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"Giovani talenti in fuga dall'Italia", di Francesco C. Billari

Un vero e proprio “boom” nella propensione dei giovani italiani a esplorare la possibilità di andarsene via. Un segnale, forte, del rischio di una nuova ondata di emigrazione dalle proporzioni d’altri tempi. Proporzioni impreviste, nonostante la crisi, che potrebbero portarci a un modello “polacco”: essere paese di emigrazione (più qualificata) e allo stesso tempo d’immigrazione (meno qualificata). Questo il messaggio proveniente dai dati recentemente pubblicati.
Se continuassero le migrazioni come nel 2013 per i prossimi anni, infatti, su 13 giovani italiani uno si trasferirebbe, per cercare lavoro o lavorare in modo esplicito, nel Regno Unito. Quarantaquattromila giovani italiani hanno ricevuto un nuovo NINo (“National Insurance Number”), essenziale per lavorare nel Regno Unito. Nel 2013 l’Italia è, per la prima volta, il terzo paese per nuove emissioni di NINo, dietro Polonia e Spagna. Il nostro è il paese caratterizzato dalla crescita dei numeri più marcata, +66% rispetto al 2012 (con circa 27 mila NINo). Per avere una misura dell’ordine di grandezza demografico di questo flusso possiamo calcolare la dimensione di una “coorte media” dei potenziali italiani in uscita in un anno come media delle dimensioni di un gruppo annuale di età (tra 18-34 anni): 575mila circa su dati Istat. Si ottiene così il 7,7%: se continuassimo a questo ritmo nei prossimi anni questa sarebbe la percentuale di diciottenni che prima o poi tenterebbero la strada britannica.
Potrebbe, forse, trattarsi di un anno eccezionale. In fondo, fino al 2004 i nuovi NiNO italiani nel Regno di Elisabetta II erano meno di 10 mila all’anno. Solo nel 2011 hanno superato i 20 mila. Non si va solo però verso Albione: i dati dell’Ufficio Statistico Tedesco dicono che l’aumento del numero di italiani registrati nel 2013 rispetto al 2012 è pari a circa 24mila unità: un altro 4% rispetto alla coorte teorica. Saremmo quindi, potenzialmente, a un diciottenne italiano su 8, contando solo Regno Unito e Germania.
Non sono, purtroppo, ancora disponibili i dati Aire (l’Anagrafe Italiana dei Residenti all’Estero) relativi al 2012. Se nell’anno precedente la variazione negli iscritti Aire non era lontana dalle stime interne in Germania, il dato Aire era molto inferiore ai nuovi NiNO. Forse un segnale che il Regno Unito è un terreno di esplorazione maggiore per i giovani italiani con una qualche conoscenza della lingua franca inglese, con le registrazioni per lavorare che superano di gran lunga quelle presso i Consolati per una residenza fissa all’estero. Un’esplorazione a basso costo delle opportunità che possono essere offerte. I dati sono scarsi e lenti ad arrivare – un peccato vista l’importanza del fenomeno.
Si è parlato per molto tempo di “fuga di cervelli”, riferendosi alla nuova emigrazione di un numero ridotto di “talenti” appetiti sul mercato internazionale avvenuta già prima della crisi. I dati che abbiamo visto indicano un potenziale deciso cambiamento di ritmo verso una nuova tendenza generalizzata a emigrare da parte dei giovani italiani, con i voli “low cost” e diploma o laurea in tasca anziché valigie di cartone. Ma, nuovamente, in gran numero.

Il Sole 24 Ore 08.04.14