attualità, partito democratico

"Ballottaggi, si decidono 148 sindaci", di Tommaso Ciriaco

Neanche il tempo di fare i conti con lo tsunami delle Europee che le forze politiche sono già alle prese con una nuova domenica elettorale. Quattro milioni e mezzo di cittadini sono chiamati domani — giorno unico di votazione, seggi aperti dalle 7 alle 23 — ai ballottaggi per eleggere i sindaci di 148 Comuni. Con una gigantesca incognita: “l’effetto Mose”. Chi cavalca la tangentopoli veneta è il M5S. Traumatizzata dal voto per l’Europarlamento, la pattuglia grillina ha incassato un solo sindaco al primo turno (Montelabbate, 7 mila abitanti). Ora è in lizza in 12 comuni e sogna di centrare almeno un bersaglio grosso tra Livorno (dove il Pd subisce per la prima volta l’onta del ballottaggio), Modena e Civitavecchia. A far sperare i grillini della città toscana è il sostegno di una lista civica di sinistra, senza dimenticare i segnali di attenzione al M5S lanciati altrove dai candidati di centrodestra esclusi dal secondo turno. Il partito di Renzi punta invece a mantenere le sue roccaforti: Perugia, ma anche Bari dove Antonio De Caro ha sfiorato la vittoria al primo turno con il 49,4%. A Bergamo il dem Giorgio Gori si oppone all’uscente Franco Tentorio. La Lega, invece, punta a sconfiggere il candidato del Pd a Padova. Gli altri centri capoluogo al voto sono Potenza, Biella, Cremona, Foggia, Pavia, Pescara, Teramo, Terni, Verbania, Vercelli e Caltanissetta. Il passaggio elettorale preoccupa anche Silvio Berlusconi, sonoramente sconfitto appena due settimane fa. A Bergamo — ricorda l’ex premier — il centrodestra si «presenta unito», da Fratelli d’Italia alla Lega Nord, dal Ncd all’Udc, inaugurando «un laboratorio del centrodestra». E un altro laboratorio sarà la Calabria, sostiene il Mattinale di FI, con primarie di coalizione per le Regionali d’autunno.

La Repubblica 07.06.14

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La sfida di Padova dove la Lega sogna di battere il Pd”, di JENNER MELETTI

Venezia è a una manciata di chilometri. Difficile tenere lontano le polemiche, dopo gli arresti di figure di primo piano del Pd e di Forza Italia. «La Lega è la sola forza pulita», ha detto Massimo Bitonci, capogruppo Lega Nord al Senato, al ballottaggio contro Ivo Rossi, del Pd, ex sindaco reggente. «Voi del Pd avete legami con quelli che sono stati arrestati… », ha gridato il senatore nell’ultimo confronto. «E tu sei alleato di Galan, non fare finta di nulla. Noi facciamo gare pubbliche anche per appalti inferiori a 40.000 euro, anche se
non sarebbe un obbligo». Succedono cose strane, ai ballottaggi. Il leghista fino all’altro ieri sgridava infatti i cronisti. «Finitela di scrivere che io sono il candidato della Lega Nord. Sono un buon amministratore e basta. In giunta voglio solo dei bravi tecnici. Via spillette e fazzolettini ». Adesso ha riscoperto l’orgoglio di partito. La lista civica a suo nome, con Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia nel primo turno è arrivata al 31,42%. Si è alleato con Maurizio Saia, ex Msi ed ex An, che
con le sue otto liste civiche ha ottenuto il 10,63% e ora può tentare l’assalto al palazzo comunale, dove la Lega non ha mai vinto.
Il centrosinistra, dopo la lunga notte del primo scrutinio, aveva accusato il colpo. Ivo Rossi — nel giugno 2013 aveva sostituito Flavio Zanonato nominato ministro — si è trovato al primo posto ma solo con il 33,76%, nonostante l’alleanza con Sel, Italia dei valori e Riformisti socialisti. Il Pd, che alle Europee aveva raggiunto il 41,4%, nelle schede per il Comune è sceso al 24,93%. «Mi ha telefonato Matteo Renzi — si
era consolato il candidato — e mi ha detto che anche lui è stato eletto sindaco al ballottaggio ». In realtà la paura è salita a quota 90.
«Ma adesso siamo uniti noi, e potremo vincere. Ne siamo sicuri ». L’annuncio arriva da Rossi e da Francesco Fiore, che con la sua lista di sinistra Padova 2020 ha conquistato il 9,91%. Alla faccia della scaramanzia brindano anche con il prosecco. Alle primarie di coalizione, a febbraio, Fiore aveva ricevuto appena 404 voti in meno di Rossi, su un totale di 7002. Poi la campagna elettorale li ha divisi. «Adesso ci siamo accorti —
dicono i due ex contendenti — che il rischio è grande. Se i nostri avversari chiamassero il loro vero leader a chiudere la campagna elettorale dovrebbero invitare Marine Le Pen. Padova non può essere la prima città lepenista d’Italia».
Eppure sulla sicurezza, cavallo di battaglia della Lega e della destra, Ivo Rossi si era giocato tutto. «Ho combattuto il racket dell’accattonaggio», scrive anche nel depliant elettorale. Assieme ai sindaci di Treviso e di Venezia — ambedue pd — ha stretto un accordo per mandare via dalle città i mendicanti molesti. Ha chiamato un gruppo di poliziotti dalla Romania perché controllassero meglio i loro connazionali che commettono reati. Ha creato una «zona rossa» anti-alcol.
Il candidato pd vuole comunque mostrare anche il suo volto buono. Se Matteo Renzi mostra le sue foto da scout, lui mette le sue di quando era chierichetto, in processione a Padova. «Renziano non della prima ora», viene definito. E quelli della prima ora — come il segretario cittadino del Pd, Antonio Bressa — si sono arrabbiati per l’accordo fatto con Francesco Fiore, che rischia di escludere da ruoli importanti i renziani più votati nella lista di Rossi. Notti di liti poi la pace. «Abbiamo messo al primo posto — dice Antonio Bressa — il problema della governabilità ». Traduzione: se attacchiamo il tandem Rossi-Fiore in Comune vanno Lega e centro destra. Pensiamo solo a vincere il ballottaggio. E poi…

La Repubblica 07.06.14