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“La storia di Lea che sfidò le ‘ndrine”, di Silvana Mazzocchi

Picchiata, torturata e uccisa. Punita per aver osato trasgredire e ribellarsi ai vetusti codici delle ‘ndrine. Il suo corpo venne bruciato e le sue ossa frantumate in migliaia di frammenti. È Lea Garofalo, la testimone di giustizia per la cui morte la sentenza d’appello ha confermato nell’agosto scorso quattro ergastoli e distribuito una rosa di pene minori. I funerali con i suoi resti, ritrovati soltanto tre anni dopo grazie alle dichiarazioni un pentito, complice del suo ex compagno e degli altri suoi aguzzini, sono stati celebrati a Milano lo
scorso 19 ottobre. E lo stesso giorno la storia di questa donna coraggiosa che osò sfidare omertà e sottomissione e quella di sua figlia Denise, divenuta la principale accusatrice di suo padre, è arrivato in libreria con La scelta di Lea, la ribellione di una donna alla ‘ndrangheta (Melampo) firmato da Marika Demaria, la cronista che, per Narcomafie, il giornale dell’Associazione fondata da Don Luigi Ciotti, ha seguito con precisione e passione i processi di primo e secondo grado per l’omicidio della giovane donna.
Un simbolo potente Lea Garofalo, come «enorme», e lo sottolinea nella prefazione al libro Nando Dalla Chiesa, era stata la trasgressione compiuta dalla ex ragazza di Petilia di Policastro nei confronti dell’ambiente di provenienza della sua famiglia e del suo compagno Carlo Cosco, padre di Denise. Una donna che, per allontanarsi dal contesto di illegalità e morte in cui era cresciuta e per garantire un futuro migliore alla sua unica figlia, alza la testa, denuncia ed entra nel programma di protezione dello Stato. Con Denise, prima ancora bambina e poi adolescente, gira in lungo e largo l’Italia, cambia città e identità. E, quando, delusa e stremata dalla vita in eterna fuga, si allontana dal programma di protezione, trova in Libera un punto di riferimento. Presto però decide di tornare in Calabria; crede di non correre più rischi, (del resto le sue testimonianze non hanno prodotto alcun processo), ma sottovaluta le conseguenze dello sgarro compiuto, un’offesa che non prevede perdono. Prima tentano di rapirla nella sua casa di Campobasso. Infine, quando cede e va con Denise a Milano per farla incontrare con il padre che insiste per vederla, scompare. È il pomeriggio del 24 novembre del 2009. Poche ore dopo muore per mano del suo ex compagno. Ha appena trentacinque anni.
È Denise ormai quasi ventenne e che, con Lea ha condiviso orrori e paura, a testimoniare in aula già al processo di primo grado. E, quando ancora suo padre si diceva innocente, ha avuto il coraggio di accusarlo insieme ai suoi complici, con coraggio, lucidità e fermezza.
La scelta di Lea, racconta il contesto dove il delitto si è consumato, la forza della ribellione delle due donne, di una madre che, infranto ogni tabù, passa il testimone del coraggio alla figlia, perché sia fatta finalmente giustizia.
Lea Garofalo, simbolo del cammino di liberazione femminile contro i vetusti codici delle ‘ndrine e non solo, emerge nel libro di Marika Demaria, come la protagonista di una ribellione che già da tempo serpeggia nell’universo maschilista di cui la ‘ndrangheta è portabandiera. Ma è a Denise, che dopo il processo è tornata sotto protezione proprio come le accadde quando era bambina, e alle tante ragazze e ragazzi che fanno capo alle associazioni e ai gruppi antimafia o che sono stati assidui testimoni in aula durante i due processi, (per non lasciare Denise sola) che è affidata la speranza per il futuro.

La Repubblica 22.10.13