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“La sconfessione del cattivismo”, di Gad Lerner

Ci voleva un Papa per chiedere scusa ai migranti senza beccarsi l’accusa di “buonismo”? Ci voleva un Papa per abolire la pena dell’ergastolo senza subire insinuazioni di compiacenza con gli assassini? Sarò ingenuo, ma penso sinceramente che non sia addebitabile a meri calcoli di natura servile la reazione, forse perplessa, ma pacata, ai messaggi di civiltà lanciati da Francesco.
MESSAGGI che pure – come dimenticarlo? – ribaltano il senso comune allarmista
e securitario su cui la politica italiana ha lucrato per anni, rappresentando
nel dibattito pubblico l’immagine caricaturale di un paese incarognito. Nessuno
fra i ministri firmatari del trattato italo-libico se l’è sentita più di
rivendicare il respingimento in mare manu militari dei profughi verso i campi
di prigionia allestiti nel deserto. Nessun opinion leader spiritoso ha
indirizzato a papa Bergoglio il ben noto invito sarcastico: “Se gli piacciono
tanto i clandestini, perché non li ospita a casa sua anziché rifilarceli?”.
Al contrario, nella destra italiana si sono levate solo un paio di voci per
manifestare civile dissenso. Fabrizio Cicchitto: “Un conto è la predicazione
religiosa, un altro è la gestione da parte dello Stato”. Giuliano Ferrara: “Il
gesto è meraviglioso ma la globalizzazione porta speranza”… Magari, negli anni
scorsi, di fronte a fenomeni complessi e drammatici come i flussi migratori e
la gestione della pubblica sicurezza, il confronto si fosse mantenuto su toni
così pacati!
Quando il ministro dell’Interno Roberto Maroni, nel febbraio 2009, proclamava
che “non bisogna essere buonisti ma cattivi per contrastare l’immigrazione
clandestina”, fra i sedicenti liberali e garantisti della destra italiana si
era forse udita una presa di distanza?
La nostra classe dirigente, allora, non si macchiò solo della colpa dell’
indifferenza denunciata a Lampedusa dal Papa. Essa considerò vantaggioso
manifestarsi peggiore del suo popolo. Volle trasformare l’indifferenza in
ostilità, col grido ignobile di fora da i ball. Questa è la verità storica. Se
quello stesso anno fu introdotto il reato di immigrazione clandestina,
rivelatosi del tutto inutile ai fini della deterrenza, lo dobbiamo a una
campagna ideologica di dileggio finalizzata a ridicolizzare i sentimenti
altruistici e il rispetto dei diritti fondamentali. La disumanizzazione si
avvaleva di quel famigerato neologismo con cui la stessa bontà viene tradotta
in ipocrisia, come tale riservata a una minoranza di privilegiati: il
“buonismo”, appunto.
Così il vergognoso trattato italo-libico dei respingimenti ha finito per
essere votato quasi all’unanimità da un Parlamento opportunista, riducendo all’
insignificanza le voci di dissenso. Ma soprattutto, quando nel 2011 le rivolte arabe hanno dato luogo a una fuga via mare in cerca di salvezza verso le nostre coste, i nostri governanti hanno perso il senso delle proporzioni. Berlusconi ha parlato ndi “tsunami umano”. La Russa si è costernato annunciando un “esodo biblico” (da ntifoso dei faraoni, la fuga degli schiavi verso la libertà non deve essergli mai piaciuta). Frattini e Maroni hanno sparato previsioni stratosferiche sui migranti in arrivo: due milioni, mezzo milione, trecentomila. Ci fu anche chi propose di evacuare gli italiani da Lampedusa trasformando tutta l’isola in un grande centro di espulsione. Alla fine furono censiti in tutto 22 mila sbarcati, in un paese che conta 60 milioni di abitanti.
E’ dunque solo per timore reverenziale di papa Francesco se questo grossolano
armamentario di luoghi comuni ostili, adoperati da un ventennio per rendere la
vita impossibile agli stranieri e per nascondere la tragedia umanitaria del
Canale di Sicilia, oggi non viene più riproposto dagli imprenditori politici
del rancore e della paura?
Credo (e spero) che non sia così. Il brontolio rimane sottotraccia. Certo, la
Lega non smette di abusare dello stigma minaccioso per cui gli stranieri
irregolari e i profughi diventano “clandestini”. Ma è un segno dei tempi che i
suoi tentativi di organizzare contestazioni pubbliche della ministra per l’
Integrazione, Cécile Kyenge, falliscano regolarmente. La Grande Depressione
lacera, certo, una società sofferente; ma ha destituito di credibilità la
ricetta secondo cui la salvezza andrebbe cercata nella scorciatoia delle
piccole patrie. Semmai, in alternativa alla guerra fra poveri, torna a
proporsi, lontano dalla politica, il bisogno di comunità. Lo spirito di
fratellanza. La ricerca di buona vita.
La predicazione di papa Francesco intercetta questa ricerca diffusa di un
nuovo spirito pubblico. Lui, per fortuna, non può essere tacciato di incoerenza
o furbizia. Se, di fronte alla tentazione delle belle automobili, Bergoglio
raccomanda ai sacerdoti di pensare ai bambini che muoiono di fame, nessuno può
permettersi facili ironie. Prima o poi è inevitabile che il becerume trovi
nuovi canali pubblici per manifestarsi; ma è lecito sperare che almeno una
parte della nostra classe dirigente abbia imparato la lezione del rispetto,
dopo gli anni in cui si era sgangheratamente avventata contro il “politically
correct”.

La Repubblica 13.07.13