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Università, Ghizzoni “Bene i 500 che tornano, ma non sufficiente” – comunicato stampa 12.10.15

Il sistema universitario italiano sta invecchiando. I 500 ricercatori che potranno tornare grazie alle misure annunciate dal premier Renzi nella Legge di stabilità sono un toccasana, ma non saranno risolutivi dei complessi problemi accumulati: lo afferma la deputata modenese del Pd Manuela Ghizzoni, componente della Commissione Cultura e Istruzione della Camera. Ecco la sua dichiarazione:

“Una misura positiva ma, purtroppo, non risolutiva dei complessi problemi che il sistema universitario italiano ha accumulato in anni di depauperamento di risorse umane oltre che finanziarie. Il premier Renzi ha annunciato che nella legge di stabilità saranno inserite norme che favoriranno il rientro in Italia dall’estero di 500 ricercatori: era una misura già inserita nel Piano Nazionale delle Riforme contenuto nel Def. Nella maggioranza dei casi il loro espatrio non fu una scelta ma una costrizione: trasferirsi all’estero per poter lavorare nel campo della ricerca. Il loro ritorno sarà senz’altro un valore, anche perché porteranno l’esperienza organizzativa e di contenuti maturata altrove e con la quale il nostro sistema potrà confrontarsi positivamente. Purtroppo però i numeri dell’università e degli enti di ricerca italiani sono tali da richiedere molto di più: con la cosiddetta ‘gobba pensionistica’ sono usciti dai soli atenei oltre 10.000 persone che, a causa del blocco del turnover, non sono state sostituite. Il risultato è una perdita secca di competenze, di intelligenze, di competitività che, nonostante la crisi economica sia globale, non ha eguali negli altri Paesi. Occorre assolutamente che il Governo preveda un più ampio e generale piano straordinario di reclutamento per l’università e gli enti di ricerca, rivolto a coloro i quali, a dispetto di tutto, hanno tenacemente resistito e continuato a insegnare e fare ricerca nel nostro Paese. Sono altrettanto talentuosi e meritevoli di quelli che sono andati all’estero. Bisogna rimettere in gioco e ridare fiducia a quelle migliaia di ricercatori che hanno continuato a lavorare raccogliendo risultati e considerazione a livello internazionale (lo dimostrano i loro indici di produttività e qualità scientifica) nonostante l’Italia sia fanalino di coda quanto a risorse investite nel sistema della formazione superiore e della ricerca”.

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