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Malala conquista l’Onu «Talebani, non taceremo», di Umberto De Giovannangeli

Una sedicenne conquista l’Onu. Con la sua grazia, con la sua determinazione, l’ indomito coraggio. «Oggi non è il mio giorno, è il giorno di tutti coloro che combattono per i propri diritti. I talebani non mi ridurranno mai al silenzio e non uccideranno i miei sogni». A testa alta, coperta da uno scialle di Benazir Bhutto e con la voce ferma di chi, ad appena 16 anni, ha già la consapevolezza di essere il simbolo di chi vuole difendere i propri diritti, Malala Yousafzai,
la giovane attivista pakistana ferita lo scorso anno alla testa dai talebani,
ha parlato al Palazzo di Vetro. «Sono qui e oggi parlo per tutti coloro che non
possono far sentire la propria voce ha proseguito -. Pensavano che quel
proiettile ci avrebbe fatto tacere per sempre, ma hanno fallito», scandisce
Malala, lanciando un vibrante appello «all’istruzione per tutti i bambini». Le
sue parole sono state accompagnate dall’ovazione dell’assemblea. «Ecco la frase
che i talebani non avrebbero mai voluto sentire: buon 16esimo compleanno
Malala» le ha detto l’ex premier britannico Gordon Brown, oggi inviato delle
Nazioni Unite per l’educazione.
LO SCIALLE DI BENAZIR
Ogni parola di Malala viene dal profondo di un vissuto di dolore e di dignità.
«È un onore per me parlare di nuovo dopo tanto tempo, essere qui con tanta
gente onorevole e indossare questo scialle di Benazir Bhutto. Non so da dove
cominciare ha esordito la ragazza -. Non so cosa le persone si aspettino che io
dica. Prima di tutto grazie a Dio, per cui noi siamo tutti uguali, grazie a
tutti quelli che hanno pregato per me, all’amore che la gente che ha
dimostrato. Ho ricevuto cartoline e regali da tutto il mondo.
Grazie ai bambini i cui mondi innocenti mi hanno incoraggiata. Vorrei
ringraziare le infermiere, i medici del Pakistan e del Regno Unito, il governo
che mi ha aiutato». Poi un messaggio all’Onu: «Sostengo pienamente Ban Ki-moon
nella sua azione per l’istruzione» e «ringrazio tutti per la leadership che
offrono e l’ispirazione che ci danno».
Colpita perché ha difeso il diritto allo studio delle donne del suo Paese,
Malala ha accusato i talebani di temere la forza dell’istruzione, ma
soprattutto quella delle donne: «Capiamo l’importanza della luce quando vediamo
l’oscurità, della voce quando veniamo messi a tacere. Allo stesso modo nel
Pakistan abbiamo capito l’importanza di penne e libri quando abbiamo visto le
pistole» ha scandito la giovane. «La penna ha proseguito è più forte della
spada. È vero che gli estremisti hanno e avevano paura di libri e penne. Il
potere dell’istruzione fa loro paura. E hanno paura delle donne: il potere
della voce delle donne li spaventa. Per questo hanno ucciso 14 studenti
innocenti. Per questo hanno ucciso le insegnanti, per questo attaccano le
scuole tutti i giorni. Gli estremisti hanno paura del cambiamento, dell’
uguaglianza all’interno della nostra società». Poi ha aggiunto: «Oggi siamo noi
donne ad agire da sole, non chiediamo agli uomini di agire per noi come è
accaduto in passato. Non sto dicendo agli uomini di non parlare a favore dei
nostri diritti, ma mi concentro perché la donna sia autonoma e lotti per se
stessa».
APPELLO AI GRANDI
Un discorso appassionato quello di Malala, tra i più alti che il Palazzo di
Vetro abbia registrato nella sua storia. «La pace è necessaria a fini dell’
istruzione, il terrorismo e i conflitti impediscono di andare a scuola. Noi
siamo stanchi di queste guerre», scandisce.
Parla ai cuori e alle menti, Malala. E ha cosa da chiedere ai Grandi della
terra. Cosa concrete, impegni verificabili. «Chiediamo ai leader di tutto il
mondo di cambiare le politiche strategiche a favore di pace e prosperità, che
tutti gli accordi tutelino i diritti delle donne e dei bambini. Chiediamo a
tutti i governi di assicurare l’istruzione obbligatoria e gratuita in tutto il
mondo a ogni bambino, di lottare contro il terrorismo e la violenza. Chiediamo
ai Paesi sviluppati di sostenere i diritti all’istruzione per le bambine nei
Paesi in via sviluppo. Chiediamo a tutte le comunità di respingere i pregiudizi
basati su caste, sette, religione, colore, genere…Chiediamo ai leader di
tutto il mondo di assicurare la sicurezza di donne, perché non possiamo avere
successo se metà di noi subisce torti. E chiediamo a tutte le sorelle di essere
coraggiose, comprendendo il loro pieno potenziale e agendo». Nella mani di
Malala una petizione, firmata da quasi 4 milioni di persone, a sostegno di 57
milioni di bambini che non vanno a scuola e che chiedono ai leader del mondo
«fondi per nuovi insegnati, aule e libri». La petizione chiede anche l’
immediato stop allo sfruttamento di bambini nei luoghi di lavoro e al traffico
di minori.
La grande sala del Trusteeship Council le ha riservato una standing ovation
lunga e profonda. I rappresentanti delle istituzioni sono tutte in piedi.
«Malala tu sei la nostra eroina, sei la nostra grande campionessa, noi siamo
con te, tu non sarai mai sola», le assicura commosso il segretario generale
delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Le sue parole sono coperte dagli applausi che
avvolgono la sedicenne. Se la comunità internazionale avesse un alto senso di
sé, il prossimo Nobel per la pace avrebbe già un nome, un volto, una storia:
quelli di Malala Yousafzai.

L’Unità 13.07.13