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"Il viaggio nel tempo del Colosseo", di Paolo Conti

«Noi che lavoriamo nel Colosseo e per il Colosseo siamo abituati a convivere con il monumento probabilmente più famoso del mondo. E il mondo si stupirà scoprendo il suo vero colore. Ma sono sicura che quando le impalcature verranno smontate, entro qualche settimana e comunque prima dell’estate, il Colosseo sarà capace di sorprendere anche noi». La voce di Rossella Rea, che dirige il Colosseo dal 2008, tradisce una forte emozione.
Il cantiere per il restauro dell’Anfiteatro Flavio, aperto nel settembre scorso intorno alle prime dieci arcate Nord, sta lentamente svelando l’antico e insieme nuovissimo colore del travertino. Un timbro complessivamente chiaro ma variegato, che spazia dal miele al giallo ocra, fino al castagno, e si alterna nello spazio di pochi centimetri, restituendo una coloritura intensa, dorata, sorprendente.
L’architetto Gisella Capponi, direttore dei lavori di restauro del Colosseo e responsabile dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (suoi il progetto e i lavori di ripristino della Torre di Pisa) parla di «un colore che definirei ambrato. Una tonalità derivata da quella “patina del tempo”, rigorosamente preservata durante le operazioni di pulizia, frutto dell’ossalato di calcio che si forma naturalmente negli anni. Sparirà completamente la copertura nera dovuta al traffico e all’inquinamento». Gisella Capponi spiega che la porzione di Colosseo sottoposta al primo intervento di restauro è in assoluto la più scurita dagli agenti chimici contemporanei: «È l’area più vicina al traffico, dove il particolato si è deposto con maggiore intensità».
Ed eccoci nel cuore del cantiere. Ed ecco il sistema di pulizia. Una ragnatela di tubi che alimentano centinaia di ugelli spruzzatori a intensità regolabile, ciascuno con un proprio rubinetto. Nulla di chimico o di intrusivo: semplice acqua romana pubblica, ma diretta, con maggiore o minore intensità a distanza di pochi centimetri, verso un travertino per natura molto «alveolato», pieno di rientranze e fessure di diversa forma, adatte a contenere lo sporco. Nel cantiere lavorano dieci restauratori laureati e specializzati, indirizzati nei minimi dettagli dalla direzione scientifica del cantiere. Ancora Gisella Capponi: «Certamente non abbiamo usato le sabbiatrici, strumenti ben più potenti e adatti ad altri casi. Qui l’acqua va usata con attenzione proprio perché deve sciogliere le impurità, ma non abradere la superficie né intaccare la preziosa patina del tempo». Altra incognita deriva dalla solfatazione, cioè dalla trasformazione — sempre e comunque a causa dell’inquinamento — del carbonato di calcio (quindi il travertino) in gesso. Infine c’è da fare i conti con gli inserimenti di cemento armato tra un lastrone e l’altro, che risalgono agli interventi di consolidamento di fine ‘900 nelle prime due arcate, ma che ora appaiono nel complesso fortunatamente poco invadenti.
Quello del Colosseo è un intervento di manutenzione straordinaria. Ma la cultura della Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Roma retta da Mariarosaria Barbera è basata sulla manutenzione ordinaria: «Fondi economici magari moderati ma costanti, che assicurano una buona conservazione ai monumenti. Ma il Colosseo ha richiesto un intervento, appunto, straordinario. I danni prodotti dall’inquinamento dal Dopoguerra a oggi non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli registrati in diciannove secoli. La fine del riscaldamento a carbone, vietato in Italia dal settembre 2005, ha migliorato la situazione. Però traffico e vibrazioni meccaniche sono peggiorati».
Il cantiere per la pulizia esterna del Colosseo andrà avanti per altri due anni. Seguirà la realizzazione del Centro servizi («che resterà rigorosamente di proprietà della Soprintendenza», avverte Barbera) e infine gli interventi per i sotterranei, le gallerie coperte del primo e del secondo ordine, l’impiantistica. In tutto cinque anni. Come si sa, il restauro è stato finanziato con 25 milioni di euro dal gruppo Tod’s di Diego Della Valle che così commenta: «Considero la sponsorizzazione del restauro del Colosseo un onore. Un impegno che ci rende orgogliosi di essere italiani. Mi piacerebbe continuare a vedere aziende private di successo che dedicano parte delle loro risorse a questo genere di attività. Dobbiamo dare un esempio positivo di questo Paese valorizzando la nostra cultura che è la risorsa fondamentale per la ripresa economica».
Ma la soprintendente Barbera non teme un’invasione della mano privata? «Io lavoro per lo Stato e nello Stato, sono più che convinta che la mano pubblica abbia il dovere di garantire la tutela, la valorizzazione, la fruizione del nostro patrimonio. Ma perché mai l’interazione con un privato, basata su regole precise, ben governata, destinata a finalità di pubblico interesse, andrebbe demonizzata?».
Fuori, sul piazzale, regnano incontrastati i centurioni, i camion bar, i tavolini di souvenir, stuoli di guide turistiche non autorizzate che fermano gli stranieri. Rossella Rea sospira: «Ormai non commento più questo desolante panorama. Più aumentano le promesse di decoro dal Campidoglio, e più crescono loro. Gli irregolari». Chissà che affari, col Colosseo color oro sotto il sole di Roma.

Il Corriere della Sera 03.04.14

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