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Sardegna, allarme cemento Il Fai: “Dopo l’alluvione ripartiamo dalla bellezza”, di Giovanni Valentini

Bellezza, agricoltura, artigianato, tecnologie, turismo. E quindi, occupazione. Le sei frecce che campeggiano sulla locandina del convegno nazionale “Sardegna domani!”, organizzato a Cagliari dal Fondo ambiente italiano, avvicinano graficamente l’isola al Continente e rappresentano la metafora di «un patrimonio ambientale da assumere — secondo l’auspicio d’apertura di Maria Grazia Piras, presidente regionale del Fai — come paradigma di uno sviluppo sostenibile».
All’indomani del cataclisma che ha colpito la Sardegna, per una coincidenza che risulta tanto fortuita quanto tempestiva, questo incontro con la società civile segna un momento comune di riflessione, e soprattutto di svolta, per il futuro di questa terra “bella e dannata”. Con una certa dose di preveggenza, è stata la presidente onoraria Giulia Maria Mozzoni Crespi a volerlo con tutta la sua determinazione. E il “parterre” di ospiti ed esperti, insieme a una larga partecipazione di pubblico che ha gremito il Teatro Massimo, ha decretato il successo di un’iniziativa che punta ad alimentare un impegno collettivo di rinascita e di riscatto: tanto da produrre al termine una “Carta di Cagliari” per la messa in sicurezza del territorio e la tutela del patrimonio ambientale e culturale.
La Sardegna ferita a morte dall’alluvione diventa così «un laboratorio dove sperimentare buone pratiche per lo sviluppo economico, magari da replicare altrove», come dice ancora la signora Piras. Il paesaggio può essere certamente il “motore della crescita”, per l’agricoltura, per l’artigianato e per il turismo, ma anche — aggiungiamo noi — il regolatore di questa crescita: cioè la misura e il limite di un effettivo progresso sociale e civile.
Le “assenze eccellenti” non hanno tolto interesse al convegno: il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, e la sua collega dell’Agricoltura, Nunzia Di Girolamo, impegnati a Roma negli affari di governo, si sono limitati a inviare messaggi di circostanza. Ma quella del presidente della Regione, Ugo Cappellacci, è apparsa in realtà una latitanza
politica e istituzionale, accolta da un “buuu” di disapprovazione del pubblico in sala. Il suo Piano paesistico dei Sardi costituisce, infatti, il “pomo della discordia” intorno a cui si giocheranno le prossime elezioni regionali e soprattutto l’avvenire di questa “Atlantide meravigliosa” del Mediterraneo, come la definisce con trasporto Marco Magnifico, vicepresidente esecutivo del Fai.
Nel marzo scorso, era stato siglato un protocollo fra il ministero dei Beni culturali e la Regione per una parziale revisione del Piano paesaggistico approvato nella legislatura precedente. L’accordo prevedeva una corretta procedura di “copianificazione” tra lo Stato e la Sardegna. Ma poi, nell’imminenza della campagna elettorale, la giunta regionale ha forzato i tempi e il 25 ottobre ha varato unilateralmente un nuovo Piano che “permette di resuscitare tutte le lottizzazioni precedenti il 2004”, come ha protestato nella sua requisitoria dalla tribuna del convegno il presidente del Fai, Andrea Carandini: a suo giudizio, «è da rigettare, non solo perché sottrae la terra alla sua destinazione naturale, ma perché manomette il territorio», e perciò il Fai ne reclama la revoca. Di rincalzo, Maria Assunta Lorrai, direttrice regionale dei Beni culturali, annuncia l’intenzione del ministero di impugnare il provvedimento.
Non ha nascosto tutta la sua “rabbia” Giulia Maria Mozzoni Crespi, polemizzando apertamente con i due ministri assenti e in particolare con Cappellacci: «Doveva essere qui, oggi, a rispondere ai cittadini». La presidente onoraria del Fai denuncia poi in tono accorato l’abbandono e il degrado dell’agricoltura nell’isola; “la rapina delle terre”; “la grande illusione dell’arricchimento di valore”, attraverso la speculazione edilizia; le lentezze e le lungaggini di una burocrazia che “richiede procedure assurde anche solo per ammazzare un maiale” o per l’allevamento del bestiame; le disfunzioni e le carenze di un sistema dei trasporti che soffoca il turismo (“Costa meno una crociera a Dubai di un viaggio di tre giorni in Sardegna”).
Contro la “bulimia del cemento e del mattone”; a favore di un recupero e di una ricostruzione del patrimonio edilizio in stato di abbandono; in difesa del paesaggio agrario, delle coste e dei boschi, molti spunti e molte proposte sono state offerte dai dibattiti coordinati dai giornalisti Gad Lerner e Pasquale Chessa. Oltre a chiedere la revoca del Piano paesaggistico dei Sardi, la mozione finale del convegno sollecita tra l’altro l’investimento di risorse pubbliche e private, in modo da facilitare l’accesso al credito; il dialogo e la cooperazione fra i vari soggetti istituzionali e gli enti locali, per una “ecologia della pianificazione”; la valorizzazione delle aree interne. Da qui, dopo la furia dell’ultima alluvione, può iniziare il domani della Sardegna.

La Repubblica 29.11.13