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"Bonus Bebè: ora il Governo chiede indietro soldi e interessi", di Federico Genta

Tutto è iniziato con una lettera. «Felicitazioni per il tuo arrivo. Lo sai che la nuova legge Finanziaria ti assegna mille euro? Un grosso bacio». Firmato Silvio Berlusconi. Così, tra il 2005 e il 2006, seicentomila famiglie sono venute a conoscenza del bonus bebè. Un regalo del Governo. Inatteso e gradito, che a distanza di anni si è trasformato in un boomerang. Migliaia di famiglie hanno già ricevuto, o stanno per ricevere, un`altra lettera del Governo, dal Ministero delle Finanze. Questa volta il tono è meno festoso.
Viene richiesta la restituzione dell`assegno e il pagamento di una sanzione amministrativa: altri tremila euro. Ma ancora non basta.

Perché se dovesse essere accertata la violazione del codice penale in questo caso l`indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato – i genitori rischiano una multa tra i 5 e i 25 mila euro. Il motivo? A distanza di anni la direzione centrale servizi del Tesoro ha chiesto all`Agenzia delle Entrate di verificare le autocertificazioni, che le stesse famiglie avevano presentato al momento di incassare il bonus.

Perché non tutti i bambini, a cui la Sogei aveva inviato la missiva del presidente del Consiglio, avevano diritto a ricevere quel denaro.

Ogni nucleo, oltre alla cittadinanza europea, doveva confermare di non superare i 50 mila euro di reddito complessivo. Ma quel modulo non spiegava se la cifra era lorda o netta. Proprio questa piccola «dimenticanza» ha generato il caos. In tanti hanno scelto di dichiarare il reddito netto. Di qui le contestazioni che stanno arrivando in questi giorni. Ed è già battaglia sul numero delle famiglie che stanno ricevendo la lettera che intima di restituire quei soldi. Le associazioni dei consumatori parlano di oltre quattromila casi soltanto in Piemonte. II dipartimento del Tesoro ridimensiona il fenomeno. Ma conferma di avere già inviato ottomila lettere, spedite in tutta Italia, ad altrettanti «ladri» di bonus. Dall`inizio della settimana, a Milano, la Lega Consumatori ha raccolto più di 150 segnalazioni. Altre arriveranno.

«Scriveremo al Ministro, per chiedere che vengano sospese le ammende» annuncia il presidente, Laura Praderi. Aggiunge: «L`errore non è stato commesso dai cittadini, ma dallo Stato. Le famiglie sono state tratte in inganno da informazioni poco chiare. Dovevano essere indirizzate ai centri di assistenza fiscale, per verificare l`effettivo diritto al bonus bebè». Anche a Torino il numero delle contestazioni cresce con il passare dei giorni. «Non si può escludere che qualcuno abbia dichiarato il falso in maniera consapevole, ma ci sono persone che hanno superato la fascia di reddito per poche centinaia di euro» spiega l`avvocato Cristina Barbieri. «In questi casi consigliamo di restituire i mille euro, per evitare di aggravare la propria posizione».

Ma la strada è in salita anche per quanti si siano già decisi a pagare.

II Ministero, infatti, ha incaricato della riscossione le Direzioni provinciali di ragioneria. Uffici che il Governo ha avviato alla chiusura già dai primi mesi dell`anno. Risultato: molte strutture si sono rifiutate di proseguire gli accertamenti. E dalla capitale arriva un`indicazione per superare le difficoltà. Bisogna rivolgersi alla Direzione del Tesoro di Roma: ufficio II, via Casilina 3. Magari con una lettera. Sempre che basti.

IL NETTO DELLA DISCORDIA Il limite di reddito per chiedere il contributo era di 50 mila euro. Ci sentiamo trattati come dei delinquenti «Pensavamo di ricevere un aiuto. Adesso ci vogliono rovinare». Francesca, 36 anni, e Marco, 40, sono due impiegati.

Abitano in un appartamento tra le colline di Torino. Martina, la seconda dei loro tre bambini, è nata nel 2005. «Pochi giorni dopo il suo arrivo, abbiamo ricevuto la lettera firmata dal presidente del Consiglio. Annunciava l`arrivo del bonus bebè».

Come avete ritirato i mille euro? «Ci è stato recapitato un assegno.

Per incassarlo siamo dovuti andare alle Poste. Una firma e ci hanno dato i contanti. Ora ci sentiamo trattati come delinquenti».

Nessuno vi ha spiegato che il limite fosse di 50 mila euro lordi? «No. Anzi, eravamo convinti che l`autocertificazione fosse una semplice formalità. Credevamo che il Ministero avesse controllato chi avesse diritto al contributo».

Di quanto avete superato i limiti? «Nemmeno tremila euro. Lordi».

Cosa pensate di fare? «Ci siamo rivolti a un`associazione di consumatori. Volevamo far valere le nostre ragioni, e non scucire un euro.

Ma se servirà per evitare altri guai, restituiremo il bonus».

La Stampa 15.07.11

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