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"Se i ragazzi disabili non possono studiare", da ScuolaOggi

In Lombardia per il 2012-2013 è a rischio il loro diritto fondamentale a costruirsi un futuro migliore. L’allarme della Ledha. L’appello è di quelli che fanno paura: come è possibile che nell’accogliente e sviluppata Lombardia, con tutte le parole che in modo più o meno retorico vengono spese sulla necessità di “inclusione” sociale delle persone con disabilità, proprio per queste sia a rischio nel prossimo anno scolastico il diritto allo studio? Accettare il “risparmio” come unica spiegazione non basta anche perché la lettera aperta di Fulvio Santagostini, presidente Ledha, è un macigno che ora pesa senza possibilità di nascondersi ulteriormente sulle teste dei rappresentanti istituzionali in Comune, Provincia e Regione. Noi lo abbiamo intervistato ma prima spieghiamo l’antefatto: tra Province e Comuni lombardi c’è da tempo in atto un conflitto di attribuzione delle competenze, altresì detto “scarica varile”, sul servizio di assistenza educativa per gli studenti con disabilità che frequentano le scuole superiori. Già nel 2011-2012 non sono mancati i problemi poi risolti ad anno scolastico già avviato grazie all’assunzione di responsabilità dei Comuni stessi che però, per il 2012-2013, hanno già fatto sapere alle famiglie che non dispongono dei fondi necessari per assicurare il pieno godimento del diritto allo studio. Le famiglie dei ragazzi con disabilità si sono rivolte alla magistratura per avere giustizia e l’hanno ottenuta: il servizio legale della Ledha ha infatti ottenuto che venisse definitivamente assegnata la competenza in questione, e la decisione del Tribunale ha stabilito che toccasse alla Provincia che però continua a dichiararsi estranea al problema.

E dunque? «La sofferenza si avverte ovunque – dice Santagostini. I tagli alla scuola per quanto riguarda il sostegno e più in generale i tagli al sociale che negli ultimi quattro anni sono stati ridotti brutalmente del 90%: se viene meno l’assistenza, è difficile ipotizzare un percorso di inclusione sociale per i ragazzi con disabilità». Il messaggio arriva forte e chiaro, e il quadro, se possibile, è anche peggiore: «Uno degli aspetti più inquietanti di questa faccenda è il fatto che, oltre a non essersi compiuti passi avanti, c’è la possibilità concreta di fare diversi passi indietro tanto che si è ricominciato a parlare di classi differenziate e si stanno creando percorsi di formazione “alternativi” alla scuola tradizionale, pubblica o privata. In questo modo, una condizione di inclusione che costituiva un vanto per il nostro Paese, presa a modello da tante realtà straniere, potrebbe essere cancellata». Restando sul tema scuola, una delle emergenze principali è la disponibilità di un numero sufficiente di insegnanti di sostegno e la necessità che il progetto di inclusione non ricada esclusivamente su questi ultimi ma preveda il coinvolgimento di tutto lo staff di insegnanti: in caso contrario, si andrebbe incontro a sorte di “ghetti” all’interno della stessa classe. «Proporre programmi specifici ben integrati nel progetto didattico è possibile riducendo, per esempio, il numero degli studenti di ogni classe».

«Le risorse devono essere garantite dagli enti locali: in Lombardia, per quanto riguarda l’assistenza agli studenti disabili delle scuole elementari e medie, l’impegno è assunto, con sporadici casi di malfunzionamento, dai Comuni. Il problema grave esiste rispetto ai ragazzi che frequentano le superiori: il servizio di carattere integrativo non viene loro garantito o viene garantito in modo complicato a causa di un balletto di competenze tra Comuni e Province»: per Giovanni Merlo, direttore Ledha, nell’anno scolastico in corso il rischio è stato concretissimo perché per mesi abbiamo ricevuto segnalazioni quotidiane di disservizi, sul prossimo si sono addensate nubi nerissime sia dal punto di vista dell’assistenza in aula, sia della possibilità di raggiungere la scuola stessa. Il 2011-2012 alla fine è stato in qualche modo garantito grazie a un atto di responsabilità unilaterale dei Comuni che, pur considerandosi non competenti in materia, hanno “tirato” un altro anno. Il punto è che la magistratura ha già detta la sua investendo la Provincia che però non ha alcuna intenzione di assolvere il proprio dovere. Al di là delle competenze è però impensabile che venga negato il diritto allo studio ai ragazzi disabili che proprio in questi mesi stanno magari progettando il loro futuro. «Si tratta chiaramente di un problema economico, nato da quando i ragazzi disabili hanno iniziato a frequentare in modo massiccio le scuole superiori, e aggravato dal drastico taglio sociale dei fondi destinati agli enti locali: in Lombardia è una partita che vale circa 15 milioni di euro». Ancora Merlo: «Questi ragazzi, attraverso l’istruzione, si costruiscono un futuro anche lavorativo migliore perché la scuola offre loro gli strumenti per rendersi un giorno più competitivi». E poi c’è il discorso della socializzazione: togliere a questi adolescenti la possibilità di mettersi alla prova con i loro coetanei in un’età determinante per le persone che diventeranno è un vero delitto. La riduzione dei fondi destinati alla scuola pubblica ha costretto gli istituti ad aumentare il numero di studenti per classe: e in presenza di ragazzi con disabilità è impensabile che un insegnante, anche con tutta la buona volontà del mondo, possa mettere in pratica il benché minimo percorso individualizzato. «La scuola italiana – prosegue Merlo -, facendo una battuta che non è una battuta, nel mondo non è conosciuta per come siamo bravi a insegnare la matematica ma viene apprezzata e presa a modello per il modo in cui includiamo i ragazzi con disabilità: come operiamo noi non lo fa nessuno, anche in termini di risultati». Una battuta che pare una sentenza… inapplicata.

da Scuolaoggi.org