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"Uno strano Paese", di Lorenzo Mondo

Dai resoconti dei viaggiatori, siamo informati che esiste uno strano Paese, mimetizzato tra quelli normali, in cui non vorremmo vivere, anche se ci lusinga con le avvincenti testimonianze di una perduta civiltà e le impareggiabili bellezze naturali. A essere di troppo sono gli abitatori, tra i quali si conta un numero inaudito di lestofanti. Imperversano i ladri, in tutta l’estensione del termine e in tutti i ceti sociali. Non suscitano stupore ma un tetro umorismo gli incalzanti bollettini delle forze dell’ordine che segnalano casi estremi di illegalità: qui è l’arresto di trenta affiliati alle sette criminali, là la denuncia di mille, opulenti evasori fiscali (trenta e mille sono i numeri che ricorrono con maggiore frequenza).

Cambiando scenario, scendendo cioè a livelli più popolari, impressiona la quantità spropositata dei falsi invalidi e quella dei morti che continuano, per anni, a fruttare pensioni ai fraudolenti eredi. Quanto alle carceri, rigurgitano di detenuti, i tribunali sono intasati e il solo rimedio proposto per sfoltire i ranghi è l’amnistia: invece di processi più celeri ed equi o di nuove prigioni.

Il Paese risente di una grave crisi economica, anche se la povertà è occultata da una frenesia di consumi, i ristoranti sono sempre pieni e le vacanze appaiono irrinunciabili: forse al mal’acquisto della ricchezza, a una superstite fascia di agiatezza, va aggiunta la spensieratezza dei giovani che danno fondo ai faticati risparmi dei genitori.

Le istituzioni, i rappresentanti politici, esortano alla sobrietà e impongono sacrifici, con una insolenza che dovrebbe apparire intollerabile, poiché si astengono in blocco dall’intaccare i propri privilegi, dal contrastare a tutto campo i fenomeni di corruzione. Perduti in fumose astrazioni ideologiche, in risse senza costrutto che non risparmiano alleati e affini, danno l’impressione di avere smarrito il senso della realtà, di condurre una danza insensata su una nave senza nocchiero.

Ad agitarsi sono soltanto i ribelli di professione che, rivestendo il teppismo con l’orpello di rivoluzioni defunte, scelgono a caso i loro bersagli. Assistiamo alla schizofrenia per cui, al Nord del Paese, si scende in campo contro la costruzione di una ferrovia ad alta velocità, che ha le sue ragioni, mentre al Sud avanza il progetto di un ponte faraonico, di dubbia utilità, tra sponda e sponda. Sono brandelli appena della realtà inamena che si presenta agli occhi dei viaggiatori. E non possiamo impedirci di consentire al loro perplesso, amaro disincanto.

La Stampa 31.07.11