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"La Cig a Melfi mette a rischio tutto l'indotto", di Massimo Franchi

Sarà, come dice Marchionne, che la notizia dei due anni di cassa integrazione a Melfi era scontata. Però il giorno dopo i mercati reagiscono allo stesso modo di chi è rimasto sorpreso. E vendono. Il titolo Fiat che è ancora a piazza Affari, in attesa di sapere dove sarà quotata la nuova società nata dalla fusione con Chrysler, ieri ha chiuso a -1,99%, il peggiore fra i titoli industriali. Ad incidere sono arrivati i dati sulle vendite di auto in Europa che per l’ennesimo mese consecutivo vedono la Fiat arrancare. CGIL: SERVE CONFRONTO Ma la preoccupazione per il futuro dell’intero settore auto è fortissima. Ieri anche la Cgil nazionale ha fatto sentire la sua voce nella vicenda di Melfi. «Pur compatibilmente alla necessità di sospendere la produzione per adattare le linee, il fermo comporterà un lunghissimo periodo di inattività e di cassa integrazione per i lavoratori. Tutto ciò avviene in assenza di una chiara esplicitazione del piano industriale e delle intenzioni produttive della Fiat in merito allo stabilimento di Melfi. C’è dunque preoccupazione immediata per il futuro dei lavoratori diretti, ma altrettanta inquietudine la crea la situazione dell’indotto, già oggi pesantemente gravato dalla cassa integrazione straordinaria. Un ulteriore aggravamento delle condizioni di fornitura per l’indotto continua la nota di Corso Italia comporterebbe un inevitabile ricorso a nuova cassa integrazione che, in questo caso, non potrebbe che essere in deroga, con tutti i problemi e le conseguenze che questo comporta». Più volte la confederazione, si ricorda nella nota, «ha chiesto di affrontare questi nodi e di aprire un confronto senza preclusioni sul futuro dello stabilimento lucano e del suo indotto. L’assenza di chiarezza e di confronto conclude la Cgil è la peggiore scelta di politica industriale che l’azienda potrebbe compiere». Si diceva dei dati del mercato continentale. Il mese di dicembre ha visto un calo delle vendite complessive di auto del 16,3% rispetto a un anno prima. Il gruppo Fiat ha fatto peggio, con un meno 17,8%, con la quota di mercato che è scesa al 6,2% rispetto al 6,3% dello stesso mese 2011. Nell’intero 2012 il gruppo torinese ha venduto 779.606 auto, il 16,1% in meno rispetto al 2011. La quota dei 12 mesi è passata al 6,5% contro il 7,1% del 2011. Fiat sarà ormai un’azienda globale come vuole Marchionne. Ma quando si tratta di motivare dati negativi, l’essere una fabbrica del Belpaese torna ancora comodo. E così il comunicato del Lingotto spiega che il calo è dovuto alla «pesante penalizzazione del mercato italiano». Ieri intanto a Torino è andato in scena il terzo incontro della trattativa per il rinnovo del contratto di primo livello per gli 86mila lavoratori del gruppo in Italia. Fim, Uilm, Fismic, Ugl (la Fiom è esclusa in quanto non firmataria del precedente contratto) sono concordi nel chiedere che l’aumento di 4O euro lordi riguardi la retribuzione mensile e non sia legato alla presenza. Si è comunque alla stretta finale e l’impressione è che oggi, o al più tardi domani, arriverà la firma Martedì o giovedì poi arriverà la sentenza del giudice Elena Boghetich di Roma sul ricorso della Fiom contro la procedura di mobilità per i 19 lavoratori a Pomigliano. Come anticipato da l’Unità gli avvocati Fiat ha sostenuto che la procedura non equivale a dei licenziamenti, mentre i legali Fiom hanno ribattuto che anche una procedura di mobilità fa parte della reazione che l’articolo 5 della legge contro la discriminazione vieta.

L’Unità 17.01.13