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"Come si costruisce la credibilità", di Mario Calabresi

Ogni passo, ogni frase, ogni decisione di Mario Monti negli ultimi sette mesi ha trovato finalmente il suo senso nella lunga notte del vertice europeo. Quel rispetto sempre esibito per le posizioni tedesche e per la cancelliera Merkel, quello sposare la linea del rigore e dell’austerità, quella volontà di non cedere mai alle sirene della spesa – anche quando potevano significare possibili semi di crescita – sono apparsi spesso eccessivi. Sicuramente faticosi.

Ma ora, dopo la conclusione positiva per l’Italia del vertice di Bruxelles e dopo aver visto il pressing senza sosta di Monti su Merkel, è chiaro che tutto era da leggere come costruzione lenta e scientifica di una credibilità. Il premier italiano ha accumulato un patrimonio di energie da spendere, con la stessa forza e la stessa ostinazione, nella volata finale. Monti si è comprato in questi mesi la possibilità di sedersi al tavolo delle decisioni e di poter pesare, convinto fin dall’inizio che la partita vera si sarebbe giocata nel quadro delle scelte europee, che solo avendo voce lassù ci saremmo salvati.

Quando a febbraio il premier è entrato nello Studio Ovale della Casa Bianca, Obama gli ha chiesto a bruciapelo come si fa a parlare con la Merkel, nel senso di come si fa a farsi ascoltare: se è possibile convincerla. Monti gli ha risposto che per farlo bisogna sapere che l’economia per i tedeschi è una «disciplina filosofico-morale»: bisogna rispettare certe rigidità che sono profonde, radicate e figlie della storia. A questa regola si è attenuto per mesi, per cancellare così pregiudizi e stereotipi sugli italiani, a questa regola si è ispirato quando – da queste colonne – si è rivolto idealmente al signor Müller, invitandolo a rilassarsi perché è falso che con i suoi soldi «sta mantenendo un eccessivo tenore di vita degli italiani».
Nel momento in cui la nostra affidabilità è stata riconosciuta, allora ha potuto puntare i piedi per ottenere un meccanismo di difesa del nostro debito. La caduta è stata stoppata, il naufragio scongiurato. Ora inizia un’altra partita, quella della ripresa. Per giocarla ci vuole una nuova strategia che sappia essere ugualmente convincente e che parli di futuro.

La Stampa 30.06.12