attualità, politica italiana

"La sfida da vincere della realizzabilità", di Alberto Quadrio Curzio

«Per un’Italia coraggiosa e semplice» ovvero «Misure per la competitività e la giustizia sociale» sono le qualificazioni date dal Governo al decreto legge appena varato. Sappiamo che il coraggio è una condizione necessaria per governare e riformare l’Italia ma non è una condizione sufficiente perché ci vuole anche un programma nazionale solido e realizzabile. Speriamo che lo sia il Def inviato il 16 aprile alla Commissione europea che sullo stesso si pronuncerà entro il 2 giugno. In attesa del responso consideriamo i principali autori e due caratteristiche del decreto.
Coraggio, solidità e realizzabilità. Sono queste le sfide su cui devono misurarsi le tre personalità di governo della conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri. Il Presidente Renzi sta esprimendo coraggio politico, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Delrio dovrebbe darsi come obiettivo di garantire la solidità esecutiva, il ministro dell’Economia Padoan ha il compito di assicurare la realizzabilità fiscale. Questo trio potrebbe rappresentare nella complementarietà la forza del governo. Renzi ha la presa del comunicatore e il coraggio di difendere le sue scelte anche contrastando chi alla stesse si oppone. Speriamo che sappia però sempre distinguere tra le critiche motivate da proposte alternative (come sono di norma quelle delle parti sociali) da quelle demagogiche e antagonizzanti (che provengono spesso da alcune parti politiche). Delrio ha alle spalle l’esperienza di presidente dell’Anci con la consapevolezza che le promesse vanno pensate prima e mantenute poi così come deve fare un buon sindaco al quale ogni giorno i concittadini chiedono conto del suo operato. Padoan ha le competenze per vigilare sulla realizzabilità e la sostenibilità (europea) in termini di finanza pubblica delle scelte politiche del governo. Speriamo infine che queste tre caratteristiche reggano nella convinzione che la crescita e l’occupazione italiana ed europea vadano rilanciate con le riforme.

Dato questo sfondo consideriamo due aspetti del decreto guardando più alla qualità che alle cifre.
Lavoro e imprese. Il bonus di 80 euro più al mese da maggio per i redditi tra 8 mila e 24 mila euro lordi dei lavoratori dipendenti è una misura di equità condivisibile anche se incompleta. Il suo importo è 6,7 miliardi di euro che se andasse tutto sulla domanda interna darebbe un discreto impulso. Ciò dipenderà molto dall’effetto fiducia dove «il fattore Renzi» può giocare molto. La misura sull’Irap con la riduzione del 10% e con un risparmio per le imprese di 700 milioni nel 2014 è qualitativamente importante (ma quantitativamente debole) come segno di un cambiamento di tendenza per il rilancio della competitività e dell’occupazione ed è in linea con “La svolta buona” prefigurata da Renzi il 12 marzo.
Più importante è l’incremento nel pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni che dovrebbe aumentare di 13 miliardi in aggiunta ai 47 già stanziati dai precedenti Governi di cui 23,5 pagati. Purtroppo il pagamento procede lentamente in quanto la stima totale dei debiti si aggira sui 90 miliardi ed è perciò molto importante che il meccanismo confermato dal decreto per la cessione del credito delle imprese agli istituti finanziari con garanzia dello Stato e con l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti entri pienamente a regime. Il tutto viene rafforzato nel decreto con sanzioni per le Pa che devono contestare o certificare le fatture e pagarle in tempi prestabiliti e con l’obbligo di pubblicare sui siti istituzionali e attraverso un portale unico i dati relativi alla spesa e l’indicatore della tempestività dei pagamenti. Non crediamo però che tutto ciò basterà a portare entro luglio al pagamento dei 68 miliardi come prefigurato da Renzi in marzo.
Efficienza pubblica. Varie sono le misure previste e tra queste due spiccano per importanza non solo per i risparmi di spesa pubblica ma anche per l’aumento della efficienza pubblica e per la compressione del circuito degli incarichi di tipo politico. La prima riguarda la spesa di funzionamento delle Pa per l’acquisto di beni e servizi. Al fine di stabilire condizioni standard di acquisto vengono individuati “soggetti aggregatori” (tra cui Consip e una centrale di committenza per ogni Regione) che non potranno superare un totale nazionale di 35. Più in generale è prevista (in parti eguali tra Stato, Regioni ed enti locali) una riduzione della spesa per beni e servizi pari 2,1 miliardi. Vi è infine il tetto retributivo per tutti i dirigenti della Pa a 240 mila euro annui lordi (pari cioè a quella del Capo dello Stato) e il taglio alle auto blu che non basteranno a risanare le finanze pubbliche o a coprire la riduzione del cuneo fiscale ma certo saranno apprezzate dall’opinione pubblica. Laddove questi risparmi non avessero corso l’intervento del commissario alla spending review provvederà a tagli lineari sulla base dei costi standard.
La seconda riguarda la riduzione delle aziende, istituzioni e società controllate dalle amministrazioni locali con riferimento alla quali il Presidente Renzi ha detto in conferenza stampa che le stesse dovranno scendere in tre anni da 8mila a mille. Il commissario Cottarelli dovrà preparare entro fine anno un programma di razionalizzazione con misure di liquidazione o fusione o incorporazione in funzione delle dimensioni e degli ambiti ottimali per lo svolgimento delle rispettive attività e per l’efficienza gestionale attraverso la comparazione a livello nazionale e internazionale, per la cessione di rami d’azienda o anche di personale ad altre società anche a capitale privato, con il trasferimento di funzioni e attività di servizi. Se ciò accadrà, si tratterà di una vera e propria rivoluzione anche perché un potente “sottogoverno” verrebbe smantellato.
Una conclusione. Non ci soffermeremo sulla copertura delle misure prefigurate dal decreto e su altri aspetti dello stesso già trattati molto bene su queste colonne da ottimi commentatori. Le competenze di Padoan ci lasciano peraltro abbastanza tranquilli sulle coperture stesse. Vogliamo invece concludere con un riferimento al prefigurato recupero della evasione previsto dal decreto che, oltre ai 300 milioni già recuperati da inizio anno, punta a 2-3 miliardi entro il 2015. Questa azione deve associarsi alla riforma fiscale per la quale il governo ha ottenuto in febbraio la delega che dovrà esercitare entro 12 mesi. È un’urgenza che con la spending review serve alle coperture finanziarie e all’equità ma anche all’efficienza perché l’evasione e gli spechi alterano la concorrenza aumentando l’onere sui contribuenti leali. Con un recupero della evasione fiscale stimata sopra i 100 miliardi e con possibili risparmi di spesa stimati intorno ai 60 miliardi in tre anni si potrebbe ridurre ampiamente la pressione fiscale dall’attuale 44% e il total tax rate sulle imprese dall’attuale 65,8%, contro il 49,4% di quelle tedesche. Diversamente è difficile che i sistema Italia diventi competitivo e attrattivo. Ecco un altro obiettivo la cui realizzabilità richiede coraggio e solidità.

Il Sole 24 Ore 20.04.14