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«Libertà per le donne. Se non ora quando», di Michela Marzano

Non ci sarà mai un buon governo finché si calpesteranno o si dimenticheranno i diritti delle donne. La prima ad averlo detto era stata, nel 1791, Olympe de Gouges, due anni prima di essere ghigliottinata. Oggi sono tante le donne che condividono quest´affermazione. Lo dimostra la manifestazione di Siena.
Dove è stato scelto di farne uno degli slogan dell´incontro organizzato per questo fine settimana dall´ormai celebre movimento “se non ora, quando?”. Sono tante e diverse le donne che non vogliono più essere ostaggio del potere maschile. Tante e diverse coloro che desiderano battersi perché gli uomini e le donne siano realmente uguali. Uguali in termini di diritti e di libertà. Uguali in termini di opportunità lavorative e intellettuali. Uguali non solo di fronte alla legge, ma anche nella vita di tutti i giorni. Perché, nonostante tutte le conquiste degli anni Sessanta e Settanta, la condizione della donna in Italia si è oggi notevolmente degradata e l´uguaglianza effettiva sembra ormai una mera chimera. Quante donne, pur lavorando come gli uomini (e talvolta più di loro) sono costrette ad occuparsi da sole dei figli e della casa? Quante ragazze hanno gli strumenti critici necessari per decostruire le immagini e i discorsi che arrivano loro attraverso la televisione e la pubblicità?
La strada per l´emancipazione e l´uguaglianza è ancora lunga. Soprattutto quando ci si rende conto che, nonostante tutto, il concetto di uguaglianza viene ancora oggi frainteso. Molti continuano a confonderlo con quello di identità, come se, per godere degli stessi diritti, gli esseri umani dovessero per forza essere identici. Come se le donne, per potersi affermare a livello lavorativo e rompere il famoso “soffitto di cristallo”, dovessero necessariamente rinunciare alla propria femminilità e “diventare uomini”. L´uguaglianza per cui ci si batte oggi, invece, non ha affatto lo scopo di cancellare ogni differenza tra gli uomini e le donne, di tendere al “neutro”, o di considerare che valore e dignità dell´essere umano dipendano solo dalla razionalità priva di sesso. L´uguaglianza per la quale tante donne si mobilitano oggi è un´uguaglianza che valorizza le differenze, tutte le differenze. Come scriveva negli anni Novanta la femminista americana Audre Lorde: «Stare insieme alle donne non era abbastanza, eravamo diverse. (…) Ognuna di noi aveva i suoi propri bisogni ed i suoi obiettivi e tante e diverse alleanze. C´è voluto un bel po´ di tempo prima che ci rendessimo conto che il nostro posto era proprio la casa della differenza».
Certo, ci sono sempre quelle che pretendono di aver capito tutto e che vorrebbero imporre alle altre la propria concezione della femminilità o la propria visione della sessualità. Ciò che è giusto o sbagliato. Quello che si deve o meno fare. E che finiscono paradossalmente col proporre una nuova forma di “paternalismo al femminile”, un mondo in cui poche donne avrebbero il diritto di imporre a tutte le altre il proprio modo di pensare e di agire. Ma si tratta sempre e solo di una minoranza. Perché la maggior parte delle donne che si battono oggi per la difesa dell´uguaglianza e della libertà hanno ormai capito che la donna, per natura o per essenza, non è proprio nulla. Non è naturalmente gentile, dolce, materna, fedele. Esattamente come non è naturalmente perfida, libidinosa o pericolosa. Come l´uomo, la donna ha tante qualità e tanti difetti. Solo che, a differenza dell´uomo, non ha ancora avuto la possibilità di mostrare al mondo ciò di cui è capace. In quanto donna, non ha ancora accesso alle stesse opportunità degli uomini e viene spesso penalizzata.
L´unica vera battaglia che vale la pena di combattere oggi perché l´uguaglianza tra gli uomini e le donne diventi effettiva è quella per la libertà. È solo quando si è liberi che ci si può assumere la responsabilità delle proprie scelte, dei propri atti e delle loro conseguenze: la libertà è il cardine dell´autonomia personale; ciò che permette ad ogni persona di diventare attore della propria vita. Al tempo stesso, però, perché la libertà non resti un valore astratto, è necessario organizzare le condizioni adatte al suo esercizio. Alla libertà come “non interferenza”, la famosa libertà da della tradizione filosofica liberale, si deve aggiungere la libertà come “non dominazione” della tradizione repubblicana, la libertà di, quella libertà effettiva che permette ad ognuno di partecipare alla “cosa pubblica” senza subire le conseguenze di discriminazioni intollerabili sulla base del sesso, dell´orientamento sessuale, del colore della pelle o della fede religiosa.

