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"Scuola, riportiamo gli investimenti ai livelli OCSE", di Francesca Puglisi

Egregio Direttore, dalle colonne del Suo giornale il Sottosegretario Rossi Doria ci invita a parlare di scuola in questa campagna elettorale. L’impegno dei democratici e dei progressisti per il nuovo governo è scritto nella Carta di Intenti: occorre smettere di cambiare la scuola attraverso norme contraddittorie e tagli nelle leggi finanziarie. La scuola ha bisogno di stabilità, risorse e fiducia. Altri sono i settori della spesa statale da sacrificare. E’ la scuola che deve svolgere il «compito» espresso dall’art.3 della Costituzione. Quello di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono fra i cittadini e la loro piena partecipazione alla vita economica e sociale. La scuola per noi è il luogo dove combattere le disuguaglianze, formare cittadini consapevoli, il vero motore della crescita economica e sociale del Paese. Il governo di centrodestra non ha affrontato i problemi cronici della scuola italiana, ma li ha aggravati, tagliando 8 miliardi e 132 mila posti di lavoro, e il governo Monti non ha interrotto la sottrazione di risorse, apostrofando gli insegnanti come «conservatori». Sono state effettuate scelte in direzione contraria al resto d’Europa, pensando che il contenimento della spesa pubblica si potesse ottenere con la riduzione delle spese per l’educazione, mentre altrove si sono limitate le spese in altri settori. L’impegno dei Democratici e dei Progressisti oggi non può essere fatto di roboanti promesse, ma di un confronto aperto, affinché l’istruzione non sia il luogo delle divisioni, ma dell’unità del Paese, per rendere il sistema scolastico italiano più efficace e più equo. Non basta difendere l’esistente, dobbiamo dare a questo Paese una prospettiva di cambiamento reale, con l’impegno, innanzitutto, di riportare gradualmente l’investimento al livello medio dei Paesi Ocse. Serve una «Costituente per la scuola» che sappia mobilitare energie e intelligenze, se si vuole uscire dalla rincorsa delle emergenze, individuando una nuova direzione per lo sviluppo dell’educazione. Cambiare passo per raggiungere obiettivi concreti: la sfida che si troverà di fronte il nuovo governo è quella di abbattere oltre il 18% di dispersione in 7 anni. Il punto di sofferenza è lo snodo che va dagli 11 ai 16 anni, che coincide con il passaggio dalla preadolescenza all’adolescenza. E’ qui che si registra il tasso più alto di dispersione scolastica, con punte del 30%. L’allungamento del tempo scuola è il miglior antidoto alle disuguaglianze scolastiche (tempo pieno nella primaria, scuole aperte il pomeriggio per la secondaria); comporta sicuramente oneri aggiuntivi, ma nettamente inferiori al guadagno potenziale che ne deriverebbe al Paese. E servono investimenti per la formazione in servizio degli insegnanti e un reclutamento ad hoc per questa fascia delicata di età. Alle superiori serve un biennio unitario affinché non ci siano scelte premature, che aggravano la dispersione. Va poi rafforzato il sistema dell’istruzione e della formazione tecnica e professionale, facendo dialogare scuole, enti locali, imprese, università e mondo della ricerca. Perchè siamo stati un grande Paese industriale quando abbiamo avuto eccellenti Periti Industriali. Dare stabilità, significa assicurare un organico funzionale stabile ad ogni scuola autonoma (l’unica vera riforma «epocale»), verificandone i risultati non per premiare o punire chicchessia, ma per accompagnare ogni scuola verso il miglioramento dell’efficacia della didattica.

E’ urgente un piano straordinario per l’edilizia scolastica e per attuarlo bisogna allentare il patto di stabilità interno per gli enti locali che investono nella ristrutturazione o nella edificazione di nuove scuole, e offrire la possibilità ai cittadini di destinare l’8 x mille dello Stato in modo mirato all’edilizia scolastica. Se saremo chiamati a governare vogliamo rimboccarci le maniche come si è fatto in Emilia-Romagna dopo il terremoto. E ricostruire il Paese dalle macerie economiche, sociali e morali in cui lo sta lasciando la destra, a partire dalle scuole.

La Stampa 21.01.13

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