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"Condividere il tesoro dell'innovazione", di Marco Campione

Rinascita-Livi di Milano, Pestalozzi di Firenze e Don Milani di Genova: salva la sperimentazione di Scuola-Laboratorio, ma la vera scommessa è allargare i confini di questo progetto con valenza nazionale. Il ministro Gelmini ha firmato mercoledì scorso il decreto che rinnova la sperimentazione per la Scuola-Laboratorio, la rete di scuole composta da Rinascita-Livi di Milano, don Milani di Genova e Pestalozzi di Firenze.
Molti esponenti del Pd a livello locale e nazionale avevano spinto in quella direzione non solo per salvaguardare un’esperienza importante e significativa, ma anche per la sua valenza nazionale. Peraltro era proprio la valenza nazionale di quel progetto che rendeva incomprensibile il fatto che il ministro temporeggiasse e l’opposizione esplicita di chi ha il compito di dirigere la scuola in Lombardia, il dottor Colosio. Colosio aveva espresso a gran voce e pubblicamente il suo “no”, nonostante anche un pezzo significativo del centrodestra considerasse quell’esperienza importante.
Ora che la sperimentazione può ripartire, per quel che riguarda il futuro resta da fare una considerazione importante. Con i tempi che corrono poter godere di un piccolo contingente di risorse aggiuntive è un privilegio del quale bisogna essere innanzi tutto consapevoli (e so che i lavoratori di quelle tre scuole lo sono profondamente) e di conseguenza bisogna essere responsabili. Essere responsabili significa svolgere una funzione “sociale”, che in questo caso significa mettersi ancor di più in gioco nel rapporto con l’intero sistema di istruzione. Questo è da oggi l’impegno aggiuntivo che verrà richiesto alla Scuola-Laboratorio: ritagliarsi sempre più un ruolo di servizio verso tutte le scuole del loro territorio, mettendo a disposizione di esse i risultati delle loro ricerche, il patrimonio di capacità e competenze di cui dispongono, la spinta innovativa di cui sono portatrici.
Perché questo avvenga molto dipende da chi lavora in quelle scuole, a cominciare dai Dirigenti per arrivare a tutto il personale e anche – perché no – da chi gode del privilegio di mandare il proprio figlio in scuole così. Ma non devono essere lasciati soli. Dovranno essere aiutati dagli enti locali e dalle regioni, ma soprattutto dalle direzioni scolastiche regionali: per quel che riguarda gli USR di Toscana e Liguria non si prevedono problemi, visto che hanno sempre espresso parere favorevole alla sperimentazione. Vedremo quale sarà invece l’atteggiamento dell’USR lombardo, dopo la sconfessione plateale che gli è piovuta addosso dal ministro.
L’auspicio è che possa ricredersi sulla validità del progetto, perché esso è valido e cambiare opinione su questo gli farebbe onore, ma soprattutto per far sì che questo non resti confinato nelle scuole dover viene realizzato. Va da sé che perché questa estensione del modello a tutto il sistema avvenga dovrà cambiare la politica scolastica di questo paese, facendo venir meno così anche la necessità di quel piccolo contingente aggiuntivo di personale, poiché sarà l’intero sistema a funzionare diversamente (formazione iniziale e in servizio adeguate, reclutamento profondamente rinnovato, valutazione…).
Come ho detto, però, questa esperienza può prosperare e germogliare altrove solo con un’impostazione politica e culturale diversa da quella gelminiana; con una diversa politica scolastica quanto qui auspicato potrà avvenire, uscendo definitivamente dalla logica della sperimentazione: servono una forte fiducia nell’autonomia, la scelta definitiva per l’organico funzionale, un modo oculato di investire le risorse in istruzione, dove però entrambi i termini abbiano senso: oculato, ma anche investire. Per tutto questo dovremo aspettare che cambino gli inquilini di Palazzo Chigi e Viale Trastevere. Non manca molto, ormai.

*Responsabile regionale Scuola del PD Lombardia

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