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Non dovrà essere un semestre di «routine», di Alberto Quadrio Curzio

Il semestre italiano di presidenza europea non potrà portare ad innovazioni radicali ma non dovrà essere di routine perché così si sprecherebbe il successo elettorale di Matteo Renzi, con danni per l’Italia e per l’Europa. A nostro avviso il presidente del Consiglio dovrebbe puntare sulle «continuità innovative» che piacciono anche al cancelliere Merkel, sulle quali Draghi si muove magistralmente e dove Renzi non avrà vita facile come dimostra anche il recente Consiglio europeo che non ha mancato di richiamare alle riforme strutturali tutti i Paesi che non le abbiano fatte adeguatamente.
Le continuità innovative (Ci). Il dosaggio tra questi due elementi dipende dalla tattica politica ma l’accentuazione innovativa del quinquennio europeo entrante dovrebbe prevalere al più presto su due linee almeno. Con riferimento ai vincoli di bilancio e all’uso dei fondi europei, le Ci devono assicurare che le eventuali maggiori flessibilità siano connesse a veri obiettivi pro-crescita che abbasserebbero anche i rapporti sul Pil. Il “decalogo” pubblicato sul Sole domenica va in questa direzione su cui proporremo un «Compact Industriale, scientifico, infrastrutturale (Isi)». Con riferimento all’organizzazione della Commissione europea ci vuole una sua ristrutturazione con migliore gerarchizzazione dei “dicasteri” ai quali vanno preposti commissari che non devono essere i terminali degli Stati membri ma “ministri” della Ue. Proporremo qui un «Compact organizzativo (Co)».
Compact industriale, scientifico, infrastrutturale. Per bilanciare il Compact fiscale ci vorrebbe il «Compact Isi» verso il quale orientare sia la eventuale maggiore flessibilità nei vincoli di bilancio di singoli Paesi sia le risorse del Quadro finanziario pluriennale europeo (Qfp) 2014-2020, sia altre risorse. La Commissione europea uscente ha elaborato un buon progetto «Per un rinascimento industriale europeo» (Comunicazione del gennaio 2014) apprezzato anche dal Consiglio Europeo di marzo. Il progetto punta a riportare la quota dell’industria sul Pil della Ue dal 15% attuale al 20% entro il 2020 operando in varie direzioni che hanno un riscontro preciso nel Qfp 2014-2020 nel capitolo «crescita intelligente ed inclusiva» che ammonta a 506 miliardi in 7 anni.

Nel suo sottocapitolo di spesa «competitività per la crescita e l’occupazione» rientrano gli investimenti infrastrutturali tra cui le reti energetiche, dei trasporti, del digitale, delle telecomunicazioni. Nella direzione più industriale degli investimenti rientrano quelli sulla base scientifica, sulla tecnoscienza per l’innovazione, sulle qualificazioni professionali. I programmi europei enfatizzano giustamente l’innovazione e il progresso tecnologico quali fonti principali di produttività e competitività per l’industria ed è per questo che gli Stati membri dovrebbero arrivare entro il 2020 al 3% di spesa in R§S sul Pil della Ue. Il che sarà impossibile a molti Paesi dati i vincoli di bilancio. Gli investimenti in R§S (a gestione diretta della Commissione) tramite Horizon 2020 saranno di 80 miliardi (più forse altri 60 di fondi strutturali). I fondi europei per il Compact Isi sono però modesti, pari a 142 miliardi su 7 anni ovvero 20,3 miliardi all’anno (lo 0,16% del Pil della Ue a prezzi correnti 2013). Il totale per tutta la «crescita intelligente ed inclusiva», che comprende anche la «coesione economica, sociale e territoriale» è di 509 miliardi di euro su 7 anni ovvero 72,7 miliardi annui (lo 0,56% del Pil 2013 della Ue). La clausola di flessibilità sulle voci di bilancio anche rispetto ai troppi fondi destinati alla agricoltura potrebbe perciò essere utilmemte usata.
Il finanziamento del Compact Isi. Con le risorse citate non si va infatti molto lontani per il Compact Isi e perciò bisogna trovare altre risorse con riferimento alle quali ci sono (almeno) due possibili soluzioni. La prima è quella «regola aurea» che toglierebbe dal calcolo dei deficit nazionali gli investimenti nel Compact Isi, almeno per la parte di cofinanziamento dei fondi europei. Per garantire il buon uso di questi fondi ed anche per non consolidarli nei debiti pubblici si possono costruire dei contenitori che passano dalle Casse depositi e prestiti nazionali, utilizzando come modello la cassa tedesca Kwf che è detenuta dallo Stato e dai Länder che la garantiscono e che ha in atto prestiti, in prevalenza all’economia reale, intorno ai 430 miliardi. La seconda è quella degli EuroUnionBond proposti da Romano Prodi e dallo scrivente (ed ai quali si è anche riferito ieri il sottosegretario Delrio) che oltre alla finalità del Compact Isi hanno anche quella di rafforzare il presidio comunitario dei debiti pubblici nazionali sulla base di specifiche garanzie reali dei singoli Stati. In ogni caso solo con una forte collaborazione di partenariato tra pubblico e privato e con il ricorso al mercato dei capitali (dove la liquidità è enorme come dimostra anche l’afflusso verso i titoli di Stato periferici delle Uem alla quale si associa l’eccessiva forza dell’euro) la Ue e la Uem potranno attuare il Compact Isi e riprendere la crescita competitiva e sostenibile che sarà in gran parte trainata da una domanda extraeuropea.
Compact organizzativo (Co). Per affrontare la sfida delle crescita competitiva e sostenibile la Commissione europea dovrebbe riorganizzarsi evitando lo sfilacciamento. La Commissione Barroso era partita con 25 commissari ed è arrivata a 28. Il Trattato di Lisbona prevedeva che dal 1° novembre 2014 i commissari fossero, con una rotazione, meno degli Stati membri ma il Consiglio europeo ha deciso il contrario. Ci vogliono allora dei commissari che, assumendo un “dicastero cardine”, abbiano anche un ruolo sovraordinato rispetto ad altri. È una impostazione (alla quale ci pare avesse pensato Romano Prodi da presidente della Commissione) non preclusa dai Trattati europei che dipende però dalle volontà politiche. I commissari che sovraintendono al Co non dovrebbero superare i 7 o 8 e due di questi andrebbero preposti rispettivamente al Compact Isi e al Compact fiscale. I quattro grandi Stati della Uem sarebbero i più titolati ai maggiori Co dove il nostro potrebbe puntare, anche per la sua vocazione industriale, al Compact Isi dove un commissario di esperienza, competente e determinato servirebbe molto all’Italia e all’Europa.

Il Sole 24 Ore 01.07.14