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«In Senato per dire ai politici: non strumentalizzate la ricerca», di Giovanni Caprara

«Che forza c’era in Rita Levi Montalcini, che entusiasmo per la scienza, che determinazione nelle sue idee». Elena Cattaneo, illustre ricercatrice e neosenatore, ricorda la grande scienziata con passione. «Se penso alla sua scoperta, sono ammirata perché nel suo tempo aveva davanti due sfide: il deserto della conoscenza nel quale si inoltrava e la solitudine in cui agiva, pensava, esplorava. Non era come oggi che con Internet è facile scambiare pareri, comunicare, vedere ciò che di nuovo continua a emergere. Immagino quali fatiche quotidiane deve aver affrontato per far fronte al desiderio inarrestabile della sua ricerca, delle idee che la sua mente coltivava in maniera inarrestabile. Esile nella figura ma che grande esempio per tutti noi».
C’è un’ altra scienziata rimasta indelebile nei ricordi di Elena Cattaneo ed è Margherita Hack. Anche lei ci ha lasciato, come Rita Levi Montalcini, nei mesi scorsi creando un vuoto perché entrambe erano parte attiva della società oltre che della scienza. «Era un personaggio pluridimensionale — rammenta — non guardava solo le stelle ma condivideva senza sosta e grande partecipazione la vita civile. Penetrante era la sua azione, il suo parlare, la sua sensibilità al mondo quotidiano che la circondava».
Essere ricercatrice, oggi, non sempre è facile. «Ma per me non c’è differenza alcuna. Maschi o femmine si confrontano con i problemi e ciò che è importante è la loro capacità. Nella costruzione di una squadra io guardo con trasparenza ai valori che si esprimono. Considero tutti indistintamente coloro che hanno idee, guardano all’obiettivo e alla loro voglia di raggiungerlo. Certo, talvolta le esigenze della vita cambiano la storia personale. Essenziale è per una scienziata la complicità familiare perché ognuna ha il diritto di inseguire le proprie aspirazioni. Sempre confrontandosi con i colleghi a pari merito e tutte le difficoltà si possono superare. Pensiamo a scienziate come Fabiola Gianotti al Cern, alla guida di tremila ricercatori, nella sfida affascinante delle frontiere della fisica; o a Elisabetta Dejana che all’Ifom di Milano scruta i segreti dei geni per curare malattie; oppure a Maria Grazia Roncarolo dell’Ospedale San Raffaele-Telethon, esploratrice di successo degli enigmi del nostro sistema immunitario».
Poi c’è la scienza unita alla politica, nuova dimensione di Elena Cattaneo, senatrice a vita. «Il presidente Giorgio Napolitano mi ha nominato pensando all’importanza del mondo della ricerca, parte inscindibile, ormai, delle grandi decisioni che la politica deve esprimere. E da essa possono uscire prospettive bellissime per la nostra vita, il nostro futuro, ma talvolta escono anche cose cattive, pericolose».
Purtroppo gli esempi di questi mesi confermano la mancanza di legame tra chi decide politicamente e la necessità di sapere il significato di ciò che nell’Aula si affronta e le conseguenze generate. «Penso — aggiunge con un filo di tristezza, unita alla voglia di intervenire e cambiare — alle scelte compiute sul presunto metodo stamina, privo della verifica scientifica, alla incredibile lotta che si è aperta contro la sperimentazione animale, senza sapere che non si possono conquistare risultati utili alla nostra salute senza una ricerca priva di queste possibilità».
Ma che cosa si può fare perché la pericolosa condizione del dibattito politico muti la sua direzione diventando più consapevole e responsabile? «Ognuno deve esercitare il suo ruolo. Ci sono questioni nelle quali si deve ascoltare lo scienziato invece che strumentalizzare il tutto emotivamente per interessi politici di parte. Io farò tutto ciò che devo e non sarò sola, perché il Senato possa legiferare al meglio della conoscenza dei temi scientifici che tratta e affinché nell’Aula cresca una nuova sensibilità e attenzione oggi indispensabile per affrontare le preziose prospettive della biologia, dalle staminali agli ogm, entrate nelle opportunità della nostra vita. Dobbiamo fermare il pericoloso declino del Paese ricco di storia, arrestare l’irrazionalità e la superficialità dilagante, stimolare i giovani a impegnarsi, a studiare. E dobbiamo diffondere i valori della scienza come il Festival della scienza di Genova da anni si impegna a fare».
Un pensiero finale di Elena Cattaneo corre verso Marie Curie. «Quanto coraggio deve averla sostenuta — conclude — in un mondo e in un’epoca dove la donna nella scienza non era considerata. Pensiamo a queste grandi donne e anche noi trarremo forza» .

Il Corriere della Sera 21.10.13