invadenza televisiva del premier, leader di partito, capolista a Milano è, da ieri, certificata dalla Agenzia per le comunicazioni che, a due settimane dal voto, si è pronunciata sugli squilibri nella informazione politica in regime di par condicio. Il monito riguarda soprattutto il Tg1 e il Tg5, in particolare per quanto riguarda la sfida elettorale a Milano. La presa di posizione della Agcom risponde a due esposti presentati da tutte le opposizioni nelle scorse settimane, sulla base dei monitoraggi nelle prime tre settimane di campagna elettorale, dal 31 marzo al 23 aprile. Soprattutto le giornate dell’11 e del 17 aprile aveva spinto i deputati del Pd Roberto Zaccaria
e Vinicio Peluffo a denunciare «lo stritolamento della par condicio». Il 17 aprile, Silvio Berlusconi era a Milano per sostenere la ricandidatura di Letizia Moratti. Il premier-capolista-leader di partito, sotto la gigantografia del simbolo, del suo nome e di quello della candidata, utilizzò il palco per attaccare i magistrati e Gianfranco Fini. Operazione che ha portato alla saldatura dei tempi che, nella causidica organizzazione della par condicio, vengono definiti «della parola» e «della notizia». Quando si tratta di
Berlusconi le parole sono al tempo nstesso campagna elettorale, espressione del governo e posizione della maggioranza, nonché, ça va sans dire, notizia di cronaca politica. E così la campagna elettorale di Letizia Moratti finisce in apertura del Tg1 dell’ora di pranzo, quando a Silvio Berlusconi sono dedicati 44 secondi di tempo di «parola» e 74 secondi di tempo «di notizia». Nella stessa edizione e con gli stessi criteri Bersani e Letta cumulano 31 secondi. Nella
edizione della sera, a Berlusconi spettano ancora due minuti buoni, mentre per Di Pietro ci sono 15 secondi e 16 secondi vanno a Veltroni.
Gianfranco Fini, principale bersaglio dell’attacco del premier, ha diritto a soli 12 secondi. Tutte le opposizioni hanno avuto meno di Berlusconi da solo. Uno squilibrio che, nella settimana precedente, aveva fatto dire a Pier Ferdinando Casini «l’Autorità per le comunicazioni si svegli, noi facciamo gli esposti ma loro dovrebbero muoversi autonomamente, altrimenti sono inutili». La cosa più eclatante, però, è la scomparsa di Giuliano Pisapia, «in un servizio sulla campagna elettorale a Milano, che mostra e fa parlare il capolista Pdl, la candidata sindaco e non mostra, non fa parlare il principale candidato dell’opposizione».
L’Authority, nel suo comunicato, mette in rilievo lo squilibrio in favore del premier nel «tempo di parola», anche se, dice l’Authority, negli ultimi giorni, si è ridotto. Quanto al «tempo di notizia», fatta salva «la libertà editoriale», «la cronaca politica deve evitare che si determinino posizioni di vantaggio per determinati competitori elettorali».
Ma come? Protestano il direttore del Tg1 Minzolini e quello del Tg5 Mimun, «non era proprio Zaccaria, da presidente Rai, ad aver definito la proporzione 33-33-33 per governo, maggioranza e opposizione? Siamo pienamente dentro queste proporzioni». Solo che Zaccaria mette in evidenza, oltre al danno per Pisapia, almeno un paio di altre questioni:
1) non ci sono solo le forze politichema anche i leader politici rispetto ai quali va fatta rispettare la legge.
2) «è difficile che i servizi di Tg1 e Tg5 (le due principali testate televisive per ascolti) siano critici verso il presidente del Consiglio, io non ne ricordo negli ultimi mesi, se le cose stanno così l’Agcom dovrebbe essere meno formalistica nei suoi giudizi».

Ora la battaglia si sposta sulle sanzioni e sul riequilibrio, per Roberto Zaccaria «il riequilibrio è urgente soprattutto nel caso di Milano» mentre per Pardi (Idv) «senza sanzioni al danno si aggiunge la beffa». Ma dall’interno dell’Agcom si fa sentire il commissario Antonio Martuscello: «Non è emersa nessuna violazione della normativa a carico delle
emittenti». Per questo, sostiene Martuscello «non ci sono state sanzioni» e lui si è astenuto. Dall’Agcom una nota precisa: «Posizione personale, è una posizione personale dell’unico astenuto».

L’Unità 29.04.11