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"Ma quale Stato sociale. In tre anni i principali capi di spesa del welfare tagliati del 78 per cento", di Salvatore Cannavò

“Non abbiamo messo le mani in tasca agli italiani”, ha sempre detto Silvio Berlusconi. “Non è assolutamente vero”, dice invece il “Rapporto sui diritti globali”, presentato ieri mattina dalla Cgil e redatto assieme a un nutrito gruppo di associazioni come Arci, Gruppo Abele, Legambiente, ActionAid e altre. In tre anni i dieci principali ambiti di spesa pubblica sociale hanno avuto tagli complessivi del 78,7 per cento, passando da 2.5 miliardi di euro del 2008 ai 538 milioni del 2011. Il Fondo per le politiche sociali tra il 2009 e il 2010 è passato da 435 a 380 milioni. E perderà ancora perché il suo ammontare è previsto in 44 milioni nel 2013. Il governo più amato dal Vaticano, per fare ancora un altro esempio, ha ridotto il Fondo per la famiglia dai 346,5 milioni del 2008 ai 185,3 milioni del 2010.
IL FONDO per l’inclusione sociale degli immigrati, varato nel 2007 dal governo Prodi, è semplicemente sparito. Così come non sono stati più finanziati gli interventi straordinari per i servizi socioeducativi per la prima infanzia: avevano avuto 446 milioni nel triennio 2007-2009 ma dal 2010 non ci sono più. I non autosufficienti, infine, che avevano il Fondo nel 2007, finanziato con 300 milioni nel 2008 e 400 milioni nel 2009, non lo trovano più. Tagli drastici anche per il Fondo di sostegno all’affitto: attivo dal 1998 e amministrato dai Comuni, ha avuto un taglio del 70% tra il 2001 e il 2010 e nel 2011 è stato ridotto a 33 milioni. Gran parte di questi tagli sono passati tramite i Comuni e le Regioni e forse questo c’entra con la sconfitta alle ultime amministrative. Le manovre finanziarie di 14,3 miliardi per il 2011 e 25 del 2012 saranno pagate dagli Enti locali al 40 per cento nel 2011 e al 34 nel 2012. E mentre i Comuni vedono ridotti i trasferimenti dello Stato sono costretti ad applicare addizionali Irpef o utilizzare i tributi locali che infatti sono aumentati del 13 per cento tra il 2004 e il 2008.
Nel Rapporto Diritti globali trova spazio anche l’emergenza casa. Se l’Italia ha il primato dei proprietari di case, che sono l’81,5 per cento delle famiglie, è anche vero che i mutui sono diventati più pesanti. All’inizio del 2010 ne sono stati sospesi 10.281 che a settembre sono diventati 30.868. Notevole anche l’incidenza degli affitti sul reddito: tra il 1991 e il 2009, l’incremento dei canoni di mercato in città è stato del 105 per cento e l’affitto per la casa incide ormai, mediamente, per il 31,2% sul reddito. E se nell’Unione europea per la casa si investe in media il 2,3 per cento della spesa sociale in Italia è lo 0,1. Su famiglia e maternità l’Italia spende il 4,7 contro l’8 per cento nella Ue. Male anche nel sostegno alla disoccupazione: 1,8 in Italia contro il 5,1 per cento della spesa sociale investito in Europa.
MA NON è che l’Europa stia semplicemente bene, anche lì si taglia e anche nella Ue cresce il senso di insicurezza, la paura di perdere il lavoro, la disoccupazione e la riduzione dei servizi sociali. Tanto che gli estensori del rapporto ne ricavano una conclusione drastica: “C’è crisi per tutti e gli Stati europei stanno semplicemente cercando di liberarsi dagli oneri derivanti dalla protezione degli strati sociali più deboli, da una serie di servizi pubblici a suo tempo considerati essenziali e oggi ritenuti un fardello”. Una ristrutturazione radicale del welfare “dopo la quale nulla sarà come prima”. Anche perché – è l’allarme –, si sta affermando la rottura della concezione universalistica del welfare con la convinzione che non ne possano fruire soggetti “non meritevoli”, ma che occorra fare una selezione. Il che comporterà ancora tagli se non si interviene a invertire la tendenza.

Il Fatto Quotidiano 09.06.11