economia, lavoro, università | ricerca

"Quando la documentazione è inesistente", di Andrea Cammelli

Luigi Einaudi, nel volume Prediche inutili del 1956, scriveva “Conoscere per deliberare”. Oltre quattrocento anni prima, Galileo Galilei invitava inutilmente i Cardinali dell’Inquisizione a guardare dentro il cannocchiale: senza successo! Più tardi, nel 1937, J. M. Keynes scrisse nel The Times “Non c’è nulla che un governo odii di più dell’essere ben informato; poiché ciò rende molto più complicato e difficile il processo che conduce alle decisioni”.
La sensazione è che gli articoli comparsi in questi giorni sui quotidiani nazionali sui finanziamenti alle università italiane non tengano conto di diversi aspetti che possono aiutare a comprendere anche la scarsa capacità di valorizzazione del capitale umano palesata dal nostro Paese. Si tratta di aspetti e questioni che stanno condizionando la capacità di ripresa della nostra economia e le sue prospettive di crescita a lungo termine

Facendo pari a 100 la spesa per ogni laureato italiano, la Francia spende 175; la Spagna 180; la Germania 207; la Svezia 225 (fonte OECD, 2013; la spesa è in dollari a parità di potere d’acquisto).

La spesa pubblica e privata per Ricerca e Sviluppo come percentuale del PIL in Italia è 1,26 (0,68 sostenuta dalle imprese); in Spagna è 1,39 (0,72 sdi); nel Regno Unito 1,80 (1,10 sdi); in Francia 2,24 (1,41 sdi); in Germania 2,80 (1,88 sdi); in Svezia 3,39 (2,33 sdi).

La popolazione italiana di 25-34 anni con istruzione universitaria è del 21 per cento! La media dei paesi UE21 è del 36 per cento (39 per cento fra i paesi dell’OECD). La Commissione Europea ha fissato l’obiettivo del 40 per cento di laureati nella fascia 30-34 anni per l’anno 2020; il Governo italiano ha rivisto l’obiettivo puntando al massimo al 26-27 per cento.

Fra il 2007 e il 2012 in Italia la quota di occupati nelle professioni ad elevata specializzazione (secondo la classificazione internazionale, la definizione comprende 1. legislatori, imprenditori ed alta dirigenza; 2. professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) è scesa al 17% mentre in tutta l’UE è cresciuta da poco più del 21 per cento al 24 per cento (Fonte Eurostat).

Gli occupati con qualifica di manager con la scuola dell’obbligo o titolo inferiore, in Italia sono il 28 per cento contro l’11 per cento della U.E:, il 5 per cento della Germania, il 13 per cento del Regno Unito e il 19 della Spagna. I manager con laurea o titolo superiore mentre nell’UE sono il 53 per cento, e nessun paese scende sotto il 51 per cento, in Italia sono solo il 24 per cento (Fonte Eurostat 2012).

Secondo le stime di AlmaLaurea, che si occupa ormai da 20 anni di analisi del sistema universitario, soltanto il 30 per cento dei 19enni si iscrive alle università, provenendo da famiglie più favorite. Il restante 70 per cento dei giovani non accede agli studi universitari spesso per l’assenza di una seria politica del diritto allo studio.

Siamo in periodo di carestia, è vero, ma non dimentichiamo che anche in periodo di carestia, il contadino taglia su tutto ma non sulla semina. E la semina deve essere effettuata con la dovuta cura: Plutarco ripeteva “I giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere”.

da AlmaLaurea, 7 agosto 2014