attualità, politica italiana

"Europa o la va o la spacca", di Stefano Lepri

Quando giovedì Mario Monti si incontrerà con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy a Strasburgo, non ci sarà dubbio su chi dei tre padroneggi meglio l’agenda delle discussioni. L’Italia non solo torna ad essere ascoltata, ma parla con una voce competente proprio su ciò che urge decidere: come salvare l’euro.

Purtroppo, non basta: se nelle prossime settimane non maturerà una svolta radicale, diremo in futuro che tutto avvenne troppo tardi, il cambio di governo a Roma come il congresso dei cristiano-democratici tedeschi a Lipsia dove si è indicato in «più Europa» il rimedio.

Monti sembra l’uomo giusto per convincere i tedeschi perché il suo pensiero è affine al loro. Ha sempre sostenuto che gli acquisti di titoli di Stato sul mercato secondario da parte della Banca centrale europea si giustificano solo in una situazione di emergenza ed entro certi limiti. A maggior ragione comprende i tedeschi quando fanno muro contro l’idea che la Bce si dichiari pronta a stampare moneta per sostenere i debiti pubblici, come prestatore di ultima istanza. Nello stesso tempo, sa quanto il tempo stringa.

O la va – nel senso di «più Europa» – o la spacca. Mesi fa Monti ha deprecato che quasi tutti i governi insistano a comportarsi «come se non fossero membri di un’unione monetaria»; non si curano degli effetti che le loro decisioni hanno sugli altri, tentano di scaricare oltre confine la colpa di ogni misura impopolare. La mancanza di fiducia reciproca sbarra la strada a ogni soluzione capace di impedire ai mercati finanziari il loro tremendo divide et impera .

Negli uffici della Commissione europea José Barroso e Herman van Rompuy preparano proposte sugli eurobond , di cui anche Monti – che incontrerà i due domani – è un sostenitore. Ma perché gli eurobond diventino praticabili occorre che ciascun governo abbia la certezza che i suoi cittadini non saranno chiamati a pagare i debiti di altre nazioni.

Tra Germania e Italia c’è accordo che «limitate modifiche dei Trattati europei» siano necessarie, proprio per consolidare la fiducia reciproca. Ci vorrà tempo per negoziarle. Per l’immediato occorre fantasia nell’escogitare strumenti di sostegno ai Paesi deboli che la Germania possa accettare.

La strada è quella indicata dall’altro Mario italiano, il presidente della Bce Draghi: un rapido potenziamento dell’Efsf, il Fondo europeo di salvataggio. L’interrogativo è se l’Efsf potrà contare sul sostegno della Bce. Sarà necessario anche qui scontrarsi con certe rigidità dottrinarie che, come Monti ritiene, possono chiudere la Germania in un egoismo di corta veduta.

Al fondo, il problema non è di tecnica monetaria, è di democrazia: quali sono gli strumenti per arrivare a decisioni condivise, che aiutino gli Stati in difficoltà senza incentivarli a ripetere gli errori che ce li hanno condotti. Purtroppo i politici di ciascuna nazione restano molto affezionati alla libertà di sbagliare a danno delle altre. E se l’Italia riuscisse a dare un buon esempio, una volta tanto?

La Stampa 21.11.11

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“Staccare la spina” Parole sprecate, di LORENZO MONDO

Mario Monti, chiamiamolo così senza l’appellativo di professore che per molti ha un significato limitativo marcando la sua estraneità al mondo della politica, ha ottenuto nei due rami del Parlamento una massiccia maggioranza. Non offuscata dallo spettacolino di quel tal Scilipoti che si è presentato alla Camera con la fascia nera al braccio in segno di lutto. E nemmeno dall’ostracismo della Lega che ha rispolverato gli inoffensivi ministeri del Nord facendo appello alle viscere dei suoi militanti (ingoiando il rospo di un esecutivo ad alto quoziente nordista). Gli ostacoli veri si annidano all’interno del provvisorio unanimismo che ha legittimato il nuovo governo. Già alla vigilia se ne sono colte le avvisaglie quando è caduta l’opzione, patrocinata dal presidente della Repubblica, di Giuliano Amato e Gianni Letta come ministri. Due persone apprezzate per il loro senso della misura che avrebbero impegnato i rispettivi schieramenti ostacolando le imboscate delle ali estreme. La bocciatura significa che certi partiti vogliono mantenersi le mani libere.

Ora, è comprensibile che non si accetti di procedere al buio, ma le parole che si sentono, a voce alta e bassa, lasciano trapelare l’insofferenza per una mediazione – di interessi e di sacrifici – che è la ragione prima del nuovo corso. Troppe sono in realtà le parole che si sprecano, al di là del senso comune. C’è chi grida al golpe, alla sospensione della democrazia: quando la scelta, dettata da una drammatica emergenza, è frutto di un accordo trasversale degli eletti e può essere vanificata dal voto del Parlamento che è in grado – come afferma un subdolo memento – di «staccare la spina». Si insiste d’altra parte nel qualificare quello di Monti come un governo di tecnici, del quale già si contano i giorni, perché non può esautorare alla lunga la politica. Si trascura, con rara impudicizia, che la politica ci ha messo del suo per esautorarsi. E che proprio un anomalo governo offre – per la competenza, la sobrietà del comportamento e l’onestà dei propositi – i tratti distintivi di una politica diversa da quella cui siamo da troppo tempo avvezzi. Forse la gravità della situazione e l’ampio consenso manifestato a Mario Monti dall’opinione pubblica frenerà le spinte faziose. Vada come vada, nelle future scadenze elettorali non si potrà prescindere da questo esperimento. È toccato ai presunti tecnici mostrare che non tutto è da buttare nel nostro paese, che esistono trascurate risorse per una politica intesa a riappropriarsi dei suoi ineludibili e nobili compiti.

La Stampa 21.11.11