attualità, economia

Dieci Paperoni “valgono” 500 mila operai, di Rosaria Amato

In dieci mettono insieme più di 75 miliardi di euro. Il più ricco degli italiani, Michele Ferrero, che insieme alla famiglia vanta un patrimonio di oltre 18 miliardi di euro, ha anche un primato personale: secondo la rivista Forbes, che ogni anno aggiorna la lista mondiale dei miliardari, e che lo definisce affettuosamente candyman, è anche il più ricco industriale dolciario del pianeta. Per mettere insieme un patrimonio equivalente a quello della top ten italiana, calcola il Censis, bisogna sommare la ricchezza di quasi 500.000 famiglie operaie. Gli operai non sono sicuramente una categoria di lavoratori scelta a caso: hanno sofferto più di altri infatti l’erosione del reddito e della ricchezza negli anni della crisi. Calcola l’associazione Nens che tra il 2006 e il 2012 il reddito di un operaio si è ridotto all’82,9 per cento della media nazionale, quello di un impiegato è salito al 128,4 per cento, quello di un dirigente al 183,6 per cento e quello di un imprenditore al 171,4 per cento. «Chi più aveva più ha avuto», sintetizza il Censis: rispetto a 12 anni fa i redditi familiari annui degli operai sono diminuiti, in termini
reali, del 17,9 per cento, quelli degli impiegati del 12 per cento, quelli degli imprenditori del 3,7 per cento ma quelli dei dirigenti sono aumentati dell’1,5 per cento.
La ricchezza si è spostata di conseguenza, visto che (ex) ceto medio e operai hanno faticato moltissimo per mantenere un tenore di vita non troppo lontano da quello precedente alla crisi, e per farlo hanno eroso i risparmi. Ecco perché, ipotizza il Censis, solo una parte del bonus da 80 euro che verrà erogato dal governo in busta paga a partire da questo mese verrà speso in consumi. Appena 2,2 milioni di beneficiari spenderanno tutto nei negozi, per una spesa pari a 1,5 miliardi. Altri 2,7 milioni di destinatari del bonus spenderanno 1,2 miliardi di euro in consumi, destinando il resto ad altro, e i rimanenti 5 milioni di beneficiari destineranno la somma al risparmio e al pagamento dei debiti. «Gli italiani hanno paura», ricorda il direttore del Censis Giuseppe Roma: a molti spendere tutti gli 80 euro in consumi potrebbe sembrare un azzardo.
Difficilmente però 80 euro al mese potranno ridurre le
distanze tra le classi sociali. Oggi «il patrimonio di un dirigente è pari a circa 5,6 volte quello di un operaio, mentre era pari a circa 3 volte vent’anni fa». Ancora, il patrimonio di un libero professionista è pari a 4,5 volte quello di un operaio, vent’anni fa lo era 4 volte. Più in generale, si ricava da una pubblicazione che mette a confronto la disuguaglianza in 25 Paesi del mondo, “The Chartbook of economic inequality”, di Salvatore Morelli e Anthony B. Atkinson (a cui ieri Repubblica ha dedicato un ampio articolo) se l’1 per cento della popolazione italiana, circa 600.000 persone, concentrava nelle proprie mani nei primi anni ‘80 il 6 per cento del reddito nazionale, adesso è arrivata al 10 per cento. L’iniquità pesa di più sulle coppie con figli, ricorda il Censis: infatti la nascita del primo figlio fa già aumentare, anche se poco, il rischio di finire in povertà, che passa dall’11,6 al 13,1 per cento (dati Istat). Mentre la nascita del secondo figlio fa quasi raddoppiare il rischio di finire in povertà, che passa al 20,6 per cento, e al 32,6 per cento con il terzo figlio. Il rischio di povertà è triplo per chi vive nel Mezzogiorno (33,3%) rispetto a chi vive nel Nord (10,7%).

La Repubblica 04.05.14

******

“In Italia i dieci più ricchi hanno quanto 500mila famiglie operaie”

Dieci uomini d’oro: sono i dieci italiani più ricchi che dispongono di un patrimonio di circa 75 miliardi di euro, pari a quello di quasi 500mila famiglie operaie messe insieme. A fotografare plasticamente le disuguaglianze sociali che la crisi ha fatto esplodere è il Censis. Poco meno di duemila italiani ricchissimi, membri del club mondiale degli ultraricchi, dispongono di un patrimonio complessivo superiore a 169 miliardi di euro (senza contare il valore degli immobili): vale a dire – spiega l’istituto di ricerca socio-economica – lo 0,003% della popolazione italiana possiede una ricchezza pari a quella del 4,5% della popolazione totale. «Le distanze nella ricchezza sono cresciute nel tempo. Oggi, in piena crisi, il patrimonio di un dirigente è pari a 5,6 volte quello di un operaio, mentre era pari a circa 3 volte vent’anni fa. Il patrimonio di un libero professionista è pari a 4,5 volte quello di un operaio (4 volte vent’anni fa). Quello di un imprenditore è pari a oltre 3 volte quello di un operaio (2,9 volte vent’anni fa)».

In sostanza, dice il Censis, chi più aveva, più ha avuto. Con una dinamica molto differenziata tra le diverse categorie di cittadini. Rispetto a dodici anni fa, il reddito annuo di una famiglia di operai è diminuito del 17,9%, quello degli impiegati del 12%, per gli imprenditori del 3,7%, mentre i redditi dei dirigenti sono aumentati dell’1,5%. Di conseguenza la cinghia si è stretta non in modo uguale per tutti: negli anni della crisi (tra il 2006 e il 2012), i consumi familiari annui degli operai si sono ridotti del 10,5%, mentre i consumi dei dirigenti hanno registrato solo un -2,4%. E agli imprenditori (-5,9%) è andata peggio rispetto agli impiegati che hanno sforbiciato del 4,5%.

«Distanze già ampie che si allargano, dunque, compattezza sociale che si sfarina, e alla corsa verso il ceto medio tipica degli anni Ottanta e Novanta si è sostituita oggi una fuga in direzioni opposte, con tanti che vanno giù e solo pochi che riescono a salire. In questa situazione – è l’allarme lanciato dall’istituto guidato da Giuseppe De Rita – è alto il rischio di un ritorno al conflitto sociale, piuttosto che alla cultura dello sviluppo come presupposto per un maggiore benessere».

Non solo. Il Censis certifica che fare figli in Italia è una faccenda da ricchi: avere o non avere figli è una causa di diseguaglianza. La nascita del primo figlio fa aumentare di poco (+13,1%) rispetto alle coppie senza figli, il rischio di finire in povertà. Ma la nascita del secondo figlio fa quasi raddoppiare il rischio di finire in povertà (20,6%) e la nascita del terzo triplica questo rischio (32,3%). A stilare una lista dei tagli decisi dalle famiglie dall’inizio della crisi, è la Coldiretti: stretta del 16% per abbigliamento e calzature, del 12% per mobili, elettrodomestici e manutenzioni, fino all’8% per i prodotti alimentari. Ma anche sanità (-1,5%), istruzione e cultura (-1,2 per cento). Tuttavia per l’anno in corso l’organizzazione stima una «leggera inversione di tendenza», soprattutto per la tavola, spinta anche dal bonus di 80 euro al mese deciso dal governo.

La Stampa 03.05.14

1 Commento

    I commenti sono chiusi.