attualità, politica italiana

"L’ambiguità del leader tra annunci e smentite", di Mattia Feltri

Il punto di forza di Grillo resta l’asimmetria comunicativa. Comunica con tutti, ma nessuno può parlare a lui

Tutti impazziti, come dice Petra Reski, giornalista tedesca di Focus. Ognuno alla frenetica ricerca del segnale giusto, ognuno smarrito nell’approccio a un movimento che sovverte l’ordine costituito nel rapporto dei leader coi leader, dei leader con la stampa, per non dire dello sbigottimento nell’apprendere che i leader del MoVimento 5 Stelle sono non-leader, sebbene andranno alle consultazioni (senza non) con Giorgio Napolitano. Un’ambiguità che fa impazzire tutti. Beppe Grillo si ritrova a smentire l’intervista con la Reski e la Reski stessa smentisce l’interpretazione che è stata data della sintesi del suo sito. Cioè, scrive in mattinata l’ Ansa attribuendo le parole a Grillo, «se il Pd di Pierluigi Bersani e il Pdl di Silvio Berlusconi» proponessero un cambiamento immediato della legge elettorale, l’abolizione dei rimborsi elettorali e introducessero il tetto di due legislature per deputato, «noi sosterremmo naturalmente subito un governo del genere. Ma non lo faranno mai». Qualcuno, e neanche molti, decifra l’editto come una disponibilità a fare il governissimo. Grillo si infuria. La giornalista di Focus pure: «Mi sembrano tutti impazziti». E specifica ripetendo però a fotocopia le parole dell’ Ansa. Rimane un dubbio: quel sosterremo sta per «voteremo la fiducia» o «voteremo i provvedimenti»? Dettagli, in fondo. Nell’uno e nell’altro caso, non verrebbe da giurare che l’ultima posizione di Grillo sia però coincidente con quella di martedì: «Faranno un governissimo pdmenoellepdielle. Noi siamo l’ostacolo».
L’introduzione di un sistema asimmetrico di comunicazione – Grillo parla a tutti ma nessuno può parlare a Grillo, anche perché lui ufficialmente non è incaricato di nulla – complica ulteriormente le cose. Per esempio, che peso dare alle certezze di Dario Fo, sostenitore del MoVimento di cui per qualche ora è stato nientemeno che il candidato al Quirinale, quando dichiara «so che lui ci sta» a Otto e mezzo? La domanda di Lilli Gruber era: Grillo farà nascere il nuovo governo proposto da Bersani? Che interpretazione dare agli ottimismi di Adriano Celentano che l’indomani afferma: «Grillo non è un irresponsabile, e appoggerà un governo qualunque forma abbia» (purché adotti anche i punti del suo programma)? Un enigma. E nel frattempo Grillo scrive sul sito o affida a occasionali telecamere le sue ultime riflessioni. «Non è il momento di parlare di alleanze», dice alle 15.31 di martedì, quattro minuti prima di parlare di alleanze: «Il MoVimento non si allea con nessuno». L’indomani: «Noi non stiamo alla finestra: entriamo. Ma inciuci e inciucetti e accordi non ne faremo». Gli stessi accordi che ieri, nella versione vidimata da Focus, ricompaiono.
Siamo davanti a un MoVimento con un non-Statuto e senza leader, dove uno conta uno, e però se quell’uno (Viola Tesi, elettrice di M5S) lancia un appello a valutare l’alleanza col Pd, e raccoglie 140 mila adesioni, è un uno che non conta. Non conta il deputato lombardo Ferdinando Alberti che si dice «orientato» a votare la prima fiducia. Non conta il deputato Alberto Zolezzi che vorrebbe accordarla «a un governo di scopo» (più o meno quello che ha detto Grillo a Focus ). Non conta la senatrice Serenella Fuksia: «Se ci sono convergenze, posso votare la fiducia a Bersani». Tutti impazziti, naturalmente. Stavolta lo dice Grillo: «Il MoVimento non darà alcun voto di fiducia». Né inciuci né inciucetti. A meno che: «Se proprio ci tengono alla governabilità, possono sempre votare loro [Pd e Pdl] la fiducia al primo governo targato M5S». Viene il mal di mare. Perché poi ogni spiffero esce sul sito, viene dettagliato in streaming su twitter, precisato da Gianroberto Casaleggio al Guardian: «Il M5S voterà per tutto ciò che è parte integrante del suo programma». Il famoso modello-Sicilia. «Il modello Sicilia è meraviglioso», dice anche Beppe Grillo. La fibrillazione è totale perché in Sicilia i deputati grillini non fanno opposizione pregiudiziale, e persino votano qualche provvedimento del presidente Rosario Crocetta. Il quale, però, una maggioranza ce l’ha, tenuta assieme con lo spago ma ce l’ha, e non ha bisogno del MoVimento per sopravvivere. Che c’entra il modello-Sicilia con l’ansiogeno stallo romano? Niente di niente. E però mezzo Pd ci si aggrappa, aggiungendo caos al caos. E un dubbio: ma Grillo se la sta spassando o è proprio così?

