attualità, politica italiana

"L’identikit dell’evasore nell’indagine Bankitalia", di Marco Ventimiglia

In Italia la letteratura sull’evasione fiscale è sterminata, così come, ahinoi, le dimensioni del fenomeno. Ciò non toglie che la conoscenza di un reato così penalizzante per l’intero Paese vada continuamente aggiornata. È quello che fa da tempo Bankitalia che ha da poco diffuso le sue ultime rilevazioni al riguardo. E fra i vari dati, che emergono dalle tavole presentate dai responsabili di Via Nazionale nel corso di un’audizione in Senato, a colpire l’attenzione c’è una sorta di identikit dell’evasore tipo nel nostro Paese: di sesso maschile, con età inferiore ai 44 anni, risiede nel Centro Italia e generalmente vive di rendita o è un lavoratore autonomo/imprenditore; ed ancora, non manca il calcolo del maltolto, che indica in 2.093 euro la somma mediamente sottratta al Fisco.

Confrontando i dati dell’indagine di Bankitalia con quelli della Sogei, la società del ministero dell’Economia a cui è affidata la gestione del sistema informativo dell’Anagrafe tributaria, emergono altri dati interessanti. In particolare, viene rilevato che la pro- pensione a evadere l’Irpef in Italia è al 13,5%. La percentuale si ottiene raffrontando il reddito netto pro capite registrato dalla Banca d’Italia (15.440 euro) con il reddito netto pro capite indicato da Sogei (13.356 euro), lo stesso raffronto che porta a quantificare il menzionato imponibile sottratto all’Erario, poco oltre i duemila euro. I più inclini a evadere (83,7%) sono i cosiddetti rentier, cioè coloro che vivono di rendita, che sottraggono al fisco ben 17.824 euro. Infatti, secondo Via Nazionale il loro reddito netto pro capite è di 21.286 euro, mentre secondo il sistema informativo dell’Anagrafe tributa- ria questa cifra «crolla» a 3.462 euro. In questa poco edificante classifica figurano poi lavoratori autonomi e imprenditori (con una propensione al 56,3%) che «evadono» 15.222 euro (secondo Bankitalia il reddito netto pro capite è di 27.020 euro e secondo So- gei di 11.798 euro). Seguono i lavoratori autonomi con lavoro dipendente o con pensione (propensione al 44,6%), che in media non dichiarano al Fisco 16.373 euro (36.745 euro reddito registrato da Bankitalia contro 20.372 euro rilevato da Sogei).

Naturalmente, leggendola in ordine inverso, dalla classifica emergono invece le categorie di cittadini più meritevoli, anche se spesso si tratta di persone che più semplicemente sono oggetto di trattenute fiscali da parte del datore di lavoro o dello Stato. E così, emerge che i meno propensi a evadere sono i lavoratori dipendenti (-1,6%), i pensionati (-0,6%) e i pensionati con lavoro dipendente (-7,7%). Per quanto riguarda, invece, l’evasione Irap e Iva, secondo le rilevazioni della Corte dei Conti citate dalla Banca d’Italia, nella media del triennio 2007-2009 il gettito evaso dell’Irap è stato pari al 19,4% di quello potenziale è si è concentrato nel setto- re dei servizi; escludendo la pubblica amministrazione tale valore sale al 21,6%. Ragionando in termini geografi- ci, per questo tributo la propensione a evadere risulta più elevata al Sud (29,4%), seguono il Centro (21,4%) e il Settentrione (14,7%). Per quanto attiene l’Iva, secondo le stime dell’Agenzia delle Entrate la differenza tra il gettito effettivo e quello potenziale, ha com- portato nel 2011 ad un gettito evaso di circa il 28%. E come per l’Irap, la propensione a evadere si manifesta maggiore nel Mezzogiorno.

La stessa Bankitalia ha sottolineato che «per contrastare l’evasione fiscale in maniera più efficace serve una maggiore tracciabilità delle operazioni economiche, accompagnata da una riduzione degli oneri amministrativi per i contribuenti». In particolare, «aumentare la tracciabilità in tempo reale delle operazioni economiche può favorire una parallela riduzione degli oneri di segnalazione a fini specifici». Nel corso dell’audizione al Senato, Salvatore Chiri, capo del servizio Assistenza e consulenza fiscale della Banca d’Italia, e Paolo Sestito, capo del servizio di Struttura economica, hanno affermato che «un’azione più efficace di contrasto non può venire da un aumento degli oneri amministrativi per i contribuenti. Quest’ultimi sono già molto elevati e la loro presenza spesso finisce col favorire le attività sommerse e le organizzazioni produttive informali. Occorre invece mirare a una semplificazione degli adempimenti e a una riduzione dei costi».

L’Unità 10.03.14