da la Repubblica

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«Siena, l´alleanza delle donne “È l´ora di cambiare la politica”», di Laura Montanari
L´assemblea del movimento nato il 13 febbraio. In duemila da tutta Italia. “Un accordo generazionale, trasversale per radici e identità”

SIENA – La bacheca è fatta di mille fili rosa e biglietti appesi con le mollette del bucato. Su uno c´è scritto: “I pensieri non li porta la cicogna”, su un altro “la libertà è nelle nostre mani”. Piegato e quasi nascosto tra i tanti, c´è anche un acciaccato “tremate tremate le streghe son tornate”. Prato di Sant´Agostino ieri, Siena, il caldo asfissiante di un fine settimana di luglio. Più di duemila donne si sono presentate qui da tutta Italia, spontaneamente, sotto la bandiera di una frase di Primo Levi: “Se non ora, quando?”.
Bottigliette d´acqua che evaporano, palloncini rosa, t-Shirt di autofinanziamento che vanno a ruba. Era stato pensato come un incontro per 150-200 rappresentanti dei comitati nati dopo la manifestazione del 13 febbraio in reazione al caso Ruby, invece è diventata una specie di assemblea nazionale, dieci volte più grande. Raccoglie le voci di donne di varia provenienza: politica, sociale, economica e anche di differenti età, nonne, madri, figlie. Cristina Comencini, regista e artefice assieme ad altre della due giorni senese, l´ha chiamato “patto generazionale”. Trasversale per identità e radici. «Colpisce la passione e la voglia di costruire di questo movimento, è così diverso da altri incontri politici», spiega la scrittrice Paola Zannoner. Basta guardarsi intorno: interventi rapidi sul palco – tre minuti è il massimo – alternati a proiezioni di video con “People have the power” come colonna sonora. Lavoro, maternità, uso del corpo delle donne è il triangolo che numeri alla mano, affossa la parità. Non una questione soltanto di anti-berlusconismo, il fronte è più ampio: “Se non ora, quando?” parte da questi temi. Anzi prosegue perché in questi mesi, sparito dalle piazze fisiche, il movimento è cresciuto in quelle virtuali: su blog e social network dove il logo del grande palloncino tenuto da una figura piccolissima, si è diffuso come un virus in migliaia di post, senza mediazioni, senza nomenklatura. «Il percorso sarà lungo – dice Nicoletta Dentico dell´associazione Filomena, ex direttrice di Medici Senza Frontiere – perché vent´anni di questa cultura hanno prodotto gravi arretramenti per le donne». Disoccupazione e precariato rosa ci zavorrano al penultimo posto in Europa. «Non vogliamo essere un partito, ma un movimento organizzato che chiede alla politica più attenzione alle donne e detta un´agenda», sostiene la filosofa Francesca Izzo. Ieri sul palco le differenze si sono viste e alcune sono state fischiate. Per esempio Rosy Bindi appena ha detto che chiederà al suo partito di «restare dentro questo movimento». «Se mi fischiate non avete capito – replica – nessuno metterà il cappello, conserverete la vostra autonomia. Sono qui a ringraziarvi di aver fatto cambiare il vento». Fischiata anche Flavia Perina di Futuro e libertà quando difende la legge elettorale senza preferenze: «Li hai votati quelli lì», le grida qualche voce. «Mi rifiuto di stare dentro uno schema in cui le veline sono di destra e l´impegno di sinistra – prosegue lei – Sono qui a dire che non ci sono steccati quando parliamo di merito, diritto, uguaglianza». La convivenza di anime ideologiche diverse è la ricchezza del movimento, «tenerle unite sarà la sfida da cui dipenderà il futuro», conclude Cristina Comencini. Intanto Siena allarga le braccia al nuovo femminismo: il sindaco cede la piazza, la Fondazione Monte dei Paschi sposta il concerto, alcune contrade danno tavoli e cucina, i produttori offrono il vino, altre donne aprono le case e offrono per solidarietà posti letto gratis al movimento. Oggi le conclusioni.

da la Repubblica