da La Stampa

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Roma, blindato il summit dei neoeletti. Località segreta, negata la diretta sul web: “Ma non è il capo che decide per noi”
Grillini sull’orlo di una crisi di nervi. Il gioco non è ancora iniziato, ma serve uno psicoterapeuta per evitare il collasso. Fisico e mentale. Favia: «Obbediranno, manca la caratura morale per dissentire»
di Andrea Malaguti

Grillini sull’orlo di una crisi di nervi. Il gioco non è ancora iniziato, ma serve uno psicoterapeuta per evitare il collasso. Fisico e mentale. La fusione. La follia. Lo scontro. Pressione furibonda. Responsabilità da schiantare un toro. Non era poi così male essere gente comune. Com’è stata questa vigilia del famoso incontro romano? Davvero valeva la pena farsi travolgere da questa onda velenosa, altissima, senza fine, fatta di domande, spernacchiamenti, diffidenza, ammiccamenti, proposte indecenti e insulti, attese e speranze in cambio di 2500 euro al mese da intascare per il bene delle Patria?
Il primo conclave della nuova era moVimentista si apre oggi pomeriggio nella Capitale promettendo di durare tre giorni. E i 162 neoparlamentari in arrivo da ogni angolo della Penisola hanno scelto la formazione a testuggine. Nessuna diretta streaming. La glasnost stavolta non funziona. Chiusi, compatti, in difesa davanti alle pressanti richieste del Paese – a chi date la fiducia? – in attesa di capire come comportarsi col Capo. Tutti barricati in una segreta Cappella Sistina. «E se qualcuno svela dove siamo lo cacciamo a calci in culo. In questo momento dobbiamo guardarci in faccia tra noi». Sono in pochi a parlare. Dopo che una mail interna ha consigliato il basso profilo. Nervosi come la jesina Donatella Agostinelli, che all’ennesima domanda sulla libertà di pensiero («Avete un cervello o lo avete ceduto in comodato d’uso a Grillo e Casaleggio? ») comprensibilmente sbotta: «Per i giornali sembra che siamo pecorelle al seguito del capo, ma non è lui che sceglie per noi».
E’ uno strano piscodramma. In cui il Guru Beppe Grillo – atteso assieme a Gianroberto Casaleggio soltanto domani – vorrebbe sentirsi rassicurato dalla base e la base vorrebbe avere la libertà di esprimersi senza il timore di sentirsi pericolosamente lontana da una linea che nei fatti non esiste. Inutile contestare. Il regolamento è chiaro. «Chi non gradisce gli obiettivi è pregato di farsi da parte». Gode Giovanni Favia. Dissidente suo malgrado. Delfino del Sovrano fino all’espulsione e conseguente inutile trasferimento nelle liste Ingroia per avere insinuato che tra i 5 Stelle non c’è democrazia. «Vedrete che i neoletti obbediranno agli ordini. Manca la caratura morale per dissentire», butta lì con l’autorevolezza di una segretaria di Mao. Ma perché chi è d’accordo con Bersani nel Pd è uno serio e chi la pensa come Grillo nel MoVimento è una mammoletta? Misteri. Che il clima generale non aiuta a risolvere. «Non siamo burattini, condividiamo la linea. Non sono capacità divinatorie. Lavoriamo insieme da molto tempo», insiste Carla Ruocco.
Solo gli uomini più vicini al papa ligure sembrano estranei all’impazzimento. L’avvocato Alfonso Bonafede passa il sabato nella sua casa in Toscana. Accende il cellulare solo per controllare i messaggi. E spiega candidamente di non avere idea di dove si terrà l’incontro. «Un paio di colleghi passano a prendermi in macchina domani e mi portano a destinazione. Queste fibrillazioni sono frutto della pressione, ma appena ci incontreremo avremo la forza di indicare un’agenda. E’ sempre stato così». Da alcuni giorni si sveglia con immagini fuggitive che non si prende la briga di inseguire. «Il programma c’è. Pensare a un’alleanza con Bersani non si può. E con Berlusconi tanto meno. Però possiamo discutere di temi specifici». In sintonia, ma meno serafica, la riminese Giulia Sarti. «Bersani se la può scordare un’alleanza. Non è colpa nostra se si è creato questo stallo». Ha 26 anni. E per un pezzo ci ha creduto nella sinistra classica. Ora le fa quasi male dire certe cose. Ma se non taglia di netto il cordone ombelicale le amarezze le resteranno dentro come fango nero. Come poltiglia. Ieri sera, dopo duecento telefonate – è svenuta mentre stava tenendo l’ennesima conferenza sul futuro. I suoi genitori le hanno detto: Giulia, ora basta. Lei si è rimessa in piedi. «Non riesco a pranzare con loro da una settimana. E’ il momento di farsi forza. Ci è arrivata addosso una valanga. Non è vero che sfuggiamo al confronto, abbiamo solo bisogno di respirare. E chi parla prima della riunione romana rischia di dire cose a vanvera».

da La Stampa