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L'ira di Bersani sul Pdl: «Così sarà rottura», di Simone Collini

«Un colpo di mano da parte del Pdl sarebbe un atto di rottura irrimediabile». Irritato è dir poco. Tanto che la prima stesura della nota scritta da Pier Luigi Bersani era molto più dura, molto più esplicita nel delineare le conseguenze derivanti da un blitz di Pdl e Lega a Palazzo Madama sulla legge elettorale, per di più avallato dal presidente del Senato Renato Schifani nell’evocare un’approvazione a maggioranza. La versione poi data alle agenzie di stampa dal leader Pd è stata smussata, ma fino a un certo punto: «Come si vede anche dalle dichiarazioni del presidente del Senato Schifani, il Pdl sulla legge elettorale oscilla tra pratiche dilatorie ormai estenuanti e la suggestione di un colpo di mano in Parlamento. Quanto alla ipotesi del colpo di mano, è evidente che se si ripetesse per la legge elettorale quel che si è visto proprio in Senato per la riforma costituzionale, sarebbe un atto di rottura irrimediabile».

Un monito che, chiaramente, non riguarda soltanto le trattative in corso per arrivare a un testo condiviso sulla legge elettorale. Il leader del Pd lo ha anche detto pochi giorni fa al presidente del Consiglio, nel corso del colloquio a Palazzo Chigi, che il riemergere della vecchia maggioranza Pdl-Lega avrebbe indebolito il governo e minato il seguito della legislatura.

Una preoccupazione diffusa nel Pd (Massimo D’Alema in un’intervista a l’Unità a inizio settimana aveva parlato di «situazione sempre più insostenibile») ma condivisa anche dai vertici dell’Udc, di fronte al comportamento «ambiguo» del Pdl. Nessuna doppia maggioranza, ha assicurato Angelino Alfano quando è stato il suo turno a Palazzo Chigi, sosterremo l’esecutivo fino al 2013. Poi però il Pdl ha fatto saltare l’accordo trovato con Pd e Udc sulla nuova legge elettorale e, dopo un colloquio tra Silvio Berlusconi e Roberto Maroni, ha annunciato la presentazione al Senato di una proposta non condivisa dalle altre forze che sostengono Monti: sistema proporzionale con eletti scelti per il 30% con liste bloccate e il 70% con preferenze, sbarramento al 5% e premio di governabilità tra il 10 e il 15% al primo partito.

LEGISLATURA A RISCHIO
La capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro sente «puzza di bruciato» e definisce questa «ennesima forzatura di Pdl e Lega» un atto «irresponsabile», mentre il vicepresidente di Palazzo Madama Vannino Chiti dice puntando il dito contro la «doppia maggioranza»: «Quanti sono interessati seriamente alla tenuta del governo, a cominciare dal presidente del Consiglio, non si limitino a osservare indifferenti o a fingere di non vedere. Una legge elettorale come quella proposta dal Pdl, e comunque approvata contro le forze che lealmente sostengono il governo Monti, porrebbe le condizioni per la fine della legislatura». Enrico Letta dice che «se il Pdl sceglie la Lega sulla legge elettorale ovviamente si assume la responsabilità della fine della “strana maggioranza”».

E se Beppe Fioroni fa notare che «Pdl e Lega preparano l’ultimo strappo non per fare la legge elettorale ma per mandare a casa Monti» e che di fronte a questa «follia pura» Casini non può «stare a guardare», anche il leader dell’Udc auspica la rapida approvazione di una nuova legge elettorale «senza furberie o rinvii», al di là di quando saranno le prossime politiche: «Capisco che ci sia chi cerca di inquinare i pozzi, ma non mi sembra il momento giusto per fare giochini». Il Pdl si difende dicendo che vuole solo proseguire il confronto partendo da un testo base (il proprio) e Schifani, tramite il portavoce, parla di «tendenziose interpretazioni», visto che il presidente del Senato, «nel solco di una autorevole precisazione del capo dello Stato, si è limitato a osservare che, teoricamente, la nuova legge elettorale potrebbe anche essere votata a maggioranza, nel pieno rispetto delle regole della democrazia parlamentare».

In verità Napolitano, nella lettera scritta a Fini e Schifani 20 giorni fa, parlava sì della auspicabile presentazione di «una o più proposte di legge elettorale, anche rimettendo a quella che sarà la volontà maggioritaria delle Camere la decisione sui punti che non risultassero oggetto di più larga intesa preventiva», ma chiudeva il passaggio sottolineando la necessità che questi «rimanessero quindi aperti ad un confronto conclusivo». Confronto, che mal si concilia con un blitz e un’approvazione a maggioranza.

L’Unità 29.07.12

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