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"Chi chiedeva un «nome» al M5S ha sbagliato a votare", di Cristoforo Boni

Eppure c’era chi pensava, anzi era sicuro, che Grillo ieri avrebbe presentato al presidente della Repubblica una rosa di nomi. E, se non proprio una rosa, almeno un nome. Erano i tifosi del Grillo che fa politica, che fa pesare i suoi voti sul tavolo che conta, che è disposto ad alleanze per far passare le proprie proposte. Invece non è accaduto nulla. Grillo si è blindato sulla linea del rifiuto. Prima di fare un nome deve crollare il mondo. Prima di fare un nome deve ottenere il 100% dei voti. Prima di scoprire davvero le carte tutto e tutti devono essere spazzati via. Ha pure detto che quanti hanno votato il Movimento 5 Stelle con l’obiettivo di condizionare la politica, di spostare gli equilibri, insomma di fare qualcosa di diverso dall’opposizione assoluta, «hanno sbagliato il voto».
Ora vedremo le reazioni della curva grilllina. Vedremo, ad esempio, se Paolo Flores d’Arcais sarà conseguente con quanto ha scritto ieri nell’editoriale de il Fatto quotidiano. «Senza quel nome – implorava ieri Grillo – la proposta resta virtuale, addirittura impalpabile». Ancora: «Solo diventando protagonisti, cioè proponendo subito una soluzione alla crisi, Grillo renderebbe stringente la sua proposta (sacrosanta) che intanto il Parlamento lavori, e realizzi le misure (altrettanto sacrosante) che ancora ieri ha riproposto nel suo blog».
Per Flores, che certamente rappresenta un sentimento diffuso tra gli elettori Cinque stelle (anche se magari non maggioritario), è vitale che Grillo si spenda per cambiare effettivamente le cose, smettendo di puntare tutte le fiches sull’immobilismo e l’avvitamento del sistema. «Altrimenti – proseguiva l’articolo – anche questo apparirà a un numero crescente di cittadini come un escamotage con cui il M5S si limita a guardare, anziché agire, in una deprimente passività (che la propensione al turpiloquio non riscatta, anzi sottolinea) e
autoreferenzialità che è l’opposto di quello tsunami costruttivo che quasi nove milioni di italiani gli hanno affidato come mandato».
«Mantengano le promesse, siano protagonisti, propongano un nome. La loro credibilità nel Paese farà un balzo in avanti. Oppure…» Leggeremo il seguito. Ieri sera, nei vari blog, la chiusura totale di Grillo, la sua difesa a riccio del gruppo parlamentare da qualunque compromissione con la politica in carne e ossa, sono state oggetto di numerose contestazioni. Il capogruppo in Senato Vito Crimi ha detto che il nome lo faranno in pochissimo tempo quando avranno la comunicazione che il governo sarà integralmente, totalitariamente Cinque stelle.
Al di là dei dubbi sull’adesione del tandem Grillo-Casaleggio all’idea democratica, resta comunque una ragione tattica evidente nel dikat isolazionista: Grillo sa che la sua pattuglia di parlamentari è smarrita, evidentemente impreparata, e sono persino estranei gli uni agli altri. Lo smacco dei «franchi tiratori» al primissimo voto in Senato è stato pesante. E ha fatto capire a Grillo che quel gruppo è a rischio rottura. Lo stesso Grillo ha messo più volte le mani avanti: ci sarà gente che ci tradirà.
La linea del rifiuto totale, del congelamento politico, è quella che può garantirgli il maggiore controllo sui suoi parlamentari. Anche per questo ha deciso di perseguirla senza esitazioni, stroncando con la solita violenza verbale i dubbi dei suoi, persino dei sostenitori più sfegatati. Avrebbe potuto Grillo far saltare il ricatto di Berlusconi sul Quirinale, quello che ha bloccato Bersani. Invece ha giocato di sponda con Berlusconi, facendo crescere il suo potere di interdizione. Flores d’Arcais non è certo simpatizzante del Pd. Anzi, ne è avversario fiero. Ma non è stupido e, per quanto forte sia il suo desiderio di sconfiggere il Pd, non gli sta bene che Grillo giochi nella squadra del Cavaliere facendo crescere il suo potere sulla legislatura. Questa è la politica. Difficile, non sempre limpida. Ma non c’è tradimento maggiore della rinuncia.

L’Unità 30.03.13