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«Antieuropeismo, collante di nuovi fascismi», di Rachele Gonnelli

Una marea nera che si espande, si ramifica, si struttura in collegamenti e derivazioni. Per il professor Carlo Smura- glia, presidente nazionale dell’Anpi, partigiano, giuslavorista, il diffondersi di movimenti di estrema destra in Euro- pa deve far innalzare il livello di allerta, culturale e istituzionale, anche in Italia. «Vediamo processi di possibile saldatura tra formazioni di derivazione dichiaratamente neonazista, neofascista e al- tre forze e movimenti con connotazioni più o meno razziste e xenofobe, basate sull’odio del diverso. Questa possibile saldatura attraverso un collante potenzialmente unificante che è l’antieuropeismo può essere detonante e deve imporre una risposta articolata, anche di tipo normativo», denuncia citando lo storico francese Pierre Milza secondo il quale la storia anche se non si ripete uguale a sé stessa è bene ricordarne le varianti precedenti, per evitare esiti similmente disastrosi, come la fine della Repubblica di Weimar e la resistibile ascesa di fascismo e nazismo. Professore, però le bande di Pravyi Sektor a Kiev non sono certo uguali ai sostenitori del Front National in Francia. E il successo referendario anti-immigrati in Svizzera non può essere paragonato al razzismo di Alba Dorata in Grecia o di Jobbik in Ungheria.
«Certo, però si intravede una tendenza, che del resto segnaliamo da diverso tempo e che ora sembra approfondirsi. La destra tradizionalmente liberale e conservatrice assume connotati nuovi, populistici, razzisti e autoritari. È un an- dare più in là che coinvolge persino la Norvegia dove una nuova destra in asce- sa, pur non assumendo connotati dichiaratamente neofascisti, assume elementi che colorano gli orientamenti in senso populista, omofobo e razzista mai visti finora nei Paesi scandinavi. E ci sono segnali allarmanti di un tentativo di coordinamento a livello europeo che vengono anche dall’Italia. Ci sono stati recenti raduni a Milano e nel Veneto».
Sta dicendo che ci sarebbe un tentativo di creare una internazionale nera? «Questa internazionale nera di cui si parla ancora non c’è ma si sta formando. C’è il rischio di una saldatura con fenomeni più estesi e caratteristiche
che anche se non sono le stesse, si somigliano. Bisogna sempre ricordare che il fascismo e il razzismo sono due cose diverse, ma il fascismo è anche razzismo. L’affermazione di Marine Le Pen ha connotati particolari, raccoglie anche un diffuso malcontento popolare, un voto di protesta e di disagio. Infatti non ha portato via voti alla destra repubblicana dell’Ump, ha pescato nelle banlieue e in ceti popolari in difficoltà che posso- no essere strumentalizzati o possono capire male, cercare un’uscita a destra dalla crisi. Certo che Alba Dorata, che porta simboli nazisti ed entra al Parla- mento di Atene col passo dell’oca, è al- tra cosa. Però è l’unificazione di tutte queste forze centrifughe per l’Europa che deve preoccupare».
Alba Dorata, cambiando solo nome in Alba Nazionale intende ripresentarsi anche alle prossime elezioni europee. Non ci sono norme a livello europeo che posano bloccare la presentazione di liste neonaziste e neofasciste?
«Gli strumenti di questo tipo sono sempre abbastanza modesti. Inoltre spesso queste forze quando si presentano alle elezioni tendono a presentarsi non con l’aspetto peggiore, perché, tra l’altro, cercano di prendere i voti anche di persone che non hanno un orientamento così definito. Perciò risulta difficile controllare le liste. Anche da noi liste razzi- ste e fasciste, anche se non si presenta- no in camicia nera, sono state ammesse. In un caso di ricorso fu presentata un’interrogazione parlamentare e il governo dichiarò la sua impossibilità a intervenire di fronte a una decisione della commissione elettorale. Mancano strumenti normativi ed è rischioso, non tanto per le percentuali spesso irrisorie che ottengono queste liste, ma perché in questo modo cercano di accreditarsi, acquisire una credibilità, psicologica prima che politica, che fa danni. Anche quando siamo intervenuti per impedire raduni e cortei, l’unico strumento è la legge Scelba che vieta la ricostituzione del partito fascista. Secondo la nostra interpretazione non è così. Non c’è solo quella legge ma è tutta la Costituzione che è imperniata sull’antifascismo.
Non c’è solo la XII disposizione transitoria che esclude la ricostituzione del partito fascista, ma qualunque articolo del- la Carta, a partire dall’articolo 3 che ne è il fulcro, serve a tutelare le libertà, contro ogni discriminazione e autorotarismo. In ogni caso, proprio per fare il punto sugli strumenti giuridici e politici e rafforzare una cultura dello Stato contro queste manifestazioni da non tollerare, perché estranee al corpo della Costituzione, come Anpi e Istituto Alcide Cervi organizziamo per il 31 marzo una approfondita riflessione a Roma, all’hotel Nazionale in piazza Montecitorio».
La Lega Nord raccoglie le firme per abolire con un referendum la Legge Mancino. Mentre l’ex ministra Cécile Kyenge intendeva rafforzarla all’interno del suo piano di lotta alle discriminazioni e al razzismo. Che fine farà?
«Per ora la Legge Mancino c’è e si tratta di applicarla. Non so fino a che punto sia entrata nella cultura giuridica. Si fa ancora poco riferimento a questa legge, si dice che riguarda solo il razzismo e non il fascismo ma, ripeto, per noi i connotati dei due fenomeni sono simili. Va un po’ corretta, vanno precisati alcuni punti ma solo per renderla più efficace, ad esempio contro inquietanti manifestazioni di razzismo in tv e sul web. Se si dice che si deve sparare contro gli immigrati, è un affermazione grave, è razzismo. C’è molta indifferenza tanto nelle istituzioni quanto nella scuola, dove è sparita l’educazione civica, dove non si insegna la Costituzione e non si insegna la cultura democratica».
Tra gli adolescenti serpeggia una banalizzazione dei simboli e degli slogan nazisti e fascisti. Forse perché usati allo stadio o perché fanno riferimento ad eventi considerarti troppo lontani nel tempo?
«La Legge Scelba all’articolo 9 dice che il governo favorisce nelle scuole l’insegnamento di ciò che è stato il fascismo, anche se questa norma non è stata mai applicata e la scuola finora ha fatto po- co per la formazione dei cittadini e l’insegnamento della nostra storia recente con fredda oggettività. La scuola è il primo agente formativo, subito dopo vie- ne la famiglia. C’è da dire che con l’ex ministro della Pubblica istruzione Ma- ria Chiara Carrozza avevamo raggiunto un’intesa, che stava per essere formalizzata, per impostare un lavoro di diffusione della conoscenza storica e di educazione alla cittadinanza. Un progetto al quale collaboravamo come Anpi insieme all’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione nazionale in Italia, che coordina istituti e centri di studio storici avvalendosi anche de- gli strumenti più moderni. Poi è cambiato governo e ora non si sa più se questo progetto andrà avanti. Proprio in questo quadro abbiamo realizzato, anche con contributi pubblici, un numero speciale della nostra rivista, “Patria”, per il 70esimo della Resistenza. Abbiamo in stampa un gran numero di copie di questo materiale che sarà distribuito il mese prossimo a titolo gratuito e speriamo di legarlo a progetti di insegnamento nelle scuole. Sarà un tassello importante per combattere i tentativi di fascinazione dei giovani che i vari movimenti neofascisti adoperano, anche tramite lo sport e le canzoni».

L’Unità 29.03.14