attualità, economia, politica italiana

"Multe, processi e super-poliziotti", di Liana Milella

«Scelte positive e coraggiose». «Norme che vanno nella direzione giusta». Quando sono quasi le 20, e il consiglio dei ministri ha appena varato la manovra anti-corruzione, a Napoli Raffaele Cantone scorre sull’Ipad, mentre è a un convegno, il decreto che gli ha conferito proprio quei poteri straordinari che chiedeva da giorni. L’ex pm anticamorra, nemico dei Casalesi, adesso è tre volte commissario, non solo su tutti gli appalti italiani e sui lavori dell’Expo, ma anche sull’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di cui fagociterà uomini, mezzi, e pure un’importante banca dati. I suoi 26 collaboratori diventeranno oltre 300, avrà una squadra della Gdf per Expo, potrà controllare gli appalti vecchi e nuovi, potrà imporre sanzioni fino a 10mila euro contro chi non rispetta le regole della trasparenza, ma soprattutto avrà il potere di commissariare, attraverso il prefetto, un’impresa il cui titolare è indagato per corruzione. Comincerà a farlo per Expo, ma il segnale contro gli imprenditori infedeli nelle pubbliche gare è lanciato. Cantone lo approva: «Non c’è la revoca, i lavori proseguono, ma così si impedisce al soggetto che corrompe di ottenere un vantaggio dal proprio reato». Anche questa, per usare le sue parole, è «una norma scritta bene». Come lo è quella, che scatterà in tutta Italia, di tra-
smettere al commissario le famose varianti in corso d’opera, la prima panacea delle mazzette. D’ora in poi ogni variante finirà sul tavolo dello zar anti-corruzione, che ne vaglierà ragioni ed effettiva congruità. Cantone ottiene pure i suoi quattro cocommissari, due uomini e due donne. Nessun nome del tutto sgradito o chiacchierato. Arrivano Francesco Merloni, docente di diritto amministrativo a Perugia, il consigliere di Stato e più volte capo di gabinetto Michele Corradino, la costituzionalista Ida Angela Nicotra, che è stata tra i saggi del Quirinale, Nicoletta Parisi, nel board di Transparency International.
Sono una decina di articoli del decreto che, per la prima volta in Italia, trasformano in un potere vero quello finora del tutto fittizio del commissario anticorruzione. A scorrerli, si capisce subito che la struttura di Cantone potrà fare sul serio, a cominciare dalla scommessa di Expo. Innanzitutto gli uomini e i mezzi. L’Anac assorbirà l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, che viene «soppressa». Sede prestigiosa in via di Ripetta, 330 dipendenti, 6 dirigenti generali, un direttore, via tutto. Un inutile doppione, uno spreco, nato sotto il governo Berlusconi. Renzi l’aveva detto più volte, confidenzialmente, e tiene fede all’impegno. Cantone però, entro fine anno, dovrà ridurre gli stipendi almeno del 20% e dal 2015 contare sul 50% delle risorse. L’Anac, a questo punto, è pronta. Dice il decreto che «riceve notizie e segnalazioni di illeciti» e, «salvo che il fatto non costituisca reato, commina sanzioni amministrative non inferiori a mille e non superiori a 10mila euro contro gli enti che non adottano i piano triennali sulla trasparenza ». Tiene per sé quei soldi.
Su Expo, il ruolo di Cantone sarà decisivo. Nella struttura di piazza Augusto Imperatore nascerà una «unità operativa speciale con compiti di alta sorveglianza e garanzia sulle opere di Milano». Cantone conquisterà una squadra speciale composta da ufficiali della Gdf che, come il decreto precisa, «non avrà funzioni di polizia giudiziaria». Su Expo il commissario avrà piena voce in capitolo. Potrà «formulare proposte per la corretta gestione delle procedure di appalto ». Questo si tradurrà in un pieno potere di accesso sugli appalti vecchi e nuovi, sulla stesura dei bandi di gara, sullo svolgimento delle gare (le poche che restano), sulle eventuali anomalie nell’aggiudicazione, sul mancato rispetto della trasparenza, visto che tutto deve essere pubblico e verificabile dai cittadini.
Il governo punta su Expo, al punto da indire anche più lotterie durante il suo svolgimento, e quindi deve esorcizzare altre sorprese come quella delle indagini di Milano. Per questo imbocca la via, sicuramente dura, del commissariamento delle imprese finite sotto indagine per tangenti. «Misure straordinarie», è scritto nel decreto, «per gestire, sostenere e monitorare le imprese coinvolte in procedimenti penali». Toccherà al commissario «proporre al prefetto di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice ». Ovviamente, gli amministratori avranno «tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell’impresa». Un passaggio fondamentale, per l’ovvia conseguenza sui proprietari dell’impresa che, nel momento in cui corrompono o pagano tangenti, rischiano di perdere la gestione dell’impresa stessa. Complessivamente, la stretta sugli appalti è netta, perché il decreto impone controlli più severi sulle offerte, sopprime gli incentivi per le progettazioni, impone una verifica preliminare obbligatoria sulle offerte a ribasso, magari economicamente più vantaggiose, ma che aprono la porta alle successive varianti che però finiranno sul tavolo di Cantone.

da Repubblica