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“Valutazione, i presidi dicono no”, di Mario D’Adamo

Nel corso dell’incontro svoltosi la settimana scorsa al ministero con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali sono continuate a piovere critiche sul decreto che introduce il sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione. Pubblicato in Gazzetta ufficiale il 4 luglio scorso e fortemente voluto dal precedente ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, che nel marzo scorso lo aveva presentato al governo per l’approvazione, il decreto, in particolare, interseca i propri contenuti con quelli contrattuali sulla valutazione dei dirigenti scolastici.

E crea incertezze interpretative e resistenze. Alle sollecitazioni della dirigente preposta agli ordinamenti scolastici, Carmela Palumbo, che segnalava come l’unica area dirigenziale non ancora sottoposta a valutazione è quella dei dirigenti scolastici, le organizzazioni sindacali hanno obiettato che, a distanza di sette anni dalla sottoscrizione del contratto che la prevedeva, non ha ancora trovato applicazione la normativa sulla verifica dei risultati e la valutazione dei dirigenti scolastici, soprattutto perché il ministero non ha provveduto alle parti di sua competenza, l’attivazione dei nuclei di valutazione e la determinazione dei criteri ai quali si dovrebbero attenere. Pensare ora di introdurre un altro sistema di valutazione, oltre tutto meno garantistico di quello contrattuale, è incoerente e irrazionale, in relazione anche a diverse altre critiche al decreto. Dei tre organismi, infatti, ai quali è affidata la valutazione, Invalsi, Indire e corpo ispettivo, Invalsi e Indire devono essere riformati e quanto agli ispettori se ne dovrebbe rivedere il profilo, per tacere del fatto che, se pur sarebbe necessario un organico ben più consistente di quello attuale di 330 unità, in ogni caso esso presenta così numerosi buchi da non poter essere colmati nemmeno con l’immissione in ruolo dei cinquantanove neovincitori di un concorso durato oltre cinque anni, che andranno ad aggiungersi alle poche decine di colleghi in servizio neppure in tutte le regioni. E se per completare l’organico sarà indetto un altro concorso, c’è il rischio che passi un altro lustro. Pensare realisticamente di avviare una valutazione del sistema scolastico con questi mezzi è come tentare di svuotare il mare con un secchiello forato. E pensare di farlo nei confronti dei dirigenti scolastici rischia di aprire anche un contenzioso giuridico – sindacale infinito. La valutazione negativa di un dirigente scolastico ha effetti sull’incarico affidato, che potrebbe essere modificato fino a far intervenire il recesso, e su una quota parte della retribuzione, quella di risultato, che potrebbe non essere attribuita. Il sistema di valutazione, introdotto con il decreto, prevede infatti che i risultati della valutazione operata nelle scuole sottoposte ad esame siano forniti ai direttori generali degli uffici scolastici regionali, ai sensi dell’art. 25 del decreto legislativo n. 165 del 2001. E quest’ultima disposizione prevede che i dirigenti scolastici rispondano della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Per rispondere dei risultati del servizio, però, occorre vi sia un nesso di causalità con la loro azione e per l’accertamento di questo nesso il contratto dell’11 aprile 2006 aveva giustamente previsto una serie di procedure e garanzia e tutela del preside sottoposto a verifica. Se queste mancano o non sono rispettate o vengono trascurate, come sembra fare il decreto, non si va da nessuna parte o, meglio, si va dal giudice del lavoro, giacché in materia di diritti retributivi e di svolgimento delle mansioni affidate il contratto di lavoro continua a prevalere sul decreto.

da ItaliaOggi 16.07.13