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Bersani: Per noi eguaglianza è sinonimo di sviluppo

Il Segretario del Partito Democratico chiude la Conferenza nazionale per il lavoro autonomo e la micro e piccola impresa. “Bisogna fare presto, ma lasciatelo dire a noi! Sono tre anni che ne parliamo. Sembra che qualcuno abbia vissuto in un sonno totale dove non è mai suonata la sveglia”. “Con oggi ci mettiamo alla pari del mondo delle Pmi: questa manifestazione è una risposta a quelli che pensano che il PD si ponga in una posizione al di sopra. Invece è proprio da qui a Monza che parte una ricerca comune per vedere cosa si può fare per il bene di questo Paese”. Così il segretario Pier Luigi Bersani ha introdotto il suo intervento alla Conferenza nazionale del PD per il lavoro autonomo e la micro e piccola impresa.

“Non c’è nessuna stagione di scambio politico, nessun favore alle imprese in cambio di qualche voto. Anzi rispondiamo a quelli che dicono che abbiamo rinunciato alla vittoria elettorale: lo abbiamo fatto per il bene del Paese, perché per noi l’Italia è al primo posto” ha continuato il leader democratico. “Noi non ci giocheremo il destino del Paese per un punto in più o in meno. Fare diversamente è da criminali e non avremmo nessuna prospettiva. Certo forse come partito rischiamo più di altri ma il senso di responsabilità è parte di noi”.

Cosa unisce il PD al senso comune delle Pmi? 1) Noi abbiamo passione verso l’economia reale, siamo un partito del territorio, che vive dove vive la gente. Abbiamo la giusta sensibilità perché viviamo nel territorio a contatto con i problemi quotidiani. 2) Sappiamo che questa è l’Italia vera con i suoi difetti e i suoi pregi. 3) Perché siamo il partito che da sempre pensa che eguaglianza è sinonimo di sviluppo. Siamo convinti che cresceremo se tutti crescono e che per fare questo il sistema Pmi rappresenta un asset di equilibrio fondamentale”.

“Molte delle cose che abbiamo sentito oggi nei precedenti interventi erano valide anche nel 2006 e sicuramente uno dei problemi maggiori è stato quello di non aver dato un filo logico di continuità nel tempo che ci ha portato alla crisi”.

“Sono settimane storiche quelle che stiamo vivendo. In questi ultimi due/tre anni abbiamo assistito ad una grande miopia delle classi dirigenti dell’occidente, incapaci di vedere come la finanza sia stata un moltiplicatore squilibrato dell’economia reale. In Europa siamo arrivati alla moneta unica con squilibri micidiali del economia, senza elementi di garanzia collettiva. Il caso della Grecia è sotto gli occhi di tutti: il Pil greco è pari al 3%. L’Europa avrebbe dovuto pagare i debiti e poi risolvere il problema direttamente con la Grecia e invece non lo ha fatto. In questo sistema economico ci sarà sempre un paese al margine, un paese a cui far pagare la crisi. Finché non crollerà la casa comune a forza di prendersela con l’euro. Oggi i problemi si sentono anche in Germania”.

“Nella crisi l’Italia sta sul fronte più esposto. Certo non potevamo evitare la crisi ma potevamo essere più al riparo. Già tre anni fa avevamo perso più del doppio del Pil degli altri Paesi europei e che crescevamo meno della metà. Ma tutto questo è un dato che è stato oscurato, rimosso, addirittura tolto dal dibattito e annegato nel conformismo dal governo Berlusconi. Sono due anni che andiamo dicendo queste cose. Molti pensavano va via Berlusconi e si risolvono i problemi ma non hanno capito che mandare via Berlusconi significa cominciare a lavorare e ad affrontare la situazione. Avevamo un governo fermo da mesi, andare a votare e aspettare tempo significava far venire giù il condominio. Per noi un governo di forte profilo tecnico, sorretto con responsabilità dalle forze politiche è stata l’unica soluzione che non avrebbe creato ulteriori problemi. Un governo di impegno nazionale come lo ha definito Monti, dove ciascuno si prende la propria quota di responsabilità”.

“Certo, bisogna fare presto, ma lasciatelo dire a noi! Sono tre anni che lo diciamo. Sembra che qualcuno abbia vissuto per tre anni in un sonno totale dove non è mai suonata la sveglia”.

“Bisogna fare i compiti a casa. Ma se li facciamo i compiti a casa, allora possiamo dire la nostra anche in ambito europeo. Le politiche di aggiustamento della finanza pubblica e le politiche delle banche stanno convivendo con sintomi recessivi. È inutile negare le cose. Bisogna tenere conto che occorrono manovre stringenti e che queste vanno analizzate in momenti di recessione. Sono necessarie garanzie e il ruolo della banca centrale è determinante”.

“Il meccanismo democratico è capace di prendere delle scelte? Io penso che la politica conti ancora qualcosa. Le larghe vittorie della destra nella fase di affermazione della globalizzazione, le politiche di chiusura e di paura hanno coltivato idee di cui oggi paghiamo il conto. Ci hanno detto che ci si salva da soli e così facendo si arriva al disastro comune. Tocca alle forze progressiste europee rilanciare una piattaforma che abbia la solidarietà e l’integrazione alla base del sistema economico perché è chiaro che non ci si salva da soli”.

“In un governo di impegno nazionale sorretto con responsabilità dalle forze politiche e sociali, non esiste una maggioranza o un tavolo della maggioranza. Io vado quando Monti mi chiama, per esprimere un’opinione o dare un consiglio. Qui, oggi parliamo di impresa, non stiamo parlando di sottosegretari. Abbiamo consegnato in Parlamento le nostre proposte, il nostro patrimonio di proposte che non sono da buttare via se si vuole equità e crescita. Parliamo di evasione fiscale, di deroghe al patto di stabilità e di un pacchetto di piccole opere per ridare movimento all’economia, rimettere in moto la macchina e favorire la crescita. Piccoli interventi per dare fiducia a partire dalle liberalizzazioni”.

“Tra noi è un bene discutere ma senza che ci siano fraintendimenti. Quanto detto da Fassina su economia e lavoro, non può essere definito un’affermazione di sinistra o di estrema sinistra. Sono le stesse posizioni liberali prese in molti Paesi al mondo. Se dico che non va bene la politica europea non significa che non voglio fare i compiti a casa! Non cadiamo in trappole ideologiche. Quello che diciamo noi sul lavoro è la stessa opinione di Obama”.

“Non pretendiamo che il nuovo governo faccia il 100% di quello che faremo noi. Lo sosteniamo con le nostre idee per una ricostruzione democratica e sociale”.

“Il PD deve diventare un partito nuovo capace di suggerire una legge sui partiti opposta al populismo e risposta efficiente al sistema democratico in cui i partiti conoscono il proprio limite. Parlare di civismo in un Paese non è la stessa cosa che dirlo in una città. Noi dobbiamo essere un partito civico e nazionale; un partito che rifiuta la demagogia in radice perché ha fatto troppi guai; un partito che sappia creare fiducia dicendo la verità. Non c’è altra strada. C’è una crescita lenta ma solida. Per i sbruffoni demagogici non c’è più spazio”.

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