attualità, cultura, memoria

"Quell’umanista curioso che amava le miniature più dei grandi eventi", di Umberto Eco

È scomparso Jacques Le Goff. Aveva novant’anni, e a molti potrà sembrare un’età ragionevole, ma dopo la morte della moglie, trauma che lo aveva letteralmente sconvolto e da cui non si era mai liberato, aveva passato gli ultimi anni immobilizzato in casa, senza poter camminare, anche se la testa gli funzionava ancora benissimo e non cessava di lavorare e pubblicare, muovendosi con apparati di sostegno, senza incespicare, tra i grattacieli di libri che, non potendo essere ospitati negli scaffali, si ergevano come una dotta Manhattan nel suo appartamento minuto.
La Francia ha prodotto tanti e insigni studiosi del Medioevo, e basti pensare perla storia della filosofia a Etienne Gilson, per la storia dell’arte a Émile Mâle o a Henri Focillon, per la storiografia a Pirenne o a Duby, ma Le Goff è stato un interprete personalissimo di questa grande vocazione francese.
Nasceva nell’ambiente di Annales, la rivista fondata nel 1929 da Marc Bloch e Lucien Febvre, che aveva iniziato un nuovo approccio alla storiografia, privilegiando, rispetto alla “storia evenemenziale” (nomi, battaglie, date, trattati politici) una ricerca su tutti gli aspetti di un periodo, in particolare la vita materiale, i costumi, le strutture sociali.
Le Goff si distingueva nel solco di questa tradizione per avere veramente infranto ogni barriera tra storia degli eventi, modi di pensieroemodidivita.Nel1964ilsuo La ci-viltà dell’occidente medievale ci aveva rivelato un Medioevo a tutto tondo, dalla coltivazione dei fagioli ai miracoli dell’architettura, dai modi di vita ai modi di pensiero. Voglio dire che se dovessi indicare a qualcuno il modo migliore per comprendere quella grande epoca che è stato il Medioevo, non potrei che consigliare ancora questo grande libro, anche se ha ormai cinquant’anni. Le Goff ha esplorato il Medioevo nei suoi aspetti più trascurati, la vita degli intellettuali e dei mercanti, o il meraviglioso e il quotidiano. Anche qui, se dovessi rendere conto del suo modo di fare storia, dovrei invitare il non specialista a capire meglio quei secoli non attraverso un elenco di battaglie, ma guardando le miniature dei mesi delle Très riches heures du Duc de Berry, dove si vede come i contadini sedevano intorno al fuoco, come coltivavano i campi o pascolavano i maiali, senza trascurare il gusto cromatico che si manifestava nelle vesti femminili, nelle gualdrappe, nei festini.
Ma, giocando a metà tra storia degli eventi e storia materiale, Le Goff ha scritto una monumentale San Luigi, che gli è costata anni di lavoro, e mi ricordo con che entusiasmo (se la parola è giusta per una ricerca così dolorosa) nel corso del suo lavoro intratteneva gli amici con la descrizione di come era stato bollito il corpo del re in Terrasanta, per poterne riportare le ossa in Francia. Che è un bel modo di fare storiografia, se il racconto storico deve farci davvero capire che cosa avveniva e che cosa si faceva in un tempo antico. E ho usato la parola “racconto” perché Le Goff era anche un gran raccontatore, ovvero sapeva trasformare la Storia in storie affascinanti, da letterato finissimo.
E come storico non tanto degli eventi quanto della cultura (e della filosofia e della teologia) rimane monumentale la sua opera sulla Nascita del Purgatorio, del1981,capolavoro di erudizione e di riscoperta di testi dimenticati.
Questo studioso, che ha passato la vita all’ombra delle grandi cattedrali e passeggiando curioso per Vico degli Strami, non si limitava al lavoro di grande accademico e grande cattedratico ma, come anche i lettori di quotidiani ricordano, sapeva parlare al grande pubblico e per il grande pubblico sono stati scritti tanti suoi libri apparentemente divulgativi, ricchi di illustrazioni e di documenti bizzarri, ma che riuscivano ad essere leggibili e godibili da tutti proprio perché dietro vi stavano i risultati di lunghe ricerche e magistrale sapienza.
Le Goff partecipava attivamente anche alla vita politica del suo tempo, anche se non appariva schierato con gruppi riconoscibili. Ma vorrei ricordare la sua appassionata collaborazione alla Academie Universelle des Cultures, presieduta da Elie Wiesel, dove con Jorge Semprun e me (e cito questo episodio personale perché si era trattato di una appassionante avventura) dell’Accademia aveva stilato la Carta, una sorta di appello e programma contro ogni forma di razzismo e intolleranza.
E, visto che ho dato la stura ai ricordi personali, vorrei ricordare il suo gusto per la buona cucina, il senso dell’amicizia, il saper parlare di grandi cose sorseggiando un buon calvados. Aspetti non casuali e accessori perché ritengo che, per essere un grande studioso, occorra anche essere un grande essere umano, e giovialità e amore per la vita facevano parte della sua capacità di ridar vita al passato.

