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Franceschini: "Il centrodestra punta solo a far saltare il tavolo", di Carlo Bertini

Onorevole Franceschini, cosa succede sulle riforme? Napolitano bacchetta i partiti litigiosi e subito Alfano dice che se viene affossato il presidenzialismo, si torna allo schema “ABC”. Sembra un balletto. O no?
«Potevano telefonarsi con Berlusconi prima di dire cose diverse. I fatti parlano chiaro: si era costruita un’intesa tra i tre partiti su una riforma minimale, ma utile. Durante il percorso parlamentare, improvvisamente il Pdl ha cambiato idea facendo un’alleanza strumentale con la Lega, cambiando totalmente schema, con l’obiettivo di far saltare il tavolo. Nessuno può pensare di rovesciare come un calzino la forma di Stato e di governo con un emendamento che passa per pochi voti».
Perché hanno voluto far saltare il tavolo?
«Fosse stata solo una bandiera da piantare, potevano dire che loro sono per il semi-presidenzialismo. Ma se da una legittima bandiera, si passa ad un voto dirompente, vuol dire che lo scopo è far saltare tutto. Non voglio far dietrologia, ma penso che forse da parte loro non vi sia molta voglia di fare la riduzione dei parlamentari, nè la nuova legge elettorale, ma spero non sia così. Se interpreto bene le parole di Alfano sul fatto che la legge elettorale è libera dal resto delle riforme, ci leggo una voglia di andare avanti. Ma vedremo».
Si farà alla fine il taglio dei parlamentari?
«Mi pare che al di là di tutto, su quella scelta c’è una convinzione, è una cosa condivisa da tutti. Anche se naturalmente è una riforma parziale, perché la logica vorrebbe che si riducano i parlamentari per passare ad un sistema monocamerale. Non tenersi i difetti del monocameralismo, riducendo solo il numero degli eletti. Però meglio poco che niente. Il tempo c’è e anche in questo caso è questione di volontà. E registro che gli atti di questi giorni sono stati tutti ostacoli messi di traverso alla riforma della Costituzione».
La nuova legge elettorale come potrà essere?
«Intanto partiamo da un punto fermo: la legge elettorale si deve e può fare anche se si bloccasse il percorso delle riforme, non c’è nessun collegamento. Il secondo punto è superare le liste bloccate, per noi è insormontabile. Se noi avessimo i numeri per approvarla da sola, sceglieremo un sistema con tutti gli eletti nei collegi e il doppio turno. Ma siccome non li abbiamo e il principio che i sistemi di voto vanno approvati con un accordo largo lo vogliamo mantenere, bisogna procedere per mediazioni. E sicuramente meglio del porcellum, è l’introduzione di una parte più grande possibile di collegi uninominali dove far scegliere gli eletti ai cittadini. Mantenendo un vincolo di coalizione, alzando lo sbarramento per ridurre la frammentazione eccessiva».
Non si rischia il ritorno alle preferenze?
«L’ultima volta che si votò con le preferenze era il 1992 e tutti ricordano quali furono i costi delle campagne elettorali in quell’anno».
L’ingorgo causato da ben 13 decreti del governo da ratificare, consentirà l’esame della legge elettorale? Entro che tempi va approvata?
«Staremo qui fino a quando saranno convertiti tutti i decreti e aggiungo solo che non si può abusare troppo della decretazione d’urgenza. Ma la legge elettorale è una norma ordinaria e quindi c’è tempo per approvarla. Ma dico: il nostro impegno per cambiare il porcellum sulle liste bloccate sarà massimo. Poi, dopo tutte le parole che hanno speso gli altri, presentarsi alle elezioni con un sistema politico che non è stato capace di fare nè le riforme costituzionali nè il nuovo sistema di voto, potrebbe indurli a pensarci bene prima di intestarsi questo fallimento…».
Ma visti tutti questi segnali di rottura, lei pensa che il Pdl voglia davverofar cadere il governo?
«Tutti i comportamenti e gli atti delle ultime settimane dimostrano una volontà del Pdl di distaccarsi dal sostegno al governo Monti tenendosi le mani sempre più libere. Ma non penso che si prenderanno la responsabilità in piena crisi di fronte ai mercati e agli italiani di far cadere Monti. Il Pd sta facendo tutto il possibile per sostenere il governo e correggerne e migliorarne le scelte, ma non dipende tutto da noi…»

La Stampa 29.06.12