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"L’avvocato del Cavaliere con la pistola sul tavolo", di Sebastiano Messina

Non ha l’energia sanguigna del toscanaccio Denis Verdini, e nemmeno il teatrale candore di Angelino Alfano, ma l’avvocato Piero Longo, difensore del Cavaliere e (dunque) deputato al Parlamento, ha il pregio di incarnare il vero sentimento berlusconiano al tempo delle Larghe Intese. Perché lui ama discutere, ma con la pistola in tasca.
E quando gli chiedono del processo al Capo e di quell’interdizione dai pubblici uffici che lo metterebbe fuori dalla politica, lui conferma la fiducia nella giustizia ma avverte che «se Berlusconi fosse interdetto dai pubblici uffici, al giudizio della Cassazione, il governo forse cadrebbe un secondo prima ». E con questa mossa lesta e malandrina ha messo sul tavolo, davanti agli occhi di chi dovrà giudicare, la pistola della crisi. Una pistola metaforica, si capisce. Il fatto è che l’avvocato la pistola ce l’ha davvero. «Ce l’ho sulla scrivania, in questo momento è davanti a me: una Ruger Lcr fabbricata in America» racconta in radio al sulfureo Cruciani de “La Zanzara”, lo stesso al quale un anno fa aveva rivelato di averne addirittura tre, di pistole: «due calibro 38 e una 765 semiautomatica », e che ogni tanto gli succede «di portarne in giro una, giusto per farle prendere aria». Purtroppo, si lamentava ieri, «non posso portarla con me alla Camera, o in tribunale, o sul treno».
E meno male, perché l’avvocato Longo – che prima di Berlusconi difendeva i due neonazisti assassini di Ludwig e gli estremisti accusati di ricostituzione del partito fascista – ha la vocazione del giustiziere. Se l’altra mattina si fosse imbattuto nel picconatore pluriomicida di Milano, Mada Kabobo, gli avrebbe sparato subito. «Alle gambe. E se non si fosse fermato avrei sparato di nuovo alle gambe e poi addosso». Non sapremo mai cosa sarebbe successo davvero, però sappiamo che quando l’avvocato Longo, il deputato Longo, decide che è arrivato il momento di mettere mano alla pistola, lo fa senza pensarci su due volte. L’unico dubbio che lo coglie, semmai, è se usare la Ruger, l’altra 38 special o la 765 semiautomatica. «Possiamo fare a meno del burro ma non possiamo fare a meno delle armi, perché con il burro non si spara” diceva Goebbels tre anni prima della guerra. Oggi, in questa lunga vigilia giudiziaria che s’intreccia con l’alba delle Larghe Intese, le sparate dell’avvocato Longo ci ricordano che la pacificazione invocata dal Cavaliere è solo il burro al quale non sarà difficile rinunciare quando verrà l’ora delle pistole.

La Repubblica 17.05.13

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