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Dai santi ai banchieri il nostro Medioevo narrato da Le Goff, di AGOSTINO PARAVICINI BAGLIANI
Come nessun altro storico, Jacques Le Goff, morto ieri a Parigi a 90 anni, ha modificato la nostra percezione del Medioevo e come pochi altri storici la sua opera nasce dal desiderio di innovare con sempre nuove domande e nuovi temi, allargando il «territorio dello storico» alla luce della Nouvelle histoire e,grazie a una straordinaria abilità nel comunicare con un pubblico vasto, con la parola oltre che con la scrittura. Nei suoi radiofonici Lundis de l’histoire presentò per decenni (dal 1968 in poi) i nuovi libri di storia discutendo con gli autori, sovente anche giovani. E dal suo Seminario parigino (1962-1992) lanciò temi (come la storia del riso, I riti, il tempo, il riso, 2001)che si imposero presto, anche perché accoglievano le scienze sociali (antropologia culturale, etnografia) e la storia delle immagini, allora agli inizi.
Nato a Toulon nel 1924 – suo padre, bretone, era professore di inglese e sua madre, insegnante di pianoforte –, vince nel luglio 1945 il concorso per entrare alla École Normale Supérieure. Nel 1953 è ospite a Roma della Scuola francese di Palazzo Farnese, dove inizia una tesi di dottorato sulle università medievali (che si trasformerà in una tesi sul lavoro nel Medioevo, soprattutto intellettuale). Al suo ritorno in Francia, Michel Mollat lo vuole come assistente all’università di Amiens. Nell’autunno 1959, Maurice Lombard, studioso di storia economica del mondo islamico, che Le Goff ha ammirato alla pari di Marc Bloch, lo chiama ad insegnare all’allora nascente VIe Section dell’École Pratique des Hautes Études.
Inviato più volte da Braudel a Varsavia per insegnare nell’ambito di una convenzione con quell’università, incontra e poi sposa (1961) una giovane dottoressa polacca specializzata in psichiatria infantile, Hanka, che gli darà due figli e alla cui memoria dedicherà un affettuosissimo libro di ricordi ( Avec Hanka, 2008). Più tardi, nel 1968, sempre a Varsavia, assisterà alle repressioni di Gomulka e alla rottura del suo amico Bronislaw Geremek con il partito comunista.
Fin dai suoi primi due libri, sui mercanti e i banchieri (1956) e gli intellettuali (1957), poi con la sua prima grande sintesi, La civiltà dell’Occidente medievale( 1964), forse la sua opera più originale, Le Goff riesce ad imporre il suo modo di intendere il Medioevo: studiarne le strutture fondamentali – la foresta, la città e così via – incrociando i vari contesti sociali con l’immaginario e il simbolico e con l’analisi di gruppi sociali visti quali figure tipologiche della società. Non la storia dei
monaci ma il monaco. Non i mercanti ma il mercante, che nel Medioevo è sempre un po’ usuraio, a causa della condanna dell’usura da parte della Chiesa ( La borsa o la vita, dall’usuraio al banchiere, 2003). La ricchezza nel Medioevo non è soltanto di questo mondo, anche se il ruolo del denaro non fa che crescere dal Mille in poi(Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo, 2010). Studiando l’intellettuale come rappresentante di quel gruppo sociale che ha il compito di pensare e di insegnare, pur in un contesto di condanne e di censure, Le Goff apre la porta a una storia delle università più attenta al contesto sociale. È forse il suo libro più agile e vivace. Lo aiutarono frequenti conversazioni con un domenicano geniale, Marie-Dominique Chenu.
