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"Ricoverata 15 volte per le botte Non denuncia ma lui va dentro", di Andrea Galli

Morso terzo dito mano destra. Perforazione traumatica del timpano. Contusioni multiple. Infezione dei tessuti molli della mano sinistra da morso. Sospetta infrazione delle ossa nasali. Contusione anca destra. Distorsione del collo.
Per quindici volte la 47enne Donatella, picchiata dal compagno Enrico Massimiliano Pedrazzini, è stata ricoverata al pronto soccorso. Per quindici volte non l’ha denunciato. E nonostante i referti medici sopra soltanto parzialmente elencati, per quindici volte nessuno dagli ospedali (di solito l’ospedale Guido Salvini di Garbagnate Milanese) ha pensato bene di avvisare polizia o carabinieri. Magari forzando la situazione. Donatella infatti aveva il terrore di fare il nome dell’uomo, prigioniera com’era della paura di nuove sevizie e dell’amore per quel folle picchiatore. Raccontano dal commissariato di Rho-Pero, guidato da Carmine Gallo, che ora, pur naturalmente sollevata per la fine del massacro, un poco le siano dispiaciuti l’arresto e il trasferimento in prigione del compagno. Io davvero ho una forte passione, io davvero sono innamorata, ha ripetuto.
Se il caso è chiuso è merito della celerità delle indagini, coordinate dalla Procura di Busto Arsizio, e della recente legge contro le violenze domestiche: le forze dell’ordine possono procedere anche senza querela di parte. Più volte glielo avevano chiesto, e sempre Donatella era stata irremovibile: no, niente denuncia. Ma quanto ancora doveva andare avanti?
La signora Jessica è una vicina di casa della coppia. Siamo in un palazzo di Rho, hinterland nordovest di Milano. Jessica ha raccontato ai poliziotti alcuni episodi. Una notte di settembre del 2013. «La signora ha suonato di casa in casa piangendo. Quando l’abbiamo soccorsa aveva il labbro spaccato, il setto nasale rotto, i lividi ovunque, la casa era piena di sangue. Lei insisteva di non voler chiamare né forze dell’ordine né il 118». Un pomeriggio di fine novembre 2013. «Ho visto lui sul pianerottolo che prendeva la rincorsa e le tirava un pugno sul volto». La vigilia di Natale 2013. «Dopo una feroce discussione lui le ha rotto il naso e ha lanciato fuori dalla finestra una bottiglia di spumante, stoviglie e cibo». Un giorno Jessica avvicinò Donatella. Due donne. Da sole. L’intimità. Jessica che insistette affinché chiamasse un’ambulanza; Donatella che rifiutò con decisione, «aveva il terrore che quello la uccidesse». Ma certamente resta una domanda: perché Jessica non ha mai dato l’allarme?
Donatella e Pedrazzini non hanno figli. Vivevano soli. E di nuovo pare difficile capire per quale motivo, a fronte della seguente anamnesi, gli ospedali non abbiano voluto vederci più chiaro. Era abbastanza ovvio che fosse Pedrazzini quando Donatella riferiva una «aggressione da persona nota nel proprio domicilio»; o quando la donna giungeva «in seguito ad aggressione da parte di persona nota, colpita da oggetto lanciato (telecomando) alle labbra e presa al collo e alla mandibola con successiva caduta a terra, e colpita da ombrello sulla schiena».
Questo Pedrazzini, 41 anni, ha sempre campato in opposizione alle regole. Pregiudicato per reati contro il patrimonio, negli ultimi tempi si dedicava alle truffe. Quali truffe? Truffe di ogni genere, su internet e per strada. L’importante era fregare il prossimo. Davanti ai poliziotti, non ha proferito verbo. Era sicuro che Donatella non l’avrebbe mai abbandonato. Una volta l’aveva aggredita con calci partiti dagli anfibi; un’altra volta l’aveva colpita in viso con una gomitata. Non era ubriaco. Non si drogava. Picchiava e basta. Si sfogava come un animale.
Durava da due anni, dall’inizio della loro storia. Donatella lavorava alle poste, poi aveva smesso. Il volto tumefatto, le ecchimosi, i lividi, le difficoltà motorie: aveva ormai perso il coraggio perfino di uscire e camminare in strada. In passato aveva provato a fare il numero della polizia e aveva subito chiuso la comunicazione. Il primo e il quindici febbraio scorsi aveva iniziato e proseguito il dialogo con il commissariato di Rho-Pero. Aveva buttato lì qualcosa, ma l’ansia l’aveva divorata alla richiesta se volesse o meno formalizzare una denuncia. E Donatella aveva riattaccato.

Il Corriere della Sera 26.03.14