attualità, partito democratico

"Il Cavaliere anti-tedesco", di Piero Ignazi

Per la prima volta si parla di Europa in una campagna elettorale per il Parlamento di Strasburgo. È l’effetto paradossale della crescita dei partiti euroscettici. Le loro invettive nei confronti dell’Unione europea, variamente declinata come l’istituzione al servizio dei banchieri, della finanza, dei poteri forti o, più direttamente, degli interessi tedeschi, hanno conquistato spazio e attenzione in questi anni di crisi. DEL resto era facile puntare il dito contro chi non è riuscito nemmeno ad accordarsi per spegnere subito l’incendio greco lasciandolo propagare fino a devastare metà continente. E nemmeno ora, di fronte ai venti di guerra che soffiano dalle steppe ucraine, riesce a trovare il modo di far sentire la propria voce a Mosca. Anche gli europeisti più convinti riconoscono le deficienze dell’Ue, ma le loro critiche ragionate e costruttive sono sepolte da chi urla e sbraita contro tutto quello che viene da Bruxelles. Finora, solo la Lega e il M5S facevano campagna contro l’Unione, pur con toni diversi. Nei primi prevale il sentimento di chiusura nazionale, identitaria e anti-immigrati, in sintonia con il Front National di Marine Le Pen (comunanza che in realtà qui da noi non scandalizza nessuno: altro che sentimento repubblicano!); nei secondi, il recupero di una sovranità economica nazionale da ottenersi “battendo i
pugni sul tavolo”.
A questo gruppo (fiancheggiato anche dalla piccola pattuglia dei Fratelli d’Italia) si è associata ufficialmente Forza Italia. Silvio Berlusconi non parla mai a caso e le sue cosiddette “gaffe” sono attentamente studiate. Quella pronunciata sabato sul non riconoscimento dei campi di concentramento da parte dei tedeschi ha uno scopo ben preciso: solleticare quel latente sentimento anti-tedesco che taglia trasversalmente l’opinione pubblica, e che si alimenta di antichi stereotipi e dell’immagine arcigna della cancelliera Angela Merkel. In questo modo Berlusconi cerca di associare una visione negativa della Germania — paese non solo responsabile dello stermino ma addirittura compiacente — alla egemonia tedesca sull’Europa, al fine di indirizzare il sentimento di ansia e frustrazione per la crisi contro un nemico ben preciso. Gli euroscettici sono di nuovo chiamati a raccolta sotto le insegne dell’ex-Cavaliere. Questo slittamento fuori dall’Italia indica però una situazione di debolezza di Forza Italia: Berlusconi non si sente in grado di sfidare gli avversari, in primis Matteo Renzi e il Pd, sul terreno domestico. Deve cercare un capro espiatorio fuori dai confini nazionali.
È vero che alle ultime elezioni l’aver accusato l’Ue per le difficoltà economiche aveva favorito il Pdl e sfavorito il Pd, come dimostra l’accuratissima analisi condotta da Paolo Bellucci ( The Political Consequences of Blame Attribution for the Economic Crisis in the 2-013 Italian National Election ). Ora, però, Berlusconi è stretto tra due fuochi: non può attaccare frontalmente Renzi perché è legato da un accordo per le riforme che non ha la forza di rompere
(è bastata una immediata reazione del ministro Boschi per fargli abbassare i toni) e perché non ha più argomenti retoricamente forti (Renzi non è un vecchio comunista né un “utile idiota” — appellativo riservato a Romano Prodi all’epoca — , non fa parte della nomenclatura, e non è “grigio e noioso”, tanto per citare alcune invettive del passato); dall’altro non può competere con Grillo né sul piano della verve e della demagogia a 360 gradi, né sul piano della critica agguerrita all’Unione europea, vista la responsabilità di Berlusconi nell’aver accettato i “diktat” di Bruxelles. Questo stato di difficoltà non significa che Forza Italia stia franando elettoralmente. Gli elettori di destra non sono tutti scomparsi e tendenzialmente continuano ad essere attratti dai partiti della vecchia Casa delle Libertà. Ma sono “vecchi elettori”: sono quelli che hanno scelto il centro-destra, e Berlusconi in particolare, molto tempo fa e che adesso continuano, per abitudine, a collocarsi da quelle parti. Ma di nuovi non ce n’è l’ombra e anche il canale del non voto si è prosciugato. Per cui, Forza Italia potrà ancora mantenere un discreto numero di consensi ma la sua parabola politica si sta spegnendo. Deve andare a rimorchio di altri e cercare soltanto di limitare i danni: la forza propulsiva del berlusconismo si è esaurita.

La Repubblica 28.04.14