Nel 1969, Fernand Braudel lo chiama a dirigere insieme a Emmanuel Le Roy Ladurie e a Marc Ferro la prestigiosa rivista degli Annalesfondata da Marc Bloch e da Lucien Febvre. Nel 1972 viene eletto successore di Braudel alla direzione della VIe Section. Sotto la sua direzione (1975), la VIe Section si trasforma nell’ormai celebre École des Hautes Etudes en Sciences Sociales. Quando (1977) lascia la direzione dell’École esce un suo nuovo libro, il cui titolo– Per un altro Medioevo –è un programma cui aggiunge un altro concetto a lui molto caro e destinato a diffondersi, quello di un lungo Medioevo, perché molte sono le strutture dalla feudalità all’immaginario sociale, sopravvissute fino alla Rivoluzione francese.
Proprio in quegli anni di pesanti responsabilità amministrative Le Goff inizia a studiare una struttura dell’immaginario – il Purgatorio – con fortissime implicazioni di carattere sociale ed economico oltre che intellettuale e teologico. La nascita del Purgatorio (1981) diventerà uno dei suoi libri più famosi – i principali sono stati tradotti in Italia da Laterza, per cui ha diretto, dal 1993, la collana “Fare l’Europa”. Partendo da una scoperta lessicale – il fuoco purgatorio (aggettivo) di cui si parla già nei primi secoli del cristianesimo si trasforma nel corso del XII secolo in un sostantivo – lo storico francese vede nel Purgatorio una struttura positiva che accompagna l’uscita del Medioevo dal dualismo inferno-paradiso e permette all’uomo di impadronirsi del tempo dell’aldilà. In un altro famoso saggio aveva già teorizzato che il tempo dei mercanti si fosse sostituito al tempo della Chiesa ( Annales, 1960, trad. 2000).
In quel XIII secolo che ha tanto studiato, il re di Francia Luigi IX incarna l’apogeo dell’Europa cristiana. Il personaggio lo affascina a tal punto da dedicargli, un po’ controcorrente, una ponderosa biografia(San Luigi, 1996).Come il mercante e l’intellettuale, anche San Luigi è visto nella sua singolarità e come figura tipologica (di sovrano medievale).
San Luigi è anche il re sofferente, ad imitazione del Cristo in croce. Come Francesco d’Assisi è nelle sue stimmate un alter Christus (San Francesco d’Assisi, 2000). Ed ecco sorgere uno spiccato interesse per la storia del corpo che Le Goff tratta come una «delle principali tensioni dell’Occidente», perché nel Medioevo il corpo è stretto tra una straordinaria valorizzazione cristiana (Incarnazione, reliquie, stimmate) e un’altrettanto forte retorica di disprezzo del mondo (Il corpo nel Medioevo, con Nicolas Truon, 2007). Il dualismo che attanaglia il corpo si attenua però dal XII secolo in poi, lasciando spazi nuovi alla medicina e alle scienze del corpo che aprono la via alla modernità. Sebbene il cristianesimo medievale condanni come errori le novità, Le Goff scorge verso la fine del Medioevo una società europea creatrice che innova e prepara la modernità che si consoliderà nell’Umanesimo ( L’Europa medievale eil mondo moderno, 1994). Il Medioevo di Le Goff affascina perché realtà e immaginario si fondono pur nelle loro contraddizioni. Il suo Medioevo non è mai senza legami profondi con il tempo lungo, è sempre attento all’uomo ( L’uomo medievale, 2006) ed è quindi più vicino a noi.

La Repubblica 02.04